Papa Francesco, penso al momento in cui io dovrò congedarmi

Pope Francis AFP PHOTO / Andreas SOLARO

di Maria Elena Ribezzo

Città del Vaticano, 15 mag. (LaPresse) – Papa Francesco torna sulla questione del “congedo”. Non imminente, senza allarmismi, ma fa intendere che quando sarà il momento probabilmente sceglierà di cedere il passo, come Benedetto XVI che ha aperto la strada della rinuncia al soglio di Pietro. Non prima, questo è certo, di aver avviato tutte le grandi riforme della Curia che ha in mente.

“Quando leggo” il ‘testamento’ di San Paolo, dice il Pontefice nell’omelia della messa del mattino celebrata nella sua residenza a Casa Santa Marta, “penso a me. Penso a me pure, perché sono vescovo e devo congedarmi. Chiedo al Signore la grazia di potermi congedare così. E nell’esame di coscienza non uscirò vincitore come Paolo, ma il Signore è buono, è misericordioso”.

Il commento è al congedo da vescovo di San Paolo, nella prima lettura presa dal libro degli Atti degli apostoli. “Paolo – dice Francesco – non aveva nulla, soltanto la grazia di Dio, il coraggio apostolico, la rivelazione di Gesù Cristo e la salvezza che il Signore aveva dato a lui”. “In questo testamento – fa notare Bergoglio – Paolo non consiglia: ‘Questo bene che lascio datelo a questo, questo a quello, quello…’. Non è un testamento mondano. Paolo è ‘povero'”. E “quanto lontano è questo testamento dai testamenti mondani, con tanti beni da distribuire”.

In vista del concistoro di sabato 19 maggio, in cui sarà annunciata la data della canonizzazione di papa Montini, l’Osservatore Romano pubblica un commento a delle lettere di Papa Paolo VI, scritto da Papa Francesco l’8 dicembre 2017: “Un Papa impedito da grave malattia – si legge in un passaggio -, non potrebbe esercitare con sufficiente efficacia il ministero apostolico”.

Più volte, riferendosi alle dimissioni Joseph Ratzinger, Bergoglio lo ha definito per lui “un esempio”. Come nella conferenza stampa sul volo da Rio de Janeiro a Roma, rientrando dal suo primo viaggio apostolico a luglio 2013: “Solo un grande uomo fa questo. Un uomo di Dio e un uomo di preghiera”.

Rientrando dal viaggio in Terra Santa, nel 2014, ha precisato: “Benedetto XVI non aveva più le forze, e onestamente, da uomo di fede e umile qual è, ha preso questa decisione. Settant’anni fa i vescovi emeriti non esistevano. Cosa succederà con i Papi emeriti? Dobbiamo guardare a Benedetto XVI come a un’istituzione, ha aperto una porta, quella dei Papi emeriti. La porta è aperta. Ce ne saranno altri o no? Dio solo lo sa. Io credo che un vescovo di Roma se sente che le forze vanno giù deve farsi le stesse domande che si è fatto Benedetto”.

“Io penso che ‘Papa emerito’ sia già un’istituzione – ha ribadito di ritorno dalla Corea del Sud -. Perché? Perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca, la salute forse è buona, ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. Forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così.

I secoli diranno se è così o no, vedremo. Lei potrà dirmi: ‘E se Lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti?’ Farei lo stesso, farei lo stesso! Pregherò molto, ma farei lo stesso. Ha aperto una porta che è istituzionale, non eccezionale”.

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