Un partito per la Nazione

Vincenzo D'Anna

Per quanto possa essere diffusa la disaffezione alla politica e bassa la considerazione nei confronti di quanti, oggi, la rappresentano, credo che gli italiani abbiano percepito l’indeterminazione ed il disagio in cui versa la Nazione. E tuttavia quelli più avveduti, i ceti produttivi, gli esercenti di professioni, arti e mestieri, credo debbano avvertire un disagio ancor maggiore per la scomparsa della buona politica e dell’organizzazione che democraticamente essa sarebbe chiamata a darsi. In sintesi: senza partiti politici organizzati su base democratica con un’accurata selezione della futura classe dirigente, scevra, dunque, dalle estemporanee alzate di ingegno del “Caudillo” di turno, non può esserci buona politica per mancanza degli elementari presupposti utili a realizzarla. Siamo un popolo di contemporanei che non conosce o preferisce opportunisticamente ignorare la propria storia. Se così non fosse, non saremmo incappati in un continuo ripetersi degli stessi errori. Qualunquismo e personalismi hanno caratterizzato gli ultimi lustri, frastornando gli elettori con un caleidoscopio di simboli e di leader il cui arco di gradimento si è consumato con la stessa velocità con la quale esso aveva raggiunto il suo punto più alto. Ripetiamo, fino alla noia, che l’adozione di un sistema elettorale proporzionale ha contribuito non poco alla frammentazione della proposta politica, parcellizzandola e depauperandola di qualsivoglia retaggio di valori fondativi e di visione socio economica. Senza punti di riferimento culturali riconoscibili, sia per similitudine che per contrapposizione, tutto è finito nel culto del leader in auge in quel momento con l’adesione a rudimentali ed approssimativi slogan che nulla hanno a che vedere con un’organica e precisa visione complessiva della società e degli interessi rappresentati. In una notte nella quale tutte le vacche sembrano buie il qualunquismo l’ha fatta da padrone. Queste ultime considerazioni sono comprensibili solo a coloro che aderiscono a progetti organici ed a valori culturali e storici non certo ai tanti bellimbusti delle liste civiche organizzate per fronteggiare i bisogni contingenti ed occasionali. L’adesione ad una forza politica e la partecipazione alla vita democratica al suo interno, costituivano i tratti distintivi della scelta di questo o di quel partito. Abolite queste usanze e quella tipologia di partiti, tutto è diventato effimero e la classe politica è diventata uno stazzo per orecchianti. Ora, senza questo retroterra organizzato ben difficilmente gli italiani potranno sottrarsi alle lusinghe della propaganda spicciola, assuefacendomi a governi senza né arte e né parte. Siamo al cospetto di un vuoto che ha indotto milioni di elettori a prestare fede ai “rivoluzionari” farlocchi capeggiati da Beppe Grillo, all’idea che occorresse solo un poco di buon senso ed una condotta moralistica per cambiare le sorti del Paese. Se l’astensionismo ormai sfiora la metà degli aventi diritto al voto lo si deve all’eliminazione della Politica mediata dai partiti, intesa come base del sistema di governo di una società complessa e mutevole. Edonismo, opportunismo, clientelismo, mancanza di senso dello Stato e di prioritaria tutela degli interessi generali, sono i sintomi non la patologia. Quest’ultima è lo scadimento delle forme e degli strumenti utilizzati per coinvolgere i cittadini a”sulle questioni generali. Dovrà pur giungere il momento in cui sara’ convincimento diffuso che occorra ritornare alla Tecné Politike, alla fonte di regole e statuti, ai luoghi propri del confronto di idee! Non c’è alternativa valida alla forma di democrazia parlamentare e non c’è democrazia parlamentare senza il ritorno dei partiti politici in carne ed ossa. Le forme di assemblearismo permanente, realizzate attraverso l’uso del web, delle piattaforme informatiche, sono miseramente scaduti, rivelandosi vuoti simulacri senza verifica e controllo delle decisioni assunte. Non resta che la rifondazione su base etica di forme di partito che per quanto leggere non siano distanti dalla vera partecipazione . Un sistema elettorale maggioritario potrà certamente favorire la nascita di aree vaste di aggregazione. Quella del riformismo, del capitalismo ben temperato, del moderatismo illuminato da animi e spiriti concordi sul da farsi è, a mio giudizio, la migliore di queste opinioni. Immaginare un bipartitismo perfetto è utopia al momento. Da qui la speranza che possano sorgere partiti in grado di aggregare larghe affinità politiche, basate su di un idem sentire. Sembra arduo ma non lo è se ritorna la stagione dei diritti e la consapevolezza dei doveri che ciascuno deve osservare per declinare pienamente e concretamente la propria cittadinanza m, con essa la capacità di scegliere quel che ritiene affine al proprio modo di vedere lo Stato e la società. Un partito riformista per l’Italia è una necessità non più differibile.

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