L’Italia come la Grecia? S&P rilancia lo spettro della grande crisi

Mettendo insieme "la crescita debole e l'incapacità dei policymaker di affrontarla" si creano quindi le condizioni di prospettive negative per il rating sovrano italiano

MILANO – L’Italia come la Grecia nel 2015? A tornare a evocare lo spettro di una maxi-crisi per il nostro Paese sono gli analisti di Standard and Poor’s che in un rapporto sull’andamento del debito nei singoli Paesi dell’Ue mettono in luce i fattori che potrebbero causare nuovi pesanti ricadute sulla gestione dei conti pubblici. Non escludendo neanche la possibilità di un’uscita dell’Italia dall’area euro.

Il rapporto di S&P sui conti italiani

Nel rapporto S&P osserva che “l’economia italiana ristagnerà nel 2019 prima di riprendersi l’anno prossimo”. In sè questo andamento per gli analisti non rappresenta da solo uno scenario da crisi. “Tuttavia – aggiungono – in uno scenario alternativo in cui i policymaker perseguano soluzioni non ortodosse. Come l’introduzione di una valuta parallela o misure di bilancio senza copertura finanziaria, per eludere i vincoli fiscali stabiliti dai trattati Ue, l’adesione dell’Italia all’area euro potrebbe essere messa in discussione. E in extremis, potrebbe verificarsi una nuova crisi di fiducia come quella avvenuta in Grecia nel giugno 2015. Ma in un paese membro dell’Unione Europea molto più grande e con maggiore rilevanza sistemica”.

Il dialogo con l’Ue

Sotto la lente di S&P finiscono quindi le azioni del governo e soprattutto la guerra ingaggiata con la Ue che ha rischiato di culminare in una procedura di infrazione scongiurata solo in extremis. Si legge nel rapporto: “Dopo aver vinto le elezioni del marzo 2018, l’attuale coalizione di governo ha velocemente congelato le modeste iniziative di riforma. E ha iniziato a contrastare la Commissione Europea nel suo mandato di vigilare sull’osservanza da parte degli Stati membri della regolamentazione fiscale dell’Unione. Una controversia aperta tra il governo di un paese e le istituzioni europee ha in genere effetti di secondo piano sul settore privato dell’economia. Questo è stato il caso della Grecia, un’economia molto più piccola (meno del 2% del Pil della zona Euro) nel giugno 2015. La questione è vedere se sarà lo stesso anche per un’economia molto più grande come l’Italia, che rappresenta il 15% del Pil dell’Eurozona”.

La crescita lenta è un fattore di rischio

A pesare anche la scarsa crescita che continua a rappresentare un fattore di rischio. “Il debito pubblico italiano è denominato in euro – osserva S&P – una valuta che nessuno stato membro dell’Unione Monetaria può svalutare in modo unilaterale. Questo significa che l’Italia, come tutti gli altri paesi della zona Euro, non ha la stessa flessibilità per ridurre il peso reale del suo debito pubblico rispetto a paesi che hanno il controllo della propria valuta. Di conseguenza, la sostenibilità del debito dipende molto di più dalla capacità dei paesi membri di crescere in termini reali rispetto ai loro pari al di fuori dell’area della moneta unica. Purtroppo dal 2010 l’economia italiana è cresciuta solo dello 0,6% in termini reali contro il 10,6% per l’intera area Euro”.

Il confronto tra Italia e Grecia

Mettendo insieme “la crescita debole e l’incapacità dei policymaker di affrontarla” si creano quindi le condizioni di prospettive negative per il rating sovrano italiano. E il risultato è quello descritto. “Anche se l’economia italiana è molto più ricca di quella greca, le rigidità che caratterizzano il mercato del lavoro e il tessuto produttivo sono simili e frenano l’ingresso di nuovi attori e gli investimenti, con un impatto negativo sulla crescita” aggiungono gli analisti. Concludendo che “nei prossimi anni prevediamo un lento aumento del debito pubblico italiano, accompagnato da un’ulteriore riduzione della leva finanziaria nel settore privato”.

(LaPresse/di Paolo Tavella)

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