La filosofia degli idioti

La parola “idiota” deriva dal greco antico e ha molti significati. In genere viene utilizzata per identificare qualcosa di separato, isolato, distinto dalla comunità. E’ piuttosto frequente anche un uso spregiativo del termine per indicare una persona che assume atteggiamenti non congruenti, privi di senso. Sostanzialmente una persona che agisce e pensa cose poco intelligenti. Non c’è altro termine plausibile per indicare le persone che all’esterno dello stadio Bentegodi di Verona, hanno esposto uno striscione con le coordinate geografiche di Napoli offrendole come puntamento per i cannoni russi e ucraini. Si tratta della riedizione di altri sberleffi idioti che da quelle parti vanno di moda per denigrare la città partenopea ed i suoi abitanti, spesso affidati all’auspicio che l’eruzione del Vesuvio possa “lavarli” con il fuoco della lava. Il fatto in sé non meriterebbe commenti se potesse essere considerato solo come un oltraggio tra opposte tifoserie. Un’idiozia, insomma, alla quale siamo abituati da tempo nell’Italia del pallone. A ben vedere, però, non si tratta affatto “solo” di un malvezzo, quanto della punta dell’iceberg del razzismo che nel settentrione cresce rigoglioso da sempre. Un pregiudizio atavico, per dirla tutta, che affonda le radici nell’ignoranza della storia e, quel che è peggio, nell’ingratitudine di una rappresentanza del popolo veneto, che dal sud e dai napoletani in generale, ha sempre ricevuto aiuto e benevolenza. A condire l’ignoranza sopraggiunge la mancanza di cultura in quanti, incapaci di intraprendere e lavorare proficuamente, preferiscono ascoltare più la pancia che la mente. Gira in quelle terre uno sbrigativo, quando mendace, (pre)giudizio sul Mezzogiorno e sui partenopei in particolare, bollati come assistiti statali, incapaci di emanciparsi ed obbedire alle regole dell’etica pubblica. Non adatti ad adeguarsi all’idolatria dell’impresa e del lavoro, in danno dei contribuenti del nord est che pagherebbero quindi un conto più salato all’erario. Nulla di più falso!! Innanzitutto va ricordato a questi soggetti che cento e passa anni fa furono liberati dal tallone austro-ungarico anche grazie al sangue versato dalle migliaia di soldati meridionali che difesero quelle zone durante la Grande Guerra. Campani, calabresi, siciliani, pugliesi: giovani fanti caduti sulle pietraie del Carso e dell’Adamello, sulle sponde dell’Isonzo e del Piave, mentre i genitori e le loro famiglie accoglievano migliaia di profughi veneti, friulani e dalmati in fuga dalla guerra. Molti di essi furono in seguito stabilizzati dalla riforma agraria ed ebbero poderi e terra da coltivare: non lasciarono più il Meridione diventandone figli adottivi. Un osmosi, insomma, tra le due parti dello Stivale, che nel tempo ha creato un solo popolo. Andando ancora indietro nel tempo occorre ricordare un nome: quello di Guglielmo Pepe, calabrese di Squillace, generale del Regno delle Due Sicilie che, forte di un corpo di spedizione del quale facevano parte giovani militari e ufficiali napoletani, soccorse la Repubblica di San Marco che si era ribellata all’Austria. E vi rimase anche allorquando il re Borbone, spinto dal Papa, ritirò il proprio appoggio alla causa indipendentista veneziana. Rimase, lui ed i suoi uomini, per un ideale di libertà che animava anche i lagunari, immortalato nella poesia di Arnaldo Fusinato e nella celebre frase “il morbo infuria il pan ci manca sul ponte sventola bandiera bianca”. Tornando ai giorni nostri, sono stato testimone oculare, quale componente della commissione parlamentare per il Federalismo fiscale, di quanto lo Stato abbia dato alle regioni del Settentrione in termini di finanziamenti, infrastrutture ed agevolazioni fiscali tra le quali, una su tutte, ancora ricordiamo la mancata restituzione dei soldi per le quote latte degli allevatori. Ma la questione dell’odio razziale non affonda solo nell’idiosincrasia verso quanti vengono percepiti come estranei alla collettività del luogo. Essa, infatti, si nutre dei pregiudizi e degli stereotipi di una società sempre più ignorante (per deficit scolastico), che si abbevera alle fresche letture di notizie che tracimano sui social, l’arena in cui si cimentano supposti sapienti e pseudo acculturati. Insomma ci troviamo innanzi ad uno dei tanti epifenomeni che nascono e crescono in una società priva di riferimenti e di valori radicati: un corollario al teorema che gli italiani debbano coltivare la furbizia e non la coerenza, il disimpegno verso tutto ciò che potrebbe nuocere alle loro piccole comodità quotidiane. Non sono pochi coloro che auspicano che gli Ucraini si arrendano e la smettano di difendere patria ed onore, libertà ed autonomia, trasformando l’eroismo di un popolo in un atteggiamento avventato ed inutile. Quei tifosi che chiedono di bombardare Napoli sono solo un’espressione della filosofia di vita degli idioti, alla quale, purtroppo, pare essersi convertito buona parte del popolo italiano.

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