Roma (LaPresse) – “Non si può invitare a fare il presepe e non accogliere negli Sprar una coppia vera di giovani sposi che hanno avuto un bimbo qualche mese fa e che ora sono per strada. Non si può venerare il crocifisso senza aver solidarietà con i crocifissi della storia”. Lo scrive monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, in un articolo pubblicato sul numero di Famiglia Cristiana in edicola da oggi.
L’intervento dell’arcivescovo chiude e dà il senso a un approfondimento della rivista sul significato autentico del presepe e dei nostri simboli e tradizioni religiose, in cui si racconta la storia di Yousef e Faith, genitori di una bimba di sei mesi e in attesa di un altro figlio, che sono stati espulsi dal Centro di accoglienza di Crotone e gettati su una strada, a causa del decreto sicurezza. In aiuto della famiglia sono intervenuti la Caritas e la Croce Rossa che hanno offerto una sistemazione provvisoria, fino a che una coppia, peraltro mista, ha messo a disposizione una casa sfitta.
“Sono molto belle le nostre tradizioni religiose popolari – continua Bregantini – ma guai se ci accontentiamo solo di questa bellezza. Anzi, quello che viviamo in queste dimensioni religiose diventa ipocrisia se non c’è raccordo con quello che si vive nella realtà quotidiana. Si rischia di andare contro il mistero stesso che celebriamo”.
Meglio rinunciare al presepe e al crocifisso? “Non siamo certo contro chi fa il presepe e mette il crocifisso, purché questo gesto sia coerente. Che facciano il presepe, ma non contro qualcuno. Che mettano il crocifisso, ma sapendo che questo non basta. Chi prepara il presepe e appende il crocifisso sappia che mette il cuore dentro una linea di solidarietà”.