Plagio in ‘Gomorra’, si torna in aula

La Cassazione: Saviano e la Mondadori di Berlusconi devono restituire parte dei guadagni

Roberto Saviano e Silvio Berlusconi nel fotomontaggio con foto realizzate da LaPresse

NAPOLI – Si terrà oggi, davanti alla Corte di Appello di Napoli (sezione specializzata dell’impresa e proprietà industriale, giudice Giovanni Galasso), l’udienza per la prima comparizione delle parti nel procedimento civile per il plagio degli articoli di Cronache nel romanzo “Gomorra”. E’ già definitiva la sentenza della Corte di Cassazione che, nel 2015, ha accertato l’illecita riproduzione degli articoli sulla faida di camorra a Napoli e sui clan Casertani da parte di Roberto Saviano e della Arnoldo Mondadori Editore di Silvio Berlusconi.
La Suprema Corte affidò ai giudici di Napoli la quantificazione del danno da risarcire, in considerazione di una riforma della normativa che disciplina la materia. Nel 2016 la Corte di Appello condannò lo scrittore e la casa di Segrate al pagamento di seimila euro, con spese compensate, alla cooperativa che edita i due quotidiani campani.

La Libra, però, attraverso gli avvocati Marco Cocilovo e Mauro Di Monaco, presentò un nuovo ricorso in Cassazione, che nel 2021 ha cassato la sentenza della Corte di Appello, invitandola a rideterminare l’importo. I giudici di rinvio, ora, dovranno tenere conto degli “utili realizzati illegalmente dall’autore della violazione del diritto d’autore”. Ciò in considerazione del fatto che “gli articoli in questione sono stati riprodotti e utilizzati nel loro valore d’uso, seppure nel contesto di un’opera molto più ampia, e hanno inoltre riscosso, sia pure in quel modo e in quelle forme, un grande successo”. Tale criterio, “che associa nella funzione risarcitoria anche una componente deterrente e dissuasiva, permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto conseguito, certamente ricomprendenti anche l’eventuale costo riferibile all’acquisto dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, ma ulteriormente aumentati dei ricavi conseguiti dal plagiario sul mercato”.

La Cassazione ha poi voluto specificare il concetto in maniera ancor più chiara, con l’evidente scopo di evitare dubbi nell’interpretazione dei criteri per la quantificazione del risarcimento, spiegando che la sentenza del 2021, “basata sull’assenza di un rapporto concorrenziale fra le parti (desunta dalla diversità del circuito commerciale di distribuzione, della differenza di pubblico, del diverso periodo di distribuzione e di vendita) si pone anch’essa contra legem nel momento in cui viene presa in considerazione per escludere l’applicabilità del criterio fondamentale di liquidazione e la rilevanza del parametro degli utili del contraffattore e non piuttosto quale mero fattore di moderazione e limitazione del risarcimento. Né certamente questo era il senso dell’avvertimento contenuto nella sentenza rescindente, che ha sottolineato la rilevanza di alcuni elementi ma non li ha affatto indicati come fattori di esclusione del criterio di default per la liquidazione del danno da lucro cessante”.

Dovrà essere riformulata anche la parte della sentenza in Appello che compensava le spese per tutti i gradi di giudizio. Gli ermellini, infatti, hanno chiesto al collegio in nuova composizione di procedere con la “regolazione delle spese del giudizio di legittimità”.
Nella sentenza, inoltre, i giudici hanno bocciato in toto, in quanto “palesemente inammissibile”, il controricorso presentato dagli avvocati di Saviano e Mondadori, Vincenzo Sinisi, Claudio Marcello Leonelli, Benedetta Carla Angela Maria Ubertazzi e Luigi Carlo Ubertazzi. Lo scopo del ricorso incidentale, spiegava la Cassazione, sarebbe quello di “riproporre alcune difese già esposte nel giudizio di riassunzione con alcuni passaggi della loro comparsa conclusionale e memorie di replica”. Per questo, “tale documento… neppure soddisfa il contenuto imprescindibile di un atto di impugnazione e men che meno di un ricorso in Cassazione, giacché non rivolge specifiche censure al contenuto della decisione. A tale onere i ricorrenti incidentali si sono totalmente sottratti con la tecnica censoria utilizzata che rimette alla Corte di andare a ricercare se, dove e quando la sentenza impugnata non si sarebbe conformata a una serie di loro osservazioni”.

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Quanti soldi grazie a quel romanzo

NAPOLI (uc) – Ultimamente ha destato un certo scalpore il fatto che Roberto Saviano abbia chiesto e ottenuto dallo Stato gli aiuti destinati alle piccole e medie imprese che hanno subito perdite a causa del Covid. Proprio così. Diecimila euro, con un credito di imposta, perché il Covid gli avrebbe impedito di guadagnare quanto si aspettava. Un paradosso se si considera che, stando a quanto riportato dal settimanale Panorama e dal quotidiano Libero, in seguito alla pubblicazione della prima edizione del romanzo “Gomorra” i guadagni dello scrittore sono passati rapidamente da circa 50mila euro a 2 milioni di euro, per poi stabilizzarsi intorno al milione di euro l’anno negli anni successivi.

