La comunicazione poco istituzionale

Sabato 21 marzo, con circa una cinquantina di minuti di ritardo rispetto alle 22.30 previste dal post che l’annunciava su Facebook, il presidente Giuseppe Conte ha spiegato agli italiani la nuova stretta per arginare l’epidemia di CoVid-19, con la chiusura delle attività ritenute “non strategiche” e “non essenziali”.
Riepiloghiamo lo scenario in cui ci muoviamo: il Presidente del Consiglio, previsto dalla Costituzione come quarta carica dello Stato, e a capo dell’Esecutivo, decide di affidare il suo discorso agli italiani non alla TV di Stato a reti unificate, ma a una piattaforma di un privato nativa statunitense con sede in Irlanda per sfruttare il cosiddetto schema “doppio irlandese”. Parliamo di Facebook, la più famosa piattaforma social al mondo con numeri secondi solo a YouTube.
Se da un punto di vista strategico non ci sono dubbi sulla qualità del reach (la metrica che ci spiega quante persone vengono raggiunte), dall’altra è importante ricordare che Giuseppe Conte ha scelto di lanciare un messaggio agli italiani dalla “sua” pagina Facebook. Non da quella della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che si è limitata a una semplice ricondivisione della diretta del capo del Governo.
L’engagement, ossia quante persone sono “coinvolte” dall’ultima diretta di Conte (che ha utilizzato, in apertura video ma sulla sua pagina personale il logo di Palazzo Chigi) recitano oltre 126mila reazioni, 51mila condivisioni, più di 4 milioni di visualizzazioni, migliaia di commenti. Quando tutto questo sarà finito, perché finirà prima o poi, facendo leva su questi numeri Giuseppe Conte avrà ottenuto, sostituendosi ai canali ufficiali, una fanbase (numero di seguaci) enorme. Le comunicazioni istituzionali sono state trasmesse utilizzando una pagina di cui il legittimo proprietario non è lo Stato Italiano ma Giuseppe Conte, con materiali originali che in realtà apparterrebbero allo Stato Italiano e non a Giuseppe Conte, ma garantirà a Conte una base di partenza per una qualsivoglia propaganda social (anche elettorale) numericamente importante in futuro.
Azzardando un paragone, il discorso non è dissimile a quando ci si lamentava dell’utilizzo della posizione di Ministro dell’Interno e relative risorse (anche di comunicazione) di Salvini per propaganda elettorale personale.
Il giorno in cui questo finirà e forse Giuseppe Conte non sarà nemmeno più Presidente del Consiglio, i materiali realizzati da Palazzo Chigi resteranno sul suo profilo Facebook di privato cittadino? Facciamo ancora un passo indietro: di quante pagine social rappresentanti le istituzioni le chiavi di accesso sono in mano a staffisti, responsabili delle comunicazioni o altre figure pro-tempore mentre in realtà dovrebbero appartenere all’Italia?
Esistono quindi due aspetti sopra citati che – una volta usciti dallo stato di emergenza – non sono più ignorabili. Il primo riguarda lo Stato e come in ogni sua forma debba avere delle regole sulla gestione dei canali digitali social, ivi incluso lo staff chiamato a gestirle che deve prescindere da ruoli e colori di chi al momento è al comando. Il secondo, invece, è di opportunità: l’Istituzione deve essere Istituzione e deve comunicare attraverso i canali istituzionali. Il cittadino e professionista Giuseppe Conte quando parla da Presidente del Consiglio deve utilizzare i canali della Presidenza del Consiglio, non i suoi personali. Altrimenti diventa marketing digitale. Lo sa bene la nuova viralissima star del web Vincenzo De Luca che, causa emergenza coronavirus, ha dirottato “per esigenza di raggiungere il maggior numero di persone” gran parte della comunicazione digitale della Regione Campania sulla sua pagina personale. Compresi i fondi per le sponsorizzate.

Enrico Parolisi
Esperto di comunicazione digitale

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