Omicidio eccellente che ha riacceso le polveri nella guerra di Ponticelli

NAPOLI – La polizia parlò di delitto eccellente. Già dalle prime ore. Carmine D’Onofrio è il figlio di Giuseppe De Luca Bossa, fratello di Antonio De Luca Bossa, detto Tonino ’o sicco. Il 23enne fu assassinato a colpi d’arma da fuoco alle due di notte del 6 ottobre in via Luigi Crisconio. Era appena arrivato in auto davanti alla palazzina. 

La fidanzata di venti anni era scesa, per bussare al citofono. Si è voltata solo, perché aveva intravisto un uomo con un casco integrale avvicinare D’Onofrio. Lei ha capito subito e cominciato a gridare. Ma il killer lucido più che mai, ha fatto due passi in avanti verso la vittima e ha aperto il fuoco. Tutto in pochi secondi. Il resto lo hanno fatto le indagini della squadra mobile diretta dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini e, nello specifico, da Andrea Olivadese, a capo della sezione Criminalità Organizzata. Gli investigatori hanno esaminato ogni elemento. Raccolto dichiarazioni utili alle indagini. Intanto anche i carabinieri hanno sentito ‘persone informate dei fatti’. Di più. C’erano microspie nell’abitazione di De Micco e quelli erano giorni cruenti. Dopo la bomba in via Piscettaro gli animi erano accesi. Difficile non parlare. Di più. L’agguato al 23enne ha scosso la famiglia non poco. Anche la vittima non avvertiva il pericolo. Tanto che la notte usciva con la fidanzata spesso. Non adottava alcuna precauzione. Proprio perché non era in prima linea. Ed è anche questo un elemento al vaglio della Procura. Secondo i magistrati è stato colpito, perché ritenuto responsabile della bomba esplosa una settimana prima in via Piscettaro davanti casa di  Marco De Micco. D’Onofrio non credeva di poter finire nel mirino dei clan che contendono ai De Luca Bossa il controllo degli affari illeciti nel quartiere orientale di Ponticelli. Il 23enne abitava in via Luigi Crisconio. Nessuno immaginava che i killer arrivassero a tanto.  Un altro dettaglio al vaglio degli inquirenti è che i familiari chiedessero quanti proiettili fossero stati esplosi e quanti lo avessero colpito. Cinque al torace, due alle braccia e uno alle gambe. Anche questo è stato interpretato come un messaggio: perché tutte queste pallottole? Lo ripetono i parenti intercettati dagli investigatori, durante le indagini dopo l’omicidio. Per la Dda è la firma del clan rivale: soprattutto della ‘punizione’. I rilievi dei carabinieri portavano a questo scenario. 

Sette i proiettili calibro 45 mm esplosi da un’arma, probabilmente semiautomatica, che furono recuperati dagli investigatori. La parentela di D’Onofrio aveva fatto subito ipotizzare che potesse trattarsi di un assalto dei nemici storici e quindi i sospetti sono stati immediatamente focalizzati sul cartello De Micco e De Martino ‘XX’. Da quel momento la faida si è riaccesa, anche se i Bodo ormai avevano alzato l’asticella dello scontro. 

Carmine D’Onofrio

Un delitto che nessuno si aspettava. Il padre: Carmine era fuori da tutto

Un delitto che nessuno si aspettava. Nemmeno la famiglia di Carmine D’Onofrio. Lo raccontano i magistrati nel provvedimento cautelare, quando riportano una intercettazione nel carcere. Da qui parla il padre Giuseppe De Luca Bossa, poche ore dopo l’omicidio. E’ sconvolto: “Non capisco – dice ai familiari – io l’ho sempre tenuto lontano da tutto e da tutti. Prendersela con lui non ha senso. Ce lo hanno portato via così”. E ancora: “Era un ragazzo, che andava a lavorare. Lo Sanno tutti. E’ incensurato. Perché?”. Gli inquirenti provato a ricostruire gli ultimi mesi del ragazzo: spiegano che da un po’ di settimane aveva cambiato atteggiamento e si era avvicinato alla sua famiglia. Tanto che si sarebbe dovuto trasferire dopo pochi giorni in una nuova abitazione al Lotto 0, dove abitano i De Luca Bossa-Minichini. Ma il passaggio non era ancora avvenuto, perché serviva un ultimo via libera. E anche su questo si interrogano i familiari: perché il 23enne non si era ancora trasferito al Lotto 0? Per gli inquirenti, significa che nel rione D’Onofrio sarebbe stato più protetto e sicuro. Almeno questa è l’interpretazione data dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia a quelle parole. Un agguato che ha scosso l’intera famiglia. Carmine D’Onofrio prima di quel periodo si era dato da fare. E aveva fatto anche la comparsa in un episodio della serie ‘Gomorra’ e, prima di avvicinarsi alla famiglia del padre, aveva coltivato la passione per il teatro. Insomma un ragazzo che aveva delle prospettive e cercava di trovare la sua strada. Come tanti della sua età. Poi è successo qualcosa. Ad accertarlo sono stati i carabinieri, che hanno condotto le indagini insieme con la squadra mobile della questura. I provvedimenti di fermo emessi ieri raccontano una storia diversa. 

Giuseppe De Luca Bossa

A Barra fuochi d’artificio per festeggiare la ‘retata’ contro i ‘Bodo’

Le notizie corrono più veloci nel telefono senza fili della camorra: ieri notte nel cuore del quartiere di Barra hanno bloccato una intera strada per accendere una batterie di fuochi pirotecnici.  Poco dopo il maxi blitz a Ponticelli. E’ già festa per i nemici dei ‘Bodo’. Lo sfogo di un residente: “Si appropriano di strade pubbliche bloccando il traffico, sparano per festeggiare l’uscita di galer, o i blitz della polizia, sparano per segnalare l’arrivo della droga, sparano anche per coprire magari i rumori di un furto con scasso. Lo denunciamo da anni, eppure sembra che le istituzioni continuino a restare indifferenti di fronte a questa barbara tradizione che porta pericoli, disagi e tanta paura. Una mentalità arrogante e subcriminale. Quando ci si deciderà ad agire in maniera determinata e dura? Noi continuiamo a chiederlo e a fare pressioni”.

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