ROMA – Una Russia che deve “combattere e difendersi” come ai tempi di Pietro il Grande e che non commetterà l’errore dell’Urss di chiudersi dietro a una “cortina di ferro”, ma resterà “aperta”. Davanti ai giovani imprenditori, Vladimir Putin traccia il solco del futuro di Mosca. Nessun passo indietro, anzi, una forte rivendicazione delle scelte fatte, perché nel mondo moderno “gli stati possono essere sovrani o colonie che non hanno la possibilità di sopravvivere. Non esiste uno stato intermedio”. Lo sguardo del leader del Cremlino è verso l’Asia, ma anche l’America Latina e l’Africa.
“La Russia – ribadisce ancora una volta – non può essere circondata da una recinzione” e le compagnie straniere che hanno cessato le attività sul suo territorio “se ne pentiranno, qui ci sono enormi opportunità”. Che il livello della tensione sia altissimo lo conferma la decisione della Corte suprema dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk di condannare a morte mediante fucilazione i tre combattenti stranieri attualmente nelle sue mani. Si tratta dei britannici Sean Pinner e Aiden Aslin e del marocchino Saadoun Brahim. L’accusa è quella di aver partecipato al conflitto come “mercenari” delle formazioni armate ucraine.
I tre possono presentare appello entro un mese. Durissima la replica di Downing Street, che parla di processo farsa mettendo in luce come, secondo la convenzione di Ginevra, i prigionieri di guerra abbiano diritto “all’immunità” dei combattenti. “Abbiamo detto più volte che i prigionieri di guerra non dovrebbero essere sfruttati per scopi politici”, rimarca Londra, dicendosi “profondamente preoccupata”. Sul campo il fronte più caldo resta quello di Severodonetsk, con l’esercito russo che ha bombardato l’impianto chimico Azot, dove nei bunker sotterranei sarebbero rifugiati circa 800 civili.
Altre centinaia di corpi, invece, sono stati trovati sotto le macerie degli edifici distrutti a Mariupol. Ancora in stallo la situazione sul grano, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che chiede l’esclusione della Russia dalla Fao, che lavora per risolvere il problema della “fame del mondo”, mentre Mosca con la sua aggressione “non garantisce la sicurezza alimentare e la stablizzazione del mercato globale”.
L’Ocse ha annunciato l’apertura di un ufficio a Kiev, mentre la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, in visita a Roma, ha promesso che l’Ucraina sarà ricostruita. “E’ un obbligo morale”, ha sottolineato.
Da Kiev prosegue anche il pressing per l’invio di armi. Il ministro della Difesa, Oleksii Reznikov, ha avuto una conversazione con l’omologo italiano Lorenzo Guerini, definita “produttiva”. L’Ucraina si è detta “in attesa” di ricevere “il terzo pacchetto di assistenza alla sicurezza da parte italiana”. Un appello a fare presto che si scontra con le divisioni nella maggioranza e in Parlamento.(LaPresse)