Mafia, vedova Montinaro: “I domiciliari a Brusca sarebbero stati una vera ingiustizia”

Tutti gli altri figli dei padri uccisi da Brusca per passare un’ora con il ricordo dei padri devono andare al cimitero. Si devono ricordare dei danni che hanno fatto alla città di Palermo

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

Roma – “È una profonda ingiustizia. Brusca non si è fatto 23 anni di carcere perché ha ottenuto 80 permessi che ha trascorso con il figlio. Ha avuto tantissimi benefici. Stiamo parlando di un grandissimo criminale. Mi sembra che queste cose a volte si vogliano dimenticare perché ha aiutato nelle indagini. Noi siamo i famigliari, ha distrutto la città di Palermo, c’è tanta gente che piange ancora i propri morti”. Lo ha detto Tina Montinaro, vedova di Antonio Montinaro capo scorta ucciso insieme a Giovanni Falcone dalla mafia nella strage di Capaci, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei.

“Brusca ai domiciliari a Palermo – ha aggiunto Tina Montinaro – non lo vogliamo. Se lo portino a Roma. Ringrazio la Cassazione che ci ha tolto a me e ai miei figli un peso. Ma ricordiamoci che Giovanni Brusca tra un anno e mezzo è fuori da libero cittadino. Ha commesso 140 omicidi e sciolto un bambino nell’acido. Che cosa significa in questo caso la parola ravvedimento? Non mi riesco a spiegare perché questa vicenda sia finita così”.

Le parole di sdegno della vedova Montinari verso Giuseppe Brusca

“Giovanni Brusca – ha proseguito la vedova del capo scorta di Falcone – non è né ravveduto né pentito. È inaccettabile, ci sentiamo per l’ennesima volta mortificati. Vogliamo che lo Stato sia dalla nostra parte. Dobbiamo dare un segnale affinché le cose cambino perché la gente non si fida”. “Brusca – ha concluso Tina Montinaro a InBlu Radio – passa tutta la giornata di permesso con il proprio figlio. Tutti gli altri figli dei padri uccisi da Brusca per passare un’ora con il ricordo dei padri devono andare al cimitero. Si devono ricordare dei danni che hanno fatto alla città di Palermo. Mio marito andava a lavorare per poche lire al mese e non è più ritornato a casa. Mio marito non si è ravveduto quella mattina pur sapendo quali erano i rischi e non l’ha fatto il dottor Falcone. Sono andati avanti perché ci credevano. Per questo gli uomini del governo e delle istituzioni si devono passare una mano sulla coscienza e dire ‘no’, come ha fatto la Cassazione”.

(LaPresse)

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