Scienza, dal Cern al Gran Sasso: dimostrata la ‘trasformazione’ dei neutrini

Foto LaPresse - Stefano Porta

Milano, 22 mag. (LaPresse) –

Per la prima volta un esperimento ha dimostrato, in modo diretto e inequivocabile, che i neutrini ‘oscillano’ e si trasformano. La particella subatomica elementare, la più piccola e sfuggente, infatti può essere di tre tipi (muonico, elettronico e tau) e la metamorfosi da un tipo all’altro è un processo noto come ‘oscillazione’. Una scoperta epocale, unita a quella che queste particelle hanno una massa, che è valsa il premio Nobel per la fisica 2015 al giapponese Takaaki Kajita e al canadese Arthur B. McDonald.

Il risultato che conferma la teoria è stato presentato dagli autori dell’esperimento ‘Opera’ (Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus) ai laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, e in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica ‘Physical Review Letters’. La scoperta è arrivata dopo cinque anni di osservazione di un fascio di neutrini ‘muonici’ prodotti con il progetto Cngs (Cern Neutrinos to Gran Sasso). Dopo il loro viaggio dal Cern ai laboratori sotterranei del Gran Sasso, è stata rilevata l’apparizione di neutrini ‘tau’. Una trasformazione che prova l’esistenza del fenomeno dell’oscillazione e che è stata osservata dieci volte.

I neutrini muonici prodotti al Cern tra il 2008 e il 2012 raggiungevano i laboratori del Gran Sasso dopo aver percorso 730 chilometri attraverso la crosta terrestre, in 2,4 millisecondi. Al loro arrivo erano studiati da un apparato di circa 4mila tonnellate, composto di 150mila mattoncini costituiti da lastre di piombo, con cui interagivano i neutrini, ed emulsioni nucleari utilizzate per fotografare le interazioni. I ricercatori hanno osservato il primo evento di oscillazione di un neutrino muonico in uno tau nel 2010, seguito da quattro eventi rivelati tra il 2012 e il 2015. Anno in cui fu annunciata la scoperta.

“Abbiamo analizzato tutti i dati con una strategia completamente nuova, tenendo conto delle caratteristiche peculiari degli eventi”, spiega Giovanni De Lellis, responsabile della collaborazione internazionale Opera. “È molto gratificante vedere oggi che i risultati ottenuti superano ampiamente il livello di significatività statistica che avevamo previsto quando abbiamo proposto l’esperimento”. Quest’ultimo, spiegano gli scienziati, permetterà lo sviluppo di nuove tecnologie.

La scoperta apre la strada all’impiego su larga scala delle ‘pellicole di emulsioni nucleari’ per registrare tracce di particelle con tecnologie completamente automatizzate ad alta velocità e di accuratezza sub-micrometrica. Oltre che per la rivelazione dei neutrini, questa tecnologia trova applicazioni in una vasta gamma di altre aree scientifiche, dalla ricerca della materia oscura fino all’indagine dei vulcani. È utilizzata anche per l’adroterapia oncologica, ed è stata impiegata per studiare la grande piramide di Cheope.

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