Lecce: omicidio 75enne legato e imbavagliato, 4 indagati. Due donne in carcere

Foto Luigi Salsini / LaPresse Nella foto: Carabinieri in attività investigativa

Imbavagliato con lenzuolo e maglietta, un cappio al collo realizzato con 5 strati di nastro adesivo e braccia legate a un tavolino del salone con un cavo elettrico: il falegname in pensione di Castrì (Lecce), Donato Montinaro, 75 anni, vedovo, è morto per asfissia dopo essere stato immobilizzato e picchiato a scopo di rapina nella notte fra il 10 e l’11 giugno scorsi. Due donne, una 58enne e una 48enne, e un 39enne ex convivente della seconda, sono finiti in carcere.

Un altro indagato è rimasto in libertà. Sono accusati di omicidio aggravato e rapina. Le ordinanze sono state eseguite dai carabinieri del Nucleo investigativo del reparto operativo di Lecce. Secondo la procura, le donne sarebbero state “impegnate nella ricerca anche attraverso social network di anziani benestanti” e “potenzialmente vulnerabili” ai quali “chiedere denaro in cambio di intrattenimenti telefonici ed erotico-sessuali personali”.

Per il gip la circostanza merita di essere riferita per la “concreta possibilità” che l’omicidio sia stato “commesso per un movente economico, essendo noto tra amici e conoscenti” che il pensionato avesse “cospicue somme a casa”. Nel garage sono stati trovati 2.544 euro. È emerso che nel 2015 aveva riscosso 68.330 euro di una polizza vita. Per il gip è “inquietante” che in alcune conversazioni intercettate le donne si siano riferite a “vecchietti da accompagnare”, così come la “propensione a estorcere denaro, minacciando di rendere pubbliche le registrazioni di momenti di intimità”.

Quanto alla premeditazione, “non si può escludere”, vista la “particolare inclinazione alla violenza” e la personalità degli indagati. La 58enne avrebbe riferito all’amica dell'”intenzione di fare un attentato incendiario a un’ex cognata per vendicarsi di dissapori” e di “non avere remore morali a uccidere il compagno”. A trovare il cadavere del 75enne, la mattina dell’11 giugno, la badante che si occupa della figlia disabile del pensionato. Il primo elemento utile alle indagini è emerso dai tabulati telefonici: la sera prima il pensionato aveva ricevuto una chiamata dal numero intestato alla 58enne.

Il telefono della vittima è stato trovato con la batteria staccata nei pressi dell’abitazione. Gli altri pezzi del puzzle sono arrivati dalle immagini delle telecamere della zona.Gli indagati erano convinti che “non ci fossero prove sufficienti nei loro confronti”, ha scritto il gip a corredo del contenuto di intercettazioni del 13 agosto scorso, durante un controllo stradale. “Si premuravano di capire cosa dicessero i militari, per scoprire se il controllo fosse finalizzato all’arresto”.

In altre conversazioni, sarebbe emersa la ricerca di notizie su giornali e tv: “Io la galera non me la faccio”, si legge in uno stralcio riportato nell’ordinanza. In altre emergerebbe la volontà della 48enne di “costituirsi” e in altre ancora quello di “suicidarsi, al pari della sua amica, che affermava di volersi lanciare dal ponte Ciolo”, sulla litoranea. È vero che abbiamo fatto una fesseria per migliorare la vita, ma l’abbiamo peggiorata”, si legge ancora.

Inizialmente era stata ipotizzata una vendetta “per avance a sfondo sessuale” che il pensionato avrebbe rivolto a “donne e ragazzine”. Diverse sono state le dichiarazioni secondo cui “era solito offrire denaro in cambio di prestazioni sessuali” o “per invogliarle a una relazione, anche per garantire assistenza alla figlia disabile”. Dalle indagini è venuto a galla uno scenario differente.(LaPresse)

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