Juve, dal colpo CR7 al caso Suarez: si chiude l’era Paratici

Nel bilancio finale non può non pesare inoltre la vicenda, con annesso risvolto giudiziario, legata al mancato arrivo la scorsa estate di Luis Suarez, con la società torinese che si è ritrovata coinvolta nell'indagine sull'esame farsa sostenuto dall'attaccante uruguaiano per ottenere il passaporto italiano

Foto Fabrizio Corradetti - LaPresse Nella foto: Federico Chiesa esulta

TORINO – La prima testa a cadere nel processo di rifondazione Juve non è una sorpresa ma certifica la fine di un’era e l’inizio di un nuovo ciclo, sul campo e dietro la scrivania. Dopo 11 stagioni e 19 trofei, le strade di Fabio Paratici e della Vecchia Signora si separano. Arrivato nel 2010 dalla Sampdoria insieme a Beppe Marotta nel ruolo di collaboratore tecnico, il dirigente piacentino si è distinto negli anni piazzando insieme all’attuale dg dell’Inter i colpi di mercato che hanno contribuito alla costruzione, tassello dopo tassello, della dinastia bianconera, campione d’Italia per nove volte di fila.

Dall’arrivo di Paul Pogba a parametro zero – con relativa plusvalenza che ha sfiorato i 100 milioni di euro – all’ingaggio di Carlos Tevez e Arturo Vidal, senza dimenticare l’acquisto dal Palermo di Paulo Dybala, Paratici ha scalato le gerarchie instaurando un rapporto sempre più stretto con Andrea Agnelli. L’operazione più importante però resta però lo sbarco a Torino di Cristiano Ronaldo, acquisto più oneroso nella storia del club, che ha segnato la prima vera frattura con il suo maestro Marotta, messo alla porta da lì a poco dalla proprietà.

L’acquisto di CR7

L’acquisto di CR7 dal Real Madrid ha acceso ulteriormente i riflettori attorno alla Juventus e responsabilizzato il manager emiliano, promosso a responsabile dell’area sportiva nel nuovo corso bianconero, con il placet del presidente. Senza la presenza di Marotta però Paratici si è smarrito. Eccezion fatta per il colpo Matthijs de Ligt, strappato all’Ajax battendo la concorrenza dei principali top club europei, gli innesti degli ultimi anni non hanno convinto, così come alcuni rinnovi, che hanno zavorrato il monte ingaggi complicando il lavoro in sede di mercato.

Gli acquisti a parametro zero che erano stati il fiore all’occhiello dell’era Paratici (oltre a Pogba in quegli anni sono passati per Torino Pirlo, Llorente, Dani Alves e Khedira) si sono rivelati un boomerang nell’ultimo biennio. Gli arrivi a centrocampo – vero punto debole della squadra – di Rabiot e Ramsey, che non hanno mai fatto il salto di qualità nella loro avventura italiana, hanno contribuito alle difficoltà recenti della Vecchia Signora.

Il bilancio

Nel bilancio finale non può non pesare inoltre la vicenda, con annesso risvolto giudiziario, legata al mancato arrivo la scorsa estate di Luis Suarez, con la società torinese che si è ritrovata coinvolta nell’indagine sull’esame farsa sostenuto dall’attaccante uruguaiano per ottenere il passaporto italiano. Oltre agli acquisti e alle cessioni però ad accelerare il processo di addio, negli ultimi mesi diventato quasi inevitabile, sono stati i contrasti con Massimiliano Allegri, non a caso indiziato numero uno – a maggior ragione dopo l’allontanamento di Paratici – a sedersi sulla panchina della Vecchia Signora. La svolta giochista – con la separazione con Max e il matrimonio breve e infelice con Sarri, sponsorizzato proprio dalla coppia Paratici-Nedved – non ha prodotto i risultati sperati. E alla fine a farne le spese è stato proprio il dirigente piacentino. Ultimo tassello di un ciclo che non c’è più.

(LaPresse/di Alberto Zanello)

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