L’Antimafia a caccia dei prestanome del clan dei Casalesi

Il clan dei Casalesi se è ancora in vita è grazie ad una rete di prestanome che gestisce imprese ‘in salute’, realtà aziendali diventate ‘forti’ proprio grazie ai quattrini e alla forza della camorra

Caserta - 7 dicembre 2011- arrestato il super latitante Michele Zagaria boss del casalesi.

CASAPESENNA – Della terra e degli allevamenti non c’è più neppure l’odore: la mafia Casalese, ora, è soprattutto giacche avvitate, mocassini e pantaloni che coprono a malapena le caviglie. Il clan se ‘fattura’ ancora è grazie a imprenditori laureati, brillanti, dalle facce pulite, che, almeno direttamente, con i padrini dell’organizzazione non hanno mai avuto a che fare.

La rete di prestanome

Il clan dei Casalesi se è ancora in vita è grazie ad una rete di prestanome che gestisce imprese ‘in salute’, realtà aziendali diventate ‘forti’ proprio grazie ai quattrini e alla forza della camorra. E in questa rete, afferma la Dda di Napoli, ci sarebbe anche Orlando Vicigrado (innocente fino a prova contraria), 35enne di Aversa, rappresentato dall’avvocato Dezio Ferraro, e marito di Imma Lama (estranea alla vicenda), ex consigliera comunale di Aversa.

Le ipotesi di reato

La procura distrettuale gli contesta, a piede libero, l’intestazione fittizia di beni e la corruzione aggravata dalla finalità mafiosa. Ma per il gip Ludovica Mancini a supportare la tesi degli inquirenti non ci sono ‘gravi indizi’.

Il Consorzio Ago Spa

L’indagine che lo ha coinvolto ruota intorno al Consorzio stabile Appalti grande opere Spa. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta il 35enne avrebbe ‘fittiziamente’ assunto la carica di amministratore unico della società “co-gestita di fatto con Francesco Natale e Orlando Fontana (entrambi indagati per intestazione fittizia, ndr.) al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale”, dinamica che sarebbe stata messa in piedi con l’obiettivo di agevolare “il gruppo Zagaria”.

Le intercettazioni

Il presunto intreccio tra il giovane imprenditore con Natale, 47enne, e Fontana, 45enne di Casapesenna, fratello di Giuseppe ‘Pino’ Fontana (condannato per camorra in primo grado), stando agli inquirenti è stato dimostrato da intercettazioni telefoniche: dalle conversazione monitorate sarebbe risultato “assolutamente palese” che erano “strettamente collegati da interessi economici comuni”.

In una chiacchierata registrata infatti il 35enne avrebbe manifestato a Natale l’esigenza di sedersi “tutti e tre” per fare “i conti” in relazione ad un non meglio specificato lavoro.

Lo sfogo di Carmine Schiavone

Di Vicigrado e Fontana ha parlato anche Carmine Schiavone, costruttore e parente del boss Vincenzo ‘o petillo, inquisito per associazione mafiosa. L’imprenditore di Casal di Principe, in una conversazione, ‘ascoltata’ dai carabinieri, con Andrea Perrone (indagato per intestazione fittizia) commenta le parentele tra i due casapesennesi. “Vedi a questo Orlando Vicigrado ‘sulla fatica’ con la macchina del consorzio… i cugini in carcere, tutti i giorni sui giornali, sapete chi sono? Sapete bene chi sono! Non velo devo dire io a chi sono parenti… i lavori – dice Schiavone – li hanno dappertutto. Vedete che Vicigrado, Fontana e coso… sono cugini. Pure ai Vicigrado gli devono confiscare i beni, lo sai, perché quelli sono una combriccola.. Lui li sta gestendo… lui sta facendo il signore con i soldi… con i lavori di quello (Orlando Fontana, ndr.)”.

A supportare la tesi della Dda (l’ipotizzata connessione imprenditoriale tra Vicigrado, Fontana e Natale) ci sarebbe anche un’altra vicenda: quella legata al contenzioso tra il Consorzio Ago e la Giomar Appalti, secondo gli inquirenti gestita in modo occulto proprio da Carmine Schiavone. Nel tira e molla tra le due aziende il parente di ‘o petillo avrebbe operato “per nome e per conto del clan dei Casalesi fazione Schiavone”. Orlando Fontana e Natale, invece, sarebbero risultati ‘protetti’ dalla fazione Zagaria.

Le parentele

I carabinieri hanno ricostruito anche le parentele tra Orlando Fontana e Vicigrado. La madre di Francesco Zagaria ‘Ciccio a benzina’, cognato (defunto) del boss Michele Zagaria (era il marito di Elvira), è sorella alle madri di Fontana e del 35enne normanno.

La decisione del gip

Per il gip gli elementi raccolti a carico degli indagati non sono sufficienti. Le conversazioni avrebbero dimostrato “esclusivamente un indefinito e non circostanziato interessamento alle vicende del Consorzio da parte di Orlando Fontana ed in minor misura i Natale”. Vicigrado, inoltre, non avrebbe operato come “mero prestanome”. Il giudice ha evidenziato che proprio il 35enne all’epoca era amministratore unico della Vicos, società di maggioranza di Consorzio Ago Spa. Quindi avrebbe avuto tutto l’interesse a seguire gli affari del Consorzio. Il gip, infine, non ha ritenuto fondata neppure l’aggravante mafiosa. E senza articolo sette il reato (l’intestazione fittizia, da retrodatare al 2011) è prescritto.

L’appalto a Portico di Caserta

Ma a Vicigrado la Dda contesta anche la corruzione in concorso con Salvatore Merola, Fontana e Carlo Antonio Piccirillo (anche per iloro il gip non ha riscontrato gravi indizi nell’indagine della Dda). Merola, 63enne di Curti, in veste di direttore dei lavori relativi alla costruzione di un Centro polifunzionale, in cambio di 40mila euro avrebbe affidato, per conto del Comune di Portico di Caserta, l’appalto per realizzare quella struttura proprio al Consorzio Ago Spa. Sempre Merola con Carlo Antonio Piccirillo, responsabile dell’area amministrativa del Municipio, avrebbe concesso anche una proroga per l’ultimazione dei lavori incassando da Vicigrado e Orlando Fontana “un’altra somma di denaro non meglio indicata”.

Il divieto temporaneo di fare impresa

Il giudice per le indagini preliminare in relazione a tale vicenda ha applicato a Vicigrado il divieto temporaneo (per sei mesi) di esercitare l’attività di impresa. Contro tale decisione il legale dell’imprenditore ha presentato ricorso al Riesame.

La posizione di Fontana

Fontana, difeso dall’avvocato Giuseppe Stellato, recentemente ha incassato una sentenza irrevocabile dalle accuse di corruzione aggravata dalla finalità mafiosa: al centro del presunto reato la compravendita della misteriosa pennetta usb che sarebbe stata sottratta dal covo di via Mascagni dove fu catturato Michele Zagaria

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