Russia, il sogno infranto sporco di sangue

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Sento ancora fischiare nelle orecchie i commenti pervicaci ed irriducibili di Alessandro Orsini e di quanti, come lui, giuravano sull’inutilità delle sanzioni comminate alla Russia dalle democrazie occidentali per protesta contro l’invasione dell’Ucraina. L’annessione del Donbas e della Crimea, oltre che un elevato costo di vite umane per l’esercito di Mosca e per le nefandezze compiute da quest’ultimo ai danni della popolazione civile (deportazioni, stupri, torture, fucilazioni di massa e fosse comuni), sta avendo un costo economico pazzesco. In queste ore il Rublo sta “crollando” ulteriormente fino a toccare una svalutazione, in borsa, nei confronti del dollaro, che ha oltrepassato il quaranta percento! D’altronde, dal punto di vista economico, il Cremlino sta mostrando di avere i piedi di argilla, potendo “vantare” un prodotto interno lordo (Pil) che ammonta a 1.800 miliardi di dollari, di gran lunga inferiore, pensate, anche a quello italiano (che ammonta a 2.100 miliardi). In quel Paese le entrate finanziarie dipendono per il 40% dalla vendita di prodotti energitici (petrolio, metano) che per quasi la metà finivano sui mercati europei. Gli stessi che sono stati drasticamente ridotti dopo l’inizio della guerra. Una parte di quella perdita è stata compensata con “triangolazioni”, ossia la vendita a paesi terzi che a loro volta hanno poi piazzato quelle stesse merci alle nazioni europee (è tuttavia rimasto un calo reale intorno al 12-15%). Il resto del petrolio e del metano è stato venduto sottoprezzo (30% del valore di mercato) alla Cina che ha saputo ben lucrare sullo stato di necessità russo. Tenuto conto di quanto costa lo sforzo militare di un conflitto che si protrae da oltre un anno e che non vede una rapida prospettiva di pace, buona parte di ciò che rimane della ricchezza non può che essere investito nell’industria bellica. Le stime del Fondo Monetario Internazionale prevedevano un aumento del Pil russo dell’1,9% nel 2022 ma l’Agenzia Russa (Istituto Statistico Rosstat) ha dichiarato un calo del 2,1 %. Insomma per il satrapo del Cremlino le cose vanno male sia sul campo di battaglia, ove la controffensiva ucraina, seppur lentamente, riconquista vaste porzioni di terreno (grazie agli armamenti americani ed europei), sia sul piano economico finanziario interno. Quale sia più destabilizzante per il gruppo dirigente moscovita tra le due negatività è difficile poterlo dire. In linea di massima le difficoltà economiche colpiscono tutta la popolazione direttamente per l’aumento del costo del denaro portato al 10% e le problematiche economiche che ne derivano. Sembrano finiti i tempi dei fasti nei quali si crogiolavano grandi e piccoli oligarchi, divenuti tali per la cessione, ad essi, di gran parte delle attività pubbliche e delle risorse naturali del Paese dopo lo smantellamento del regime comunista. Insieme costoro formavano una fitta rete di beneficiati per diretta amicizia con il partito di Putin. Lo stesso che ora potrebbe mollare il proprio leader, proprio per l’incipiente venir meno degli agi e dei guadagni stratosferici un tempo garantiti agli “amici degli amici”. Non a caso all’atto del blitz contro Kiev, Putin riunì al Cremlino non i rappresentanti della Duma (il parlamento russo), ma proprio i principali, i più ricchi ed i più facoltosi tra i suoi “fedelissimi”. Ora però, questi, spogliati all’estero dei loro beni, rischiano di scontare più di tutti la crisi e l’ostracismo dei mercati. Se la natura umana non ci inganna, la solidarietà al leader dovrebbe essere giunta agli sgoccioli. D’altronde, sul piano della guerra, la campagna di aggressione sembra essere giunta a un punto morto procedendo con il solito, forsennato, assurdo e insensato lancio di missili contro obiettivi civili e la strage di gente inerme. Sull’altro versante, le armi di nuovo e più moderno conio che stanno arrivando all’esercito di Volodimir Zelensky, stanno neutralizzando e rintuzzando tutti gli attacchi e ben presto l’arrivo degli F15 americani potrà volgere le sorti della guerra a favore degli ucraini. Un altro elemento in deterioramento è la solidarietà dei Cinesi che non si è spinta molto oltre l’acquisto del greggio russo. Come già scritto in precedenza su queste stesse colonne, i vasti interessi economici e finanziari di Pechino non possono sopportare intralci ed inimicizie procurate per conto terzi. Certo c’è il problema di Taiwan ad ostacolare un’intesa con gli Usa, ma ci sono interessi globali che consigliano ad entrambe le super potenze la massima cautela. Alla fine della fiera quel che rimane delle iniziali smanie di potenza dei russi è veramente ben poco sia per la leadership che per il popolo, che (ri)comincia a riassaporare le ristrettezze economiche di un tempo. Chi aveva puntato sulla deterrenza nucleare per sbaragliare il campo oltraggiando peraltro il diritto di uno Stato sovrano a difendere il proprio territorio, pagandone un elevato prezzo, ha fatto male i propri conti. La potenza distruttiva delle atomiche è tale e tanta che chiunque la usi avrà il contro il mondo intero. Un mondo che vuole vivere non morire per il sogno sanguinario di Putin.
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