Schiavone accusa il fratello dell’ex sottosegretario: “Giovanni Cosentino contattò i fratelli Russo per fare pressione sul Comune”

I verbali del pentito non utilizzati nel processo sull'Aversana Petroli: "Minacciò Luigi Gallo a livello politico e malavitoso”. La Cassazione ha assolto tutti gli imputati

CASAL DI PRINCIPE – Il riciclaggio, l’estorsione, la concussione e la concorrenza illecita: da tutti questi reati Giovanni Cosentino è stato assolto. La Cassazione, lo scorso 4 giugno, ha scritto la parola fine al suo processo rigettando il ricorso della procura generale di Napoli. La sentenza della Corte d’Appello, che lo aveva scagionato insieme ad altri sei imputati, ha retto davanti ai giudici romani.

L’imprenditore 64enne, con i fratelli Nicola, l’ex sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi, e Antonio, Luigi Letizia, Michele Patrizio Sagliocchi e Bruno Sorrentino erano stati coinvolti nell’inchiesta ‘carburanti’ della Dda. Si tratta dell’indagine sull’Aversana Petroli, il gioiellino della famiglie del già parlamentare, sui presunti rapporti con il clan dei Casalesi e lo scontro con Luigi Gallo, ex consigliere comunale e uomo d’affari brianese. E di questa vicenda, il 14 novembre del 2018, ha parlato ai pm Alessandro D’Alessio e Fabrizio Vanorio pure il boss pentito Nicola Schiavone, accusando proprio il 64enne: “Ricordo la vicenda di tale Luigi Gallo – ha riferito il collaboratore giustizia -, era un piccolo distributore di carburanti di Villa di Briano, al quale fu sostanzialmente impedito di aprire un impianto nel suo paese sulla Nola-Villa Literno. Accadde che questo Gallo era ‘arrivato prima’ del Cosentino, nel senso che aveva richiesto l’autorizzazione al suo comune e l’aveva anche ottenuto, se ben ricordo, iniziando comunque i lavori di scavo. A questo punto Giovanni Cosentino, che pure aveva centinaia di distributori in tutta Italia, la prese come un affronto e chiese ai fratelli Russo di intervenire presso il competente ufficio comunale di Casal di Principe per accelerare l’iter autorizzativo dell’impianto di sua pertinenza che aveva deciso di installare in quel comune proprio di fronte all’impianto del Gallo sulla stessa arteria stradale”.

Il primogenito di Sandokan, però, ai magistrati ha chiarito di non aver avuto un ruolo nella diatriba: “Corrado Russo chiese a me di attivare i nostri soliti funzionari di fiducia a Casale, io gli risposi che la cosa non mi interessa e che avrebbe potuto vedersela da solo con Giacomo Letizia e Vincenzo Schiavone. L’intervento effettivamente ci fu, non solo perché Cosentino aprì e Gallo no, ma perché io lo seppi direttamente da Lello Letizia, oltre che da un parente del Gallo, tale Marcantonio Gallo, a sua volta legato al capoclan di Sparanise, Giuseppe Papa. Quest’ultimo i disse che il suo parente era stato sostanzialmente minacciato da Giovanni Cosentino, sia a livello politico che malavitoso”.

Schiavone non ha i dettagli tecnici del conflitto tra i Cosentino e il brianese. “Ricordo però che c’era un problema di distanze tra gli impianti limitrofi, discendente dalla normativa di settore all’epoca vigente, che sul punto era stata in parte liberalizzata”.
Stando a quanto riferito dal pentito, il fratello dell’ex politico, sarebbe giunto perfino a coinvolgere il vertice della cosca Russo per fermare il progetto imprenditoriale di Gallo. Le dichiarazioni di Schiavone, tuttavia, non sono mai confluite nel processo a suo carico.

La collaborazione con la giustizia del figlio di Sandokan è iniziata a luglio del 2018 e dell’Aversana Petroli ha parlato a novembre, quando l’Appello aveva già emesso sentenza di assoluzione per il 64enne e gli altri imputati. E il ‘materiale’ fornito da Schiavone logicamente non è stato valutato neppure dalla Cassazione (che si è limitata a vagliare quanto portato all’attenzione della Corte partenopea).
Quei verbali, invece, sono stati depositati in un altro iter giudiziario (che riprenderà in autunno), quello di secondo grado conosciuto come ‘Il principe e la (scheda) ballerina’, innescato dall’inchiesta sul centro commerciale mai nato a Casal di Principe e sull’ipotizzata intromissione della camorra nelle vicende politiche locali. E tra gli imputati di quel processo c’è pure Nicola Cosentino, fratello di Giovanni

Tutti assolti: la decisione della Cassazione

In primo grado la condanna: 3 anni per Giovanni Adamiano, 5 anni e 4 mesi per Antonio Cosentino, 9 anni e 7 anni e mezzo le pene stabilite rispettivamente per i suoi fratelli Giovanni e Nicola. Sette anni di reclusione, invece, il verdetto che fu deciso nel 2017 per Michele Patrizio Sagliocchi, e 5 anni e 4 mesi per Luigi Letizia. Poi nel 2018 la decisione della Corte d’Appello: nessun colpevole e tutti assolti. Due mesi fa la procura ha provato a ribaltare la decisione, ma non ci è riuscita. La Cassazione ha rigettato la sua istanza rendendo definitivo il verdetto di secondo grado e restituendo l’Aversana Petroli (tra i temi dell’inchiesta) alla famiglia dell’ex parlamentare.

Agli imputati venivano contestati a vario titolo i reati di concorrenza illecita, estorsione, concussione e riciclaggio con l’aggravante mafiosa.

In merito alla posizione di Giovanni Cosentino e all’ipotesi di riciclaggio (il cambio-assegni per favorire il clan), i giudici romani hanno dichiarato l’accusa generica: i titoli di credito sarebbero stati frutto di estorsioni eseguite da esponenti della cosca ai danni di imprenditori, ma le vittime e la provenienza dei quattrini non sono state tracciate dagli inquirenti.

Smontata anche la presunta concussione contestata a Letizia e ai germani cosentino. La tesi delle pressioni esercitate dalla famiglia dell’ex parlamentare su Raffaele Zippo, all’epoca sindaco di Villa di Briano, e da Letizia su un tecnico comunale (per le autorizzazioni relative agli impianti di carburanti) non hanno convinto gli Ermellini. Le dichiarazioni rese dall’allora primo cittadino sono andate in contrasto con quelle esposte dalla parte offesa, Luigi Gallo (assistito dall’avvocato Francesco Parente), ritenuto dalla Corte inattendibile. Non ha retto davanti ai giudici romani neppure la presunta estorsione tentata, ascritta a Sorrentino, Adamiano, Giovanni e Nicola Cosentino, e quella consumata da Sagliocchi, facendo ‘cadere’ anche l’ipotesi di concorrenza illecita. Nel collegio difensivo degli imputati gli avvocati Agostino De Caro, Stefano Montone, Vittorio Giaquinto, Amedeo Barletta, VIncenzo Maiello, Giovan Battista Vignola, Alfonso Stile, Giovanni Cantelli, Giorgio Luceri, Claudio Botti ed Angelo Pignatelli.

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