Un tram chiamato desiderio

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 19-10-2019 Roma Politica Orgoglio italiano! - Manifestazione della Lega e del centrodestra contro il governo Conte bis Nella foto Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini

Saranno veramente pochi i lettori che leggendo questo editoriale, potranno ricordare di aver letto il romanzo di Tennessee Williams, “Un tram chiamato desiderio”. Dal dramma dello scrittore americano, vincitore del premio Pulizer, il regista Elia Kazan trasse l’omonimo film del quale Marlon Brando fu magistrale interprete. La storia drammatica e violenta è ambientata negli anni del dopoguerra. In sintesi, un dramma familiare all’interno del quale giocano fattori decisivi come il sesso e la violenza. Protagonista un uomo che non sa rinunciare ad essere se stesso. Dominatore e tracotante, costui trascina le sue partner in rapporti conflittuali, vanificando ogni tentativo di poter costruire un nuovo assetto di vita e di esperienza. Con tutte le approssimazioni del caso e le similitudini che si possono estrapolare dalla trama di quella storica pellicola, l’odierna vicenda politica del centrodestra sembra essere molto simile. Guardando infatti a Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, i tre partiti che compongono quella coalizione, non si riesce a cogliere un comune e sostanziale universo di riferimento nel panorama dei valori e degli obiettivi che pure dovrebbero essere i connotati distintivi di un partito liberale (in politica) e liberista (in economia). Neanche se ci rifacciamo all’idea più conciliante dell’ordo-liberalismo, ovvero il progetto che sostiene il libero mercato di concorrenza, ma al contempo propugna un capitalismo temperato, con ampi spazi di welfare e di solidarismo sociale, si riesce a trovare similitudini ed assonanze di valori nella trimurti del centrodestra. Una disomogeneità che affonda negli anni dell’improvvisa e finanche proditoria scelta, in uno con Pd e 5 Stelle, di una legge elettorale proporzionale da parte del Cavalier Berlusconi e dell’allora “Truce” Matteo Salvini. Miopi furono i due, oltre che incoerenti, rispetto al loro stesso passato politico, perché non valutarono che quel sistema premiava il M5S al quale spettò circa mezzo Parlamento. Ancor peggio fu il ritorno, col sistema proporzionale, all’esaltazione delle singole individualità ed alla perdita di quella coesione che imponeva il premio previsto alla coalizione vincente col maggioritario. La terza anima di quel cartello, Giorgia Meloni, sgranò gli occhi e biasimò la cosa, ma non mosse un dito per dissuadere gli ex alleati, lavorando in pectore per esaltare anch’ella l’identità appena ritrovata con l’esperienza di Fratelli d’Italia. Eppure a cominciare da Salvini, oggi si reclama una federazione tra i tre schieramenti del centrodestra, per opporre un argine unico alla sinistra ed ai sanculotti grillini sodali alle prossime elezioni. Rilancia da par suo, campione di dissimulazione politica, il proprietario di Forza Italia proponendo addirittura quel partito unico che egli stesso sfasciò, nei primi anni del nuovo secolo, preferendo la svolta populista detta del “predellino” che diede vita al Popolo delle Libertà. Il limite di non sapere essere cosa diversa da se stesso, indulgere nella tracotanza del più forte e del più ricco. Oggi che Silvio raccoglie le briciole di quello che fu un consenso plebiscitario, si converte alla soluzione, sempre avversata, di una formazione politica unitaria. Formula, questa, che il plutocrate milanese ha sempre detestato, insieme al corollario della democrazia interna ed alla libera scelta della classe dirigente. Forza Italia è e rimane un partito di plastica, legato agli umori dell’alcova ed alle comari che ne costituirono il polit-bureau o, se preferite, il “cerchio magico” del fondatore. Insomma la “satrapia” come sistema di controllo e gestione di un partito personalizzato. La Lega, invece, dall’alto del consenso accumulato, grazie anche alle transumanze elettorali da Fi, ha scelto di sposare la linea del dialogo e della moderazione, accantonando gli storici cavalli di battaglia della lotta senza quartiere ai migranti, della legittima difesa ad oltranza e rinunciando finanche alle simpatie destrorse per la francese Marie Le Pen, l’ungherese Victor Urban e l’austriaco Jörg Haider. Di tutto questo la Meloni ringrazia e sale nei sondaggi, toccando percentuali di consenso elettorale insperate: lei non perde neanche tempo a fingere. C’è da chiedersi, invece, chi tra Berlusconi e Salvini stia mentendo più spudoratamente in questa fase. Certo è che le dichiarazioni finora ascoltate sono mere affermazioni senza costrutto. Parliamoci chiaro: senza che si metta mano, prioritariamente, all’idea di una assemblea costituente, di un manifesto di valori comuni, di uno statuto vero e democratico, di un partito che si possa scalare per merito e consenso elettivo, saremo destinati a parlare di aria fritta e furbizia propagandistica. Sì, perché, qualunque sia l’ordito di questa trama, resta il vuoto di sempre a destra ed un grande buco al centro della politica italiana. Un tram chiamato desiderio.

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