L’Italia ha la grande opportunità di potere attingere alle risorse messe a disposizione grazie al programma Next Generation Eu con la presentazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in preparazione proprio in queste settimane. Parte di queste risorse devono essere destinate a risolvere le emergenze esistenti,come quella della carenza idrica, attraverso una governance pubblica capace di allineare il Recovery Plan italiano al Green Deal europeo con obiettivi più ambiziosi e utili al Paese, anche sul tema risorse idriche.
La distribuzione dei fondi
“Bisogna innanzitutto evitare quanto fatto nella prima versione del Pnrr che presenta un netto sbilanciamento delle risorse a favore di alcune tipologie di interventi – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –. Appaiono infatti sproporzionati i 4,4 miliardi di euro destinati agli invasi, contro i 900 milioni per l’ammodernamento delle reti cittadine di distribuzione dell’acqua (spesso ridotte a un colabrodo) e i 600 milioni di euro per le fognature e gli impianti di depurazione”.
Eppure la condanna della Corte di giustizia europea sul mancato trattamento delle acque reflue, come il governo sa bene secondo Legambiente, sta costando decine di milioni di euro.
No agli sprechi
“Il Pnrr deve invece mettere al centro l’attuazione delle opere necessarie per adeguare il sistema fognario e di depurazione e ripristinare efficienti sistemi di distribuzione dell’acqua che ne garantiscano la potabilità e minimizzino il problema delle perdite di rete, favorendo una minore concorrenza tra i differenti usi idrici (civile, industriale, agricolo). Quanto agli sprechi, è necessario un cambio di passo anche nella pianificazione urbanistica delle città, soprattutto nel settore edilizio: se è vero che le maggiori perdite di rete avvengono nell’ultimo miglio appena prima di entrare negli edifici, è anche vero che nelle case e negli edifici pubblici l’acqua potabile è utilizzata per attività che potrebbero essere svolte utilizzando acque grigie o meteoriche”.
Il dialogo Enti-Istituzioni
Del medesimo parere è anche la Confederazione Italiana Agricoltori. “Guardando in prospettiva – interviene il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino – occorre soprattutto al Sud, superare le fasi di commissariamento e ora utilizzare con lungimiranza le risorse, puntando sui numerosi grandi invasi inutilizzabili e su forme di invasamento anche alternative. Allo stesso tempo, però, bisogna lavorare per mettere a sistema, in favore degli imprenditori agricoli e anche a salvaguardia dell’ambiente, l’accesso idrico a laghi montani e pedemontani”. D’altronde va in questa direzione il Green Deal Ue così come la nuova Pac pone vincoli importanti per l’uso irriguo e ci sono, sempre nel quadro Ue, importanti sviluppi per il ricorso alle acque reflue, utili in zone secche. “A fare da collante un lavoro sinergico con Enti e istituzioni sul territorio e la necessaria garanzia che il governo porti sul tema acqua anche tanta ricerca e tecnologia”.
Occhio al Po
Intanto un importante campanello d’allarme giunge dal fiume Po che è in secca con lo stesso livello idrometrico della scorsa estate ad inizio agosto per effetto della lunga assenza di precipitazioni con l’allarme siccità al nord proprio all’inizio della primavera quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere. E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti sul più grande fiume italiano in occasione della giornata mondiale dell’acqua (World Water Day) del 22 marzo istituita dalle Nazioni Unite nel 1992.
“Si tratta della conferma dei cambiamenti climatici in atto che hanno cambiato soprattutto la distribuzione temporale e geografica delle precipitazioni come dimostra la forte ondata di maltempo in atto nel meridione con bufere di neve e pioggia mentre al nord continua a splendere il sole. La sofferenza idrica al nord – continua la Coldiretti – mette a rischio le operazioni di semina delle principali coltivazioni come il mais e la soia necessarie per l’alimentazione degli animali in stalla ma anche le piantine di barbabietola sono già in campo”.
La mancanza di acqua a fine inverno preoccupa l’agricoltura poiché le riserve idriche sono necessarie per i prossimi mesi quando le colture ne avranno bisogno per crescere. Un fenomeno che si ripete nel tempo come conferma il fatto che in Italia mancano 5 miliardi di metri cubi di acqua rispetto a 50 anni fa, come rilevato dall’Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue (Anbi).
“Si registra in particolare l’aumento degli eventi climatici estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal maltempo alla siccità. La mancanza di acqua rappresenta l’evento climatico avverso più rilevante per l’agricoltura italiana con un danni stimati in media in un miliardo di euro all’anno soprattutto per le quantità e la qualità dei raccolti. Nonostante i cambiamenti climatici l’Italia resta un Paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente dei quali purtroppo appena l’11% viene trattenuto. Per risparmiare l’acqua, aumentare la capacità di irrigazione e incrementare la disponibilità di cibo per le famiglie abbiamo elaborato e proposto per tempo un progetto concreto immediatamente cantierabile”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “si tratta di un intervento strutturale reso necessario dai cambiamenti climatici caratterizzati dall’alternarsi di precipitazioni violente a lunghi periodi di assenza di acqua, lungo tutto il territorio nazionale”. Il progetto prevede la realizzazione di una rete di piccoli invasi con basso impatto paesaggistico e diffusi sul territorio, privilegiando il completamento e il recupero di strutture già presistenti.