Napoli, cantiere appena aperto nel mirino dei clan: imprenditore si ribella

Subito dopo l’avvio dei lavori in via Solimena sono iniziati i sopralluoghi degli estorsori. Ieri la firma del patto anti-racket al Vomero

NAPOLI – Quanto tempo passa dall’apertura di un cantiere all’arrivo degli emissari di un clan? Poco, pochissimo, in molti casi è soltanto questione di un paio d’ore, grazie a un meccanismo nuovo di zecca messo a punto dalla criminalità organizzata, che assolda inquilini come spie nei condomini che saranno oggetto di interventi di manutenzione attraverso Superbonus 110% e Bonus facciate. Lo sa bene l’imprenditore che nei giorni scorsi si è rivolto alle forze dell’ordine. Non appena in via Solimena sono arrivati operai, mezzi e impalcature, non appena quel palazzo al civico 112 si è tinto dell’arancione della rete segnaletica dei lavori in corso, è iniziato un viavai strano, sinistro. Ma inequivocabile.

Facce losche hanno preso a fare la spola nel cuore del salotto buono del capoluogo. Non erano presenze ordinarie, non erano lì per caso, l’imprenditore non si è suggestionato: abituato a consumare le suole delle scarpe, abituato a stare in piazza, ha intuito subito il pericolo. E si è difeso. Come? Contattando gli esperti in materia, i professionisti della salvaguardia delle imprese: rivolgendosi a Sos Impresa, l’associazione Confesercenti nata per difendere la libera iniziativa imprenditoriale, per opporsi al racket e resistere alla criminalità organizzata. La macchina organizzativa per la protezione dell’imprenditore è stata messa in moto con poche mosse. Ieri mattina, il capitano della compagnia dei carabinieri del Vomero, Luca Leccese, e Sos Impresa, rappresentata da Sergio Vigilante, membro del direttivo regionale, sono stati sul cantiere vomerese finito nel mirino dei clan. Una visita dal forte valore simbolico grazie alla quale l’imprenditore ha potuto mettere nero su bianco il suo ‘no’ agli estorsori, firmando il patto antiracket.

“Questa impresa ha aderito al patto antiracket con le forze dell’ordine”, c’è scritto sullo striscione che svolazza da ieri mattina sullo stabile al civico 112 della strada dei pub del Vomero. Da ieri, le facce losche ci penseranno su più di una volta prima di farsi vedere da quelle parti. Richieste estorsive rispedite al mittente, presenze pericolose notate in anticipo: è soltanto così che si possono mettere all’angolo malavita e dintorni. I messaggeri delle cosche staranno alla larga dal cantiere. Come staranno alla larga da un altro imprenditore di Grumo Nevano che una decina di giorni fa ha denunciato gli estorsori e ricevuto il sostegno di forze dell’ordine e associazioni anticamorra.

Da martedì sui due suoi cantieri campeggiano gli striscioni contro la camorra. E’ il segnale di una Napoli che vuole cambiare, che vuole mettersi alle spalle anni e anni di silenzi e prevaricazione, di paura e intimidazioni, di aziende chiuse, imprenditori sul lastrico, di uomini e donne che si sono tolti la vita perché strozzati dai debiti, di cantieri abbandonati da un giorno all’altro, di centinaia di operai a casa senza più un’entrata fissa, di saracinesche di storiche attività che non verranno mai più tirate su.  Ma è anche il segnale di una trasformazione della camorra, sempre più attratta dalle mode del momento, sempre più abile a cavalcare l’onda e mettersi al pari con gli upgrade dell’imprenditoria, sempre più astuta e capace di sfruttare gli assist serviti dalle istituzioni nazionali. Non sono soltanto Napoli e provincia ad animare gli appetiti delle cosche partenopee. Nel giro di appena un mese e mezzo la guardia di finanza e l’Agenzia delle Entrate, attraverso un’attività di analisi e controllo condotta su scala nazionale, hanno scoperto un ammontare complessivo di crediti d’imposta inesistenti – di cui agli articoli 119 e seguenti del Decreto Rilancio – di 4,4 miliardi di euro. Un business che piace, e pure tanto, a camorra e ’ndrangheta.

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