Reddito di cittadinanza, Istat: “Tenere conto di chi ha la casa di proprietà”

Il presidente Maurizio Franzini fissa dei paletti

Roma (AWE/LaPresse) – Nell’erogare il reddito di cittadinanza vi è un “problema di equità che potrebbe essere risolto in diversi modi. In particolare fissando soglie di accesso che tengano conto, oltre che dei diversi livelli di reddito, anche delle condizioni di godimento dell’abitazione”. Che può essere quindi di proprietà (migliorando la situazione economica) o in affitto (peggiorandola). Lo sostiene l’Istat nella relazione presentata oggi alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, riunite a Montecitorio per le audizioni sulla legge di Bilancio.

Il presidente Maurizio Franzini fissa dei paletti

Durante l’audizione, il presidente facente funzioni dell’Istat Maurizio Franzini, ha sottolineato infatti come “la quota di famiglie affittuarie in povertà assoluta è particolarmente elevata nei centri metropolitani (64,1%) e nel Nord del Paese (50,6%)”. La spesa media effettiva per affitto delle famiglie in povertà assoluta è pari a 310 euro (357 euro Nord; 384 Centro; 230 Mezzogiorno).

L’Istat spiega che le famiglie in povertà assoluta che non sono in affitto (56,3%) si dividono in due sottogruppi. Coloro che abitano in case di proprietà (40,7%) e coloro che hanno case in usufrutto o in uso gratuito (15,6%). Tra le famiglie che vivono in una casa di proprietà, quasi una su cinque paga un mutuo. Di importo mensile medio pari a 525 euro (564 euro Nord; 480 euro Centro, 387 euro Mezzogiorno)”.

“Il titolo di godimento dell’abitazione incide in misura rilevante sulle condizioni di vita. Poiché il canone sottrae risorse che potrebbero essere destinate ad altre spese necessarie”, sottolinea la relazione dell’Istat.

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