L’intervista. Clementino: “Intrattenere? Ora è un dovere morale”

Il rap ai tempi del coronavirus. L'artista: "Mi sono salvato in calcio d'angolo. Sono tornato da Los Angeles il 25 di febbraio. All'aeroporto già misuravano la febbre. Ero stato lì a scrivere un mese. Se fossi rimasto di più difficilmente sarei potuto tornare in Italia"

NAPOLI – Il peso e la paura del coronavirus. Resistere a casa non è facile. Restarci, soprattutto quando sei obbligato, non è semplice. Ma può essere un’occasione: “Dico la verità, io non sono mai stato cosi attivo negli ultimi 20 anni”. Clementino è un vulcano. Da Cimitile, dove sta trascorrendo la quarantena, continua a vedere il bicchiere mezzo pieno. “Perché ogni artista, considerato il periodo, ha il dovere morale di intrattenere”.

E a te, a quanto pare, riesce benissimo

Perché vengo dal teatro, dai villaggi turistici.

Oltre al rap è la tua passione. Anzi, cerchi di fondere i due aspetti

Esatto. E’ quello che provo a fare durante i miei concerti. E adesso, non potendo muoverci dalle nostre abitazioni, sfrutto i social. Nel giorno di Pasquetta ho cantato sul tetto. Ho tirato fuori la versione live di ‘Hola’. Con Big Effe e Maik Brain  abbiamo scritto la canzone Whatsapp, prendendo spunto dal fatto che in quarantena, quando dobbiamo dirci qualcosa, ‘ce lo scriviamo su Whatsapp’. E nell’ultimo mese con una diretta Instagram ogni mattina ho mandato in onda il  ‘Tg Tremendo’.

E sempre su Instagram hai convinto tua madre a rappare

Vengo da una famiglia di attori. In realtà mia mamma è un insegnante e mio papà un impiegato, ma hanno fatto sempre teatro amatoriale. Sono stati loro a trasmettermi la vena artistica. Quando ho fatto il free-style sul coronavirus inserire mia madre è stato naturale e bellissimo

Con la quarantena sicuramente hai più tempo per te. Ne approfitti per scrivere?

Noi cantanti, a volte, per comporre cerchiamo la quarantena, ma mi riferisco a quella ‘facile’, quando sei tu a scegliere di chiuderti in casa. Ed oggi, credo come tanti altri artisti, sto sfrutto questa ‘imposta’. Ho già preparato una quarantina di provini

Quando finirà avrai già pronto il nuovo album.

Mi porto avanti. Ma ne approfitto anche per leggere, guardare serie tv, scrivere. Riesco a dormire di più. Questa quarantena sta facendo bene all’ambiente. Ed io la uso pure per meditare. Sono un personaggio molto vivace: sempre con gli amici e in giro per concerti. Fermarmi un po’ mi fa bene. E poi suono la chitarra, faccio palestra, disegno. Insomma, le idee non mi mancano.

Il settore musicale, mi riferisco soprattutto ai live, è tra quelli più colpiti dall’emergenza sanitaria. 

Staremo fermi per molto tempo. E’ inevitabile. E non so quando potremo tornare a fare concerti con la gente sotto al palco. Me ne sono saltati 3 in Germania, uno a Frosinone, uno in Sicilia e un altro a Bari. Intanto impariamo ad apprezzare le piccole cose. Il caffè che andavamo a prendere al bar diventerà una cosa preziosa.

La pandemia per tante persone è una situazione inedita. Tu però reagisci bene. Hai la forza per affrontare l’emergenza con il sorriso.

Ma mi preoccupa il futuro. Mi spiego meglio: nessuno sa con certezza quando ne usciremo definitivamente. Si parla di una nuova ondata che dovrebbe arrivare in autunno. Se sapessi con certezza che questa situazione durerà, ad esempio, fino a settembre, mi metterei l’anima in pace. Così, invece, c’è incertezza.

L’intervista a Clementino – Cronache di Caserta

Ora sei a casa. Ma hai rischiato di rimanere bloccato negli Usa

Mi sono salvato in calcio d’angolo. Sono tornato da Los Angeles il 25 di febbraio. All’aeroporto già misuravano la febbre. Ero stato lì a scrivere un mese. Se fossi rimasto di più difficilmente sarei potuto tornare in Italia.

Non possiamo muoverci. Ma si deve comunque mangiare. Vai a fare tu la spesa?

No no. L’esperta è mamma. 

Aspettando l’album che verrà, quello che stai scrivendo in quarantena, in circolo c’è l’ultimo che hai sfornato: Tarantella. Ascoltandolo, rispetto agli altri, l’influenza dell’America sembra più nitida. 

Credo che sia il lavoro più maturo fatto finora. L’ho scritto tra New York, Lisbona, Amsterdam, Salento e Napoli. Negli Usa vivono il rap come noi in Italia viviamo un piatto di pasta. Ho cercato di miscelare le cose: ho sempre pensato di fare un genere musicale che definisco ‘black pulcinella’. E’ il ‘nero’ della musica americana unito a quella napoletana. 

La quarantena, fortunatamente, non ferma il rap. Tanti i giovani che si stanno affacciando sulla cena musicale. A loro cosa vuoi dire?

Piedi a terra, determinazione e fortuna. Ma serve testa. In passato anche io sono stato un po’ Balotelli e Cassano. Gli errori, però, mi hanno aiutato a capire tanto. Ho messo da parte le cose futili e puntato su quelle importanti.

La tua fortuna?

I miei fan sono cresciuti di giorno in giorno. Diventare famosi di punto in bianco, invece, può essere pericoloso. Corri il rischio di diventare presuntuoso. Vendi tanto con il primo album e pensi di essere arrivato. Ed invece con il secondo ti devi fare il doppio del c… La fan-base è importante. 

Ai giovani rapper, quindi, raccomandi impegno e modestia. E agli italiani che vivono questo brutta emergenza cosa dici?

Resistiamo. Se vogliamo goderci un po’ d’estate, adesso dobbiamo restare a casa.

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