Nel 2017, sempre per Panorama, Saviano avrebbe guadagnato circa 2,3 milioni di euro per un totale di circa 13 milioni di euro in circa dieci anni. Per non parlare dei guadagni derivanti dalla commercializzazione dei prodotti “derivati”, come la serie Tv Gomorra e l’omonimo film. Tutte opere tratte dal romanzo edito dalla Arnoldo Mondadori Editore di Silvio Berlusconi, come si legge nella schermata che precede ciascuna puntata della serie e i titoli iniziali del film. Gli accordi con le rispettive case di produzione, si legge su Libero, “avrebbero fruttato allo scrittore circa 500mila euro con Cattleya, 400mila euro derivanti dall’accordo con Telecom-La7 e 350mila euro dalla Fascino. A questi vanno ad aggiungersi i contratti stipulati con Rai ed Endemol”. E ovviamente stiamo parlando solo dei guadagni di Saviano.

Quelli della casa editrice di Berlusconi sono stati sicuramente di gran lunga superiori.
Un impero economico realizzato anche grazie alla illecita riproduzione degli articoli dei giornalisti di Cronache, che per quegli scritti spesso hanno rischiato la vita. Prima della pubblicazione di “Gomorra”, infatti, Roberto Saviano frequentava la redazione di Cronache di Napoli per raccogliere materiale sulla faida di Scampia e Secondigliano del 2004/2005 e sul clan dei Casalesi. Dopo la pubblicazione del libro, diversi giornalisti segnalarono alla società editrice la illecita riproduzione di loro articoli da parte dello scrittore.

Intanto il libro era già lanciato verso un successo planetario. Nel 2009, in soli 3 anni, Gomorra era passato da una tiratura di 5mila copie a 12 milioni di copie vendute ed è stato tradotto in 54 lingue. Da allora sono passati 13 anni e il libro è rimasto un best seller, nelle librerie fisiche e online. Un fiume di quattrini nelle casse della società editrice di casa Berlusconi e nelle tasche di Saviano. Normalmente viene definito best seller un libro che vende almeno ventimila copie. Si può ipotizzare che siano state vendute oltre 50 milioni di copie di Gomorra.

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Corruzione nei processi, ora Silvio rischia 6 anni

NAPOLI (uc) – Va avanti, intanto, il processo al patron della Arnoldo Mondadori Editore Silvio Berlusconi per “corruzione in atti giudiziari”. Il procedimento, conosciuto da tutti come “Ruby Ter”, ruota intorno alla presunta corruzione delle Olgettine, le giovani e attraenti frequentatrici delle “cene galanti” del Cavaliere nelle sue megaville. Il leader di Forza Italia le avrebbe pagate o avrebbe fatto loro regali di lusso perché rendessero testimonianze a lui favorevoli nei processi Ruby e Ruby Bis e perché non facessero rivelazioni alla stampa. Per questi fatti i pubblici ministeri di Milano Tiziana Tedesco e Luca Gaglio hanno chiesto la condanna di Berlusconi a 6 anni di reclusione.

Il 2 novembre scorso c’è stata l’ultima udienza. La sentenza potrebbe intervenire entro la fine dell’anno. Non è la prima volta che l’editore viene coinvolto in procedimenti penali per corruzione nei processi. Altro caso molto noto riguarda proprio l’acquisizione della Mondadori da parte della famiglia del Biscione. Nel 1987 il presidente della casa editrice Mario Formenton morì. Ci fu una guerra tra la Fininvest del Cavaliere e la Cir di Carlo De Benedetti per prenderne il controllo. Si decise di affidare la questione a un collegio arbitrale, che diede ragione a De Benedetti, ma Berlusconi presentò un ricorso davanti alla Corte di Appello di Roma. I giudici di Appello annullarono il lodo arbitrale, spianando la strada all’acquisizione della società di Segrate da parte di Fininvest. Sulla sentenza, nel 1995, furono avviate indagini che accertarono flussi di denaro transitati dalle casse della Fininvest alle tasche di uno dei giudici di Roma che avevano annullato il lodo.

Berlusconi venne prosciolto per prescrizione. Cesare Previti, avvocato della Fininvest e tra le figure di spicco di Forza Italia, fu condannato in via definitiva e interdetto dai pubblici uffici per corruzione giudiziaria. Anche il giudice della Corte di Appello di Roma Vittorio Metta fu condannato per corruzione. In sede civile, nel 2013 la Fininvest è stata condannata in Cassazione al pagamento di quasi 500 milioni alla Cir per i danni subiti. Per la Cassazione bene avevano fatto i giudici di secondo grado “a ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo imputabile anche al dottor Berlusconi”. La Corte di Appello, nel condannare Previti, aveva accertato che Berlusconi “aveva la piena consapevolezza che la sentenza era stata oggetto di mercimonio”. Inoltre si notava che il beneficiario ultimo delle condotte corruttive non poteva che essere il Cavaliere.

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