Libia, si combatte a sud di Tripoli: allarme per i civili in trappola

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TRIPOLI – Continuano gli scontri nella regione di Tripoli, in Libia. Lotta tra le forze del Governo di unità nazionale (Gna) e quelle del maresciallo Khalifa Haftar. L’Onu lancia l’allarme per le persone intrappolate nelle zone di conflitto. I combattimenti si concentrano a sud della capitale, bersaglio dal 4 aprile dell’offensiva dell’Esercito nazionale libico (Eln) dell’uomo forte dell’est della Libia, che ha promesso di prendere il controllo della capitale. Dopo che sabato il Gna riconosciuto dalla comunità internazionale, quello guidato dal premier Fayez al-Serraj, ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite di agire per fermare le truppe di Haftar, i combattimenti sono proseguiti. Secondo il Libya Observer, le parti in conflitto si sono reciprocamente bersagliate con raid aerei.

Botta e risposta

Le forze fedeli a Serraj hanno bersagliato postazioni dell’Eln nei pressi di Gharyan, a sud di Tripoli. Mentre l’aviazione di Haftar ha colpito un campo di Sadawi a Ein Zara, sempre alla periferia della capitale, dove si trova anche un centro di detenzione per migranti. In questo raid non ci sarebbero state vittime, secondo la testata. Nelle stesse ore a Bengasi si è tenuta la prima sessione del Parlamento basato dal 2014 a Tobruk, area sotto il controllo di Haftar. Diviso tra membri pro-Haftar e pro-Gna, è stato boicottato da questi ultimi. Il presidente della Camera, Aguila Salah, ha elogiato il maresciallo della Cirenaica e la sua offensiva: libererà Tripoli “da gruppi terroristi e fuori legge”. “Non si può parlare di processo politico per riportare la stabilità in Libia, se non dopo esserci sbarazzati dei gruppi terroristi”. Questo ha detto ancora Salah citato da AFP, “andremo alle urne una volta che le milizie avranno deposto le loro armi”.

L’allarme dell’Onu

Intanto, l’Onu ha lanciato l’allarme per gli sfollati e per l’impossibilità di portare in salvo chi si trova in pericolo. Dall’inizio degli scontri 13.500 persone sono fuggite, 4mila delle quali in 24 ore, mentre altre 3.900 hanno chiesto di essere evacuate da zone colpite da combattimenti. Non hanno potuto essere trasferite in zone più sicure. “La comunità umanitaria è preoccupata per l’aumento del numero di vittime civili, tra cui personale medico”. Questo si legge nella relazione dell’Ufficio delle Nazioni unite per gli affari umanitari (Ocha), che specifica che in una settimana tre operatori sanitari sono stati uccisi e cinque ambulanze sono state messe fuori uso da schegge di proiettili. Sono invece 900 le persone che attualmente sono confluite in rifugi collettivi, mentre le autorità locali ne stanno allestendo ulteriori per le famiglie. L’Ocha invoca poi nuovi fondi. Servono 190 milioni di dollari per raggiungere l’obiettivo di finanziamento del piano di risposta umanitario del 2019, e sono “urgentemente necessari fondi aggiuntivi”.

(LAPRESSE)

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