Spesa pensionistica in crescita dal 2020

Ha subito una riduzione negli ultimi anni grazie alla legge Fornero. La risalita si prevede tra due anni con un picco nel 2042

Foto LaPresse - Marco Alpozzi

ROMA (Alfredo Stella)  Preoccupa il documento Def (Documenti di economia e finanza) all’esame delle Camere e su cui ha insistito anche Bankitalia, secondo cui dal 2020 è in previsione un aumento della spesa delle pensioni nel nostro Paese. Oggi il rapporto tra spesa e Pil è di circa il 15% ma, secondo i calcoli del Mef a legislazione vigente, conservando cioè tutti gli effetti della Fornero, arriverà comunque tra poco più di 20 anni a superare il 16% . Una delle cause è nell’effetto demografico, per poi ridiscendere bruscamente dal 2050.

L’ultimo scontro tra il passato governo e i sindacati si è avuto proprio sulle pensioni. L’oggetto del contendere è stato l’innalzamento automatico dell’età pensionabile di 5 mesi a 67 anni dal 2019, sulla base della maggiore longevità media rilevata dall’Istat per gli italiani.

Un dato che ha creato una sollevazione di partiti e organizzazioni sindacali contro quello che viene percepito come un ‘eccessivo irrigidimento dei requisiti anagrafici’. Anche considerando che ancora oggi la pur austera Germania continua a mandare in pensione i suoi lavoratori a 65 anni e 7 mesi.

La spesa previdenziale

Parlando di pensioni in senso stretto, il dato a cui fare riferimento è quello dei 218 miliardi di due anni fa. Un dato al lordo delle imposte versate dai pensionati e che al netto scenderebbe a 168,5 miliardi. Anche volendo scomputare la somma versata dalla PA per i contributi dovuti ai dipendenti pubblici, l’Inps incasserebbe 172,2 miliardi, cioè 3,7 miliardi in più. In definitiva, lo Stato italiano spenderebbe 25-26 miliardi ogni anno per coprire il “buco” che altrimenti l’Inps registrerebbe per via delle minori entrate. Ma allo stesso tempo dalle pensioni percepirebbe quasi 50 miliardi in forma di tassazione.

Pertanto, al netto incasserebbe circa l’1,5% del Pil, ovvero sui 25-26 miliardi. E se anche tenessimo in considerazione i contributi versati dalla PA, il saldo netto per lo Stato resterebbe positivo per 4-5 miliardi all’anno. Questo perché incasserebbe dalle pensioni oltre 49 miliardi di gettito fiscale, spendendo circa 44,5 miliardi in tutto. In realtà, quando si parla di previdenza, i costi sarebbero ben più elevati, se si considerano anche altre voci come malattia, cassa integrazione, indennità di disoccupazione, incentivi all’occupazione, maternità, ecc.

In Italia pochi occupati

Nel nostro Paese su uno stipendio lordo si versa il 32,7% contro il 21%, percentuale che scende al 19,5% in Germania. La speranza di vita in Italia risulta mediamente di 2 anni più alta della media OCSE: al 2050 sarà cresciuta di 22 anni in un secolo. A fronte di ciò, il tasso di occupazione da noi si attesta appena al 58% contro la media europea del 66%. Ma a versare contributi sono meno lavoratori che altrove, pur dovendo sostenere una spesa pensionistica quasi doppia della media OCSE. Questo perché alimentata anche da un tasso di sostituzione lordo (rapporto tra pensione e ultimo salario percepito) del 67,9% contro il 59%.

In conclusione

I conti delle pensioni in Italia non sarebbero squilibrati, nel senso che mettendo insieme quelli di Inps e Stato, gli esborsi verrebbero più che coperti. Il problema è che questi risultano altissimi, obbligando lavoratori e imprese a versare una percentuale spropositata di contributi. Servirebbe alzare l’età pensionabile, ma considerando quella effettiva, non agendo solo sul requisito anagrafico, che in sé non assicura un risparmio per le casse Inps.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome