Lotta ai contagi, allevatori da coinvolgere

Il documento approvato all’unanimità dal Senato per rimediare allo sterminio di 100mila capi e alla chiusura di 300 aziende

CASERTA (Sergio Olmo) – Mentre in commissione Agricoltura sfilano in audizione conoscitiva i testimoni della mattanza bufalina casertana, dal portavoce del Coordinamento unitario per la difesa del patrimonio bufalino Gianni Fabbris, al commissario straordinario campano per l’attuazione del programma regionale 2022 di eradicazione della brucellosi Luigi Cortellessa, passando per il responsabile dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, Nicola D’Alterio, continua a tenere banco un Ordine del giorno approvato all’unanimità dal Senato in occasione del via libera al decreto Milleproroghe. Non soltanto un atto di indirizzo politico per il governo Meloni, ma un vero e proprio prontuario per porre rimedio alla pesante devastazione del patrimonio bufalino casertano, vittima di una politica degli abbattimenti che ha “eradicato” dal territorio circa 100mila capi, oltre 300 aziende e diverse migliaia di posti di lavoro.

Il documento

Il documento, frutto di un’attenta ricognizione delle principali carenze dei programmi regionali per l’eradicazione delle infezioni bufaline adottati dal 2019 ad oggi, e fortemente sollecitato dagli allevatori di Terra di Lavoro esasperati dalla pervicace indisponibilità del governatore De Luca a confrontarsi con gli allevatori vittima delle politiche degli abbattimenti, è stato promosso dalla senatrice di Fratelli d’Italia Giovanna Petrenga, primo firmatario il presidente della commissione Agricoltura del Senato Luca De Carlo, e sottoscritto da tutti i senatori campani del partito di Giorgia Meloni, da Sergio Rastrelli per la provincia di Napoli ad Antonio Iannone per quella di Salerno, passando per Giulia Cosenza per l’Irpinia, per finire a Domenico Matera per il Sannio. Un documento, va detto, non soltanto approvato all’unanimità dall’aula di Palazzo Madama, ma accolto con parere favorevole dal governo il 9 febbraio scorso.

I punti cardine

Questi i punti principali: attuazione rigorosa delle norme europee sulla distinzione tra caso sospetto e caso certo; individuazione dell’allevatore quale primo operatore per la sicurezza alimentare aziendale che può vantare il diritto al ricorso di veterinari aziendali e di laboratori riconosciuti in Italia e in Europa; riconoscimento del suo diritto a poter esibire diagnosi di parte in caso di sospetta infezione rilevata dagli accertamenti dell’Asl; approvazione dei piani provinciali per l’eradicazione della brucellosi e della tubercolosi bufalina da parte dei ministeri dell’Agricoltura e della Salute che prevedano la possibilità per gli allevatori del ricorso ad adeguate campagne vaccinali anche sui capi adulti come avviene in tutto il mondo; istituzione di un organismo (tavolo) di monitoraggio e controllo permanente della corretta attuazione delle norme europee e delle indicazioni dell’organizzazione mondiale della sanità animale (Oie); istituzione di meccanismi rigorosi per la tracciabilità del latte di bufala.

Le norme

Tutt’altro dunque che una generica richiesta di impegno dell’esecutivo, visto che il documento precisa e puntualizza specifici interventi, norme speciali, peraltro mutuate dalle indicazioni dell’Oie e dei regolamenti comunitari, destinate ad incidere concretamente sull’azione delle Regioni, degli Istituti di zooprofilassi e delle Asl. Per gli allevatori e i loro esperti è, dunque, questa la strada maestra da percorrere. E al più presto, visto che non passa giorno che la caccia alla brucella dello sceriffo campano non mieta vittime innocenti.

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