Diffamazione, indagato Roberto Saviano

La procura di Roma ha aperto un fascicolo d’indagine sullo scrittore dopo la denuncia presentata dal leader della Lega e ministro dell’Interno Matteo Salvini

ROMA – Tanto tuonò che piovve. Dopo mesi di attacchi è arrivata la decisione della procura di Roma che ha iscritto nel registro degli indagati Roberto Saviano, con l’accusa di diffamazione, dopo la denuncia presentata contro di lui dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Nel testo della denuncia presentata dal vicepremier si fa riferimento a esternazioni “lesive della sua reputazione e del ministero dell’Interno stesso”. Nel corso di una tenzone che dura da mesi e che non è apparsa come un dibattito politico, lo scrittore aveva definito Salvini come il “ministro della malavita”. La goccia che ha fatto traboccare il vaso. “Se qualcuno vi dà del mafioso o dell’amico della ‘Ndrangheta, vi arrabbiate o no? Un conto è la critica, che io accetto”.
“Se qualcuno vi dà del mafioso o dell’amico della ‘Ndrangheta, vi arrabbiate o no?”
“Ma dire che io aiuto la mafia e che ho un patto segreto con la ‘Ndrangheta e che godo sadicamente nel vedere affogare i bambini non penso che sia critica politica, ma un insulto bello e buono”. Così spiegò il vicepremier dopo aver sporto querela. Ma gli attacchi da parte dello scrittore al vicepremier si sono susseguiti in questi mesi. Salvini è stato anche accusato di “voler far annegare le persone”.
Querela inevitabile
“Querelo raramente – affermò il leader della Lega – ma lo faccio volentieri nei confronti del signor Saviano che non può permettersi di dire di me che ‘qui si tratta di un uomo che vuole far annegare le persone’”. Inutili sono state le parole del ministro dell’Interno con cui provava a spiegare la linea che vorrà tenere sul problema immigrazione: ormai Saviano e la sinistra italiana giocano, pericolosamente, con i pregiudizi politici nei confronti di un’area che le Paese si è dimostrata largamente maggioritaria.
Lo scontro social finito in tribunale
Tra Matteo Salvini e Roberto Saviano, dopo lo scontro totale, entrerà in scena dunque l’autorità giudiziaria. Perché il batti e ribatti social ha raggiunto picchi estremi. Lo scontro più acre è arrivato sulla questione scorta. Il batti e ribatti è durato per ore, fino all’infelice esternazione, con lo scrittore che ha definito il responsabile del Viminale “ministro della malavita”. “E’ stato eletto in Calabria ed in un suo comizio a Rosarno in prima fila c’erano uomini della cosca Pesce”. Davvero troppo. 

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