Nella piramide criminale spunta Diana. Gli investigatori: è più in alto di Reccia

Avrebbe incaricato lo storico affiliato di recuperare un credito vantato da un suo amico

CASERTA – Sta già affrontando un processo per le armi che gli agenti della Squadra mobile di Caserta hanno scoperto nella sua azienda agricola, a San Tammaro, lo scorso febbraio. Ed è coinvolto anche in un’inchiesta, ancora in corso, condotta dai carabinieri di San Cipriano d’Aversa, riguardante un presunto tentativo di estorsione ai danni di un imprenditore attivo nel settore della panificazione. Parliamo di Francesco Diana, 46 anni, cognato di Michele Barone, ora collaboratore di giustizia, ma con un passato da affiliato di primissimo livello del clan Zagaria. Francesco Diana è pure il fratello di Orlando Diana (ex assessore sanciprianese e marito di Giuseppina Barbato, consigliera comunale in carica) ritenuto dalla Dda la ‘longa manus’ della mafia dei Casalesi nel settore delle cooperative sociali.
Nella famiglia Diana, secondo gli investigatori di Caserta, Michele Barone e Orlando non sarebbero gli unici ad avere avuto, direttamente e indirettamente, contatti con la criminalità organizzata. La Squadra mobile di Caserta, indagando su Oreste Reccia, alias Recchia ‘e lepre, storico esponente della mafia locale, che nel 2020, appena uscito di prigione, aveva riattivato una cellula malavitosa a San Cipriano (azione che gli è valsa una condanna, ormai irrevocabile, a 9 anni), ha raccolto pure elementi che delineano un possibile profilo mafioso, finora mai emerso, proprio di Francesco Diana. Ovviamente, stiamo parlando di ipotesi investigative che sono ben lontane dalla verità assoluta: necessitano di ulteriori approfondimenti e solo una volta ritenute solide dalla Dda passeranno al vaglio dei giudici.
In attesa che la Squadra mobile di Caserta concluda il suo lavoro, gli elementi finora raccolti l’hanno già spinta a sostenere che Diana, nella piramide criminale presente nell’Agro aversano, avrebbe un ruolo addirittura sovraordinato rispetto a quello di Reccia (che non è l’ultimo arrivato del clan). A supporto di questa teoria, gli agenti hanno ricordato anche la sua incursione, nell’autunno del 2020, proprio a casa di Recchia ‘e lepre (sarebbe stata presente pure la moglie, Mariagrazia Tessitore), per redarguirlo su come stesse gestendo alcuni affari illeciti.
A fungere da collegamento tra Reccia e Diana per gli investigatori era Antonio Pagano.
La Squadra mobile afferma di aver anche documentato il coinvolgimento di Diana in attività di recupero crediti: avrebbe dato mandato sempre a Reccia e a Remigio Testa, 66enne di San Marcellino, (già condannato in appello per estorsione – sentenza derivante dall’inchiesta incentrata su Recchia ‘e lepre) per riscuotere denaro che un imprenditore doveva a un altro uomo d’affari, suo conoscente.

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