Quirinale, M5S-Pd-Leu bocciano i nomi del centrodestra. Letta: “Conclave fino a soluzione”

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse Nella Foto: Enrico Letta

ROMA“No a una guerra delle due rose, non serve”. Pd, M5S e Leu non rispondono con altri nomi d’area alle candidature di Letizia Moratti, Marcello Pera e Carlo Nordio avanzate dal centrodestra. Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, a sera, dopo un faccia a faccia che va avanti per quasi due ore, definiscono “un passo in avanti, utile al dialogo” la mossa fatta dai leader del campo ‘avversario’.

Sono “nomi di qualità e li valuteremo senza spirito pregiudiziale”, si spinge a dire il segretario dem e anche Stefano Patuanelli, capodelegazione pentastellato al Governo, li definisce ipotesi “di peso”. La strada, però, resta sbarrata. “Non riteniamo che su quei nomi possa svilupparsi quella larga condivisione in questo momento necessaria”, mettono nero su bianco i rappresentanti della coalizione progressista.

Nessuna contrapposizione di ‘area’, quindi, ma la “volontà di giungere ad una soluzione condivisa su un nome super partes”. Per questo, la proposta è riunire domani le due delegazioni. “Chiudiamoci dentro una stanza, buttiamo via la chiave e stiamo a pane e acqua fino ad arrivare a una soluzione finale”, dice chiaro Letta. “Acceleriamo il dialogo con il centrodestra con l’impegno di trovare nelle prossime ore una soluzione condivisa. L’Italia non ha tempo da perdere. Non è il momento del muro contro muro”, gli fa eco Conte. “Non serviva fare la guerra delle due rose”, sentenzia Speranza, riportando tutti all’Inghilterra in lotta tra Lancaster e York.

La palla, insomma, è di nuovo nel campo del centrodestra e la mossa consente a tutti di avere 24 ore di tempo per far maturare le condizioni per un candidato unitario. “Alla peggio – è l’analisi dei Dem, mentre lo spoglio della seconda votazione certifica la nuova fumata nera – bruciano la seconda carica dello Stato e alla quarta o alla quinta, dopo la sua sconfitta, si riparte. Sono disposti a tanto?”.

La partita a scacchi tra le due coalizioni è ancora tutta da giocare. Anche (e, forse, soprattutto) al loro interno. I Dem non hanno gradito l’apertura, o presunta tale, di Conte a Franco Frattini. La posizione ‘filorussa’ dell’ex ministro degli Esteri di Silvio Berlusconi compatta l’asse Letta-Renzi, che prontamente fanno muro. “Abbiamo bisogno di un profilo atlantista e che rassicuri i mercati. Quando parlo di atlantismo mi riferisco a quello che sta accadendo fra Ucraina e Russia. Dobbiamo difendere l’Ucraina”, mette in chiaro il segretario dem.

“Sulla questione della collocazione internazionale dell’Italia non si scherza, Italia Viva non sosterrà candidati che non abbiano un profilo in purezza europeista e atlantista. Su questo punto faremo le barricate”, assicura il leader Iv. In ogni caso la possibile trattativa Conte-Salvini agita i Dem. “Ma cosa vuole fare? Non volevano stabilità”, è la domanda che si rincorre.

Non mancano i malumori di chi vede l’ex premier “pronto a fare una nuova edizione dei gialloverdi”, ma poi prevale la consapevolezza: “Conte avrà anche aperto su Frattini, ma noi lo abbiamo stoppato e lui non andrà fino in fondo”. Non solo. “Se per caso dovesse accadere che al Quirinale ci va la Casellati o chi per lei con i voti del M5S, il Governo cade subito dopo”, è il pronostico delle truppe. E se al Nazareno predicano “nervi saldi”, è Letta a predicare unità. “Abbiamo intenzione di muoverci di comune accordo con gli alleati. Nessuno di noi ha intenzione di muoversi per conto proprio”, scommette.

Nessuna incertezza, poi, sull’affidabilità di Conte: “Mi fido senza nessun dubbio, non c’è nessuno accordo” con Salvini, risponde. Eppure tra i due la distanza più grande resta quella sul ruolo di Mario Draghi.

“Il mio ruolo è proteggere Mario Draghi ed è assolutamente importante averlo nelle istituzioni del Paese”, ammette Letta. Difendere il premier? “Il mio ruolo non è difendere il destino dei singoli ma l’interesse nazionale”, la gelida replica del leader pentastellato. I timori che ‘super Mario’ alla fine possa non andare al Quirinale e fare le valigie anche da palazzo Chigi, così, tra i Dem crescono e a sera il quadro – fermo e allo stesso tempo più aggrovigliato del giorno prima – per bookmakers e addetti ai lavori resta più o meno lo stesso: “Casini, Mattarella e un Draghi risorto (se risorge al terzo giorno)”.(LaPresse)

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