Ucraina, il gas, le materie prime, e l’agroalimentare: gli impatti della crisi

La crisi in Ucraina colpisce trasversalmente diversi settori dell'economia, indipendentemente dalle decisioni che verranno prese sulle sanzioni.

ROMA – La crisi in Ucraina colpisce trasversalmente diversi settori dell’economia, indipendentemente dalle decisioni che verranno prese sulle sanzioni. Che in un caso e nell’altro coinvolgeranno sia il territorio del Donbass dell’Ucraina che, naturalmente, la Russia.

In cima alla lista degli impatti possibili sull’Italia ci sono le materie prime, il ‘passaggio’ del gas e quindi la fornitura d’energia, oltre a ripercussioni su un pezzo consistente dell’agroalimentare italiano. In base ai dati dell’Ice (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) la crisi in Ucraina coinvolge più 300 aziende. E il valore dell’interscambio commerciale supera i 4 miliardi di euro (nei primi 10 mesi del 2021). Quanto ai rapporti commerciali tra Russia e Italia, il nostro Paese ha un import che arriva a più di 12,5 miliardi.

Per le materie prime i rischi, derivanti da uno stop commerciale, sono maggiori. L’import riguarda i metalli di base, e in particolare l’alluminio. Il peso potrebbe avvertirsi così sulla siderurgia, con quasi 1,8 miliardi di euro importati nei primi 11 mesi dello scorso anno. Ma per le società energetiche, le eventuali ricadute potrebbero essere compensate dall’incremento del prezzo di gas e petrolio; questo è forse uno degli elementi che preoccupa di più, anche per via della sofferenza delle imprese italiane piegate dal caro-bollette. Anche se bisogna tenere in considerazione il fatto che l’Ucraina è soltanto un’area di passaggio per gli approvvigionamenti di gas che arrivano però dalla Russia. Eppure con il blocco del Nord stream 2 da parte della Germania, quello di Kiev diventa un corridoio fondamentale dell’approvvigionamento energetico; così come dirimente sarà, oltre che la sua gestione, la difesa dell’infrastruttura.

Quello che invece conta molto è il tema dell’agroalimentare; cosa che potrebbe avere influenze concrete sulla filiera italiana della pasta, dal momento che (anche come espressione comune) l’Ucraina è considerata il ‘granaio d’Europa’. Il prezzo del grano è in salita continua, anche se grazie alle scorte europee a disposizione non dovrebero esserci effetti diretti per esempio sul prezzo della pasta.

La partita che si apre sul made in Italy merita un capitolo a parte: “Il peso enorme si avrebbe in caso dei rapporti con la Russia – osserva a LaPresse il vicepresidente di Confagricoltura Matteo Lasagna, ricordando per esempio lo stop al grana padano e le ricadute sul comparto dell’ortofrutta – un peso che è anche soltanto difficile riuscire a quantificare; anche perché sono mercati interessanti, di riferimento, e vicini sia per il trasporto che per la logistica”. A questo bisogna aggiungere – spiega Lasagna – che “il consumatore russo sta ricercando sempre di più la sicurezza alimentare, e il made in Italy offre queste garanzie”.

Secondo Lasagna in ogni caso “il vero problema è l’approvvigionamento energetico”: anche per le aziende della filiera agricola dal momento che vengono colpite due volte, sia sui costi del gas che sulla produzione. L’Ucraina ha una “superficie agricola utilizzata che è due volte quella dell’Italia, per 60 milioni di ettari; il frumento ne occupa 6,5 milioni di ettari, il girasole altri 6,5, e il mais 5,3 ettari. La produzione arriva a 25 milioni di tonnellate per il frumento, 13 milioni per il girasole, e 30 milioni per il mais”.

Le esportazioni principali dell’Ucraina verso l’Italia riguardano oli di girasole, mais, e frumento. L’import in Italia è rimasto abbastanza stabile. Non abbiamo particolari flessioni se non per il mais (-17%). Quindi l’incidenza su un eventuale rincaro della pasta non preoccupa; oggi l’Europa riesce a sopperire alla mancanza grano duro che viene importato dall’Ucraina. Mentre un discorso diverso vale per il mais che serve per gli allevamenti; in questo caso può eventualmente in alcuni casi generare un po’ di tensione sul mercato”. Punto che nuoce la filiera però è “l’approvvigionamento di gas, non solo come fonte energetica ma anche per la produzione di concimi organici, di cui la nostra agricoltura ha bisogno; quindi un impatto doppio”. Altro elemento importante è il mais, che l’Italia non produce a sufficienza (arriviamo al 60% di produzione), ed è “molto importante per gli allevamenti di bovine da latte”. In particolare – rileva Lasagna – “rimaniamo in guardia e cerchiamo di monitorare la situazione”.

LaPresse

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