Napoli. Spallata al clan Mazzarella, arrestati i ‘signori del pizzo’

Ventuno in carcere, 4 ai domiciliari. Ordinanza per la vedova del boss

NAPOLI – Per vendere prodotti nei mercati della Maddalena bisognava pagare il pizzo. Tutto ruotava attorno alla bandiera del clan Mazzarella. Una realtà fatta di prevaricazione e paura, quella scoperta dalla Direzione distrettuale antimafia, già emersa nell’estate di tre anni fa, ma in forma meno estesa. Ieri la conferma del meccanismo criminale ideato dai Mazzarella.

E’ di 25 persone arrestate il bilancio del maxi blitz scattato ieri mattina. Ventinove, in tutto, gli indagati: 21 dietro le sbarre, quattro ai domiciliari. Decapitato il gruppo dedito al racket della cosca che dal rione Luzzatti di Poggioreale si è estesa verso la zona centrale del capoluogo, arrivando a sostituire i Giuliano a Forcella e a lambire i quartieri sotto l’egemonia criminale dei Contini, famiglia malavitosa che insieme ai Licciardi di Secondigliano e ai Mallardo di Giugliano forma l’asse rivale dell’Alleanza di Secondigliano.

La complessa attività investigativa, coordinata dal pool anticamorra, è stata eseguita, dal 2018 al 2021, dalla Squadra Mobile e dal commissariato Vicaria, anche attraverso monitoraggi tecnici, consentendo di far luce su una serie di episodi criminali posti in essere dal gruppo malavitoso attivo nei dintorni della stazione centrale, impegnato per lo più in una diffusa attività estorsiva esercitata ai danni dei commercianti ambulanti presenti nella zona di piazza Mancini e nelle strade ad esse immediatamente adiacenti, il cosiddetto mercatino della Maddalena o della Duchesca.

L’organizzazione costringeva anche i parcheggiatori abusivi a pagare il pizzo. In alcuni casi, gli inquirenti hanno documentato estorsioni di poche decine di euro: l’importante, per il clan, era che versassero fino alla metà dei guadagni per l’attività di guardamacchine. Sotto estorsione pure gli imprenditori edili operanti nella zona.

La dinastia dei Mazzarella

Camorra affare di famiglia, un’eredità da tramandare di generazione in generazione. Dalle indagini è emerso che il controllo del clan era stato preso da Antonietta Virenti, moglie del boss Vincenzo Mazzarella, che dopo la morte di quest’ultimo (nel novembre del 2018) avrebbe preso in mano le redini dell’organizzazione criminale, continuando a gestire – in ogni sua fase – il business del racket sugli ambulanti. Virenti, detta ‘la zia’ o ‘la signora’, madre del boss Michele Mazzarella, poteva contare sul sostegno di persone fidate. Sul libro paga dell’organizzazione smantellata ieri, infatti, spiccano numerosi familiari: nell’inchiesta sono coinvolti, tra gli altri, il genero e due pronipoti. Nella nuova ‘cupola’ dei Mazzarella, un incarico di rilievo era ricoperto da Massimo Ferraiuolo, alias Mortadella, espressione del clan per il territorio di Forcella. Un referente e tuttofare della cosca – nonostante il fratello Maurizio collabori con la giustizia – un personaggio così temuto e potente da indurre gli inquirenti della Dda a riconoscere l’esistenza di un gruppo malavitoso indicato con il suo stesso cognome. Oltre a provvedere alla retribuzione degli affiliati, Ferraiuolo garantiva anche ‘assistenza legale’ a chi veniva arrestato.

Chi non pagava veniva pestato

Chi si ribellava alle logiche del pizzo, veniva pestato. Sono oltre 200 gli episodi estorsivi documentati dagli inquirenti. Oltre 200 ambulanti del mercato della Duchesca avvicinati dai signori del racket e costretti a pagare. Una strategia che puntava al logoramento, non soltanto psicologico, le vittime. Quando i venditori si rifiutavano di versare la tangente, venivano prima infatti tormentati, poi scattava l’aggressione da parte dei picchiatori della cosca. Aggressioni anche plateali, come il caso dell’ambulante schiaffeggiato mentre era al lavoro. Ma il sodalizio conosceva anche altri metodi per imporre il proprio dominio su una zona. Diverse le ‘stese’ accertate dalla Dda e ascrivibili agli indagati. Una forma di violenza che veniva impiegata anche per contrastare il gruppo rivale dei De Martino.

LE REAZIONI

Una sola denuncia a fronte degli oltre 200 episodi estorsivi documentati dalla Dda. Una verità difficile da accettare, quella che emerge dall’inchiesta della Dda culminata nel blitz di ieri mattina. Inquirenti e forze dell’ordine devono scontrarsi, ogni giorno, con il muro di omertà dietro il quale sono ancora in troppi, a nascondersi, a Napoli. E in vista delle festività natalizie bisognava lanciare un messaggio ai clan e ai cittadini: lo Stato c’è.

“E’ stato colpito il clan presente in uno dei centri storici, quello di Napoli, più grande d’Europa – ha evidenziato il dottor Alfredo Fabbrocini, primo dirigente della Squadra Mobile – e dovevamo intervenire, celermente, anche prima delle vacanze natalizie”. Soddisfazione sul blitz di Squadra Mobile e guardia di finanza è stata espressa anche dal governo: “L’operazione testimonia ancora una volta l’impegno straordinari odi magistratura e forze dell’ordine contro le organizzazioni criminali che aggrediscono il tessuto economico e sociale del capoluogo partenopeo – ha dichiarato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – Dobbiamo proseguire con determinazione per dare risposte concrete alla comunità napoletana e combattere i sodalizi criminali che tentano di controllare il territorio imponendo la loro forza con richieste estorsive a danno di attività commerciali”, ha commentato in conclusione il titolare del Viminale sottolineando che “operazioni come queste sono fondamentali per consentire ai cittadini di riappropriarsi di quegli spazi di legalità e sicurezza necessari per la crescita di una economia sana e per una serena convivenza libera da condizionamenti”.

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