Obiettivi climatici, i Paesi arrancano

Nessuno stato raggiunge gli standard, Danimarca e Svezia verso le emissioni zero. I dati del Climate Change Index 2023 sulle performance di Stati e Organizzazioni internazionali: Italia in stallo a metà classifica

Foto Alessandro Bremec/LaPresse 18-10-2022 Milano, Italia - Cronaca - Smog su Milano. Nella foto: La vista dalle terrazze del Duomo October 18, 2022 Milano Italy - News - Smog over Milan. In the photo: The view from the terraces of the Duomo

NAPOLI – Quanto sono seri i Paesi rispetto ai loro impegni climatici? A questa domanda cerca di rispondere il Climate Change Performance Index 2023, il rapporto pubblicato ieri sulla performance climatica dei principali Paesi del pianeta. Le performance analizzate nel rapporto annuale hanno come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030 e vengono misurate attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica. L’Italia è sostanzialmente in stallo nel contrasto alla crisi climatica: il Belpaese guadagna, infatti, appena una posizione rispetto allo scorso anno, è 29esima anziché 30esima. A pesare sul risultato italiano sono principalmente il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza.

Nel mondo
In cima alla classifica i Paesi scandinavi che continuano a guidare la corsa verso emissioni zero, nonostante la crisi energetica. Danimarca e Svezia, nello specifico, si posizionano rispettivamente al quarto e quinto posto, soprattutto grazie al loro impegno per l’abbandono delle fonti fossili e nello sviluppo delle rinnovabili. Le seguono Cile, Marocco e India che rafforzano l’azione climatica, nonostante le loro difficili situazioni economiche. In fondo alla classifica troviamo, invece, Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Iran, Arabia Saudita e Kazakistan. La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, scivola al 51esimo posto perdendo ben 13 posizioni rispetto allo scorso anno. Un gradino più in basso, al 52esimo posto, si piazzano gli Stati Uniti, secondo emettitore globale che però guadagna tre posizioni rispetto allo scorso anno. Tra i Paesi del G20, solo India (8^), Regno Unito (11°) e Germania (16^) si posizionano nella parte alta della classifica, mentre l’Unione Europea sale di tre gradini rispetto allo scorso anno, raggiungendo il 19esimo posto grazie a nove Paesi posizionati nella parte alta della classifica, frenata però dalle pessime performance di Ungheria e Polonia che continuano a essere fanalino di coda.

Italia
Per l’Italia si evidenzia un sostanziale immobilismo nella performance climatica dovuto al rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili, che vede l’Italia 33esima nella classifica specifica, e a una politica climatica nazionale ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza climatica. L’attuale Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), infatti, consente un taglio delle emissioni di appena il 37% rispetto al 1990 entro il 2030. Secondo Climate Analytics, in Italia è possibile raggiungere almeno il 60% nel mix energetico e fino al 90% nel mix elettrico entro il 2030 e arrivare al 100% di rinnovabili nel settore elettrico già nel 2035, creando così le condizioni per giungere alla neutralità climatica ben prima del 2050. Una scelta già fatta dalla Germania, che si è impegnata a raggiungere la neutralità climatica entro il 2045 con il 100% di produzione elettrica rinnovabile entro il 2035. Per raggiungere l’obiettivo del 45% previsto da REPowerEU sono sufficienti circa 10 GW di nuovi impianti l’anno, ossia 85 GW di rinnovabili entro il 2030.

Che fare
“Serve una drastica inversione di rotta – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Si deve aggiornare al più presto il PNIEC per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti, in linea con l’obiettivo di 1.5°C, di almeno il 65% entro il 2030. Andando, quindi, ben oltre l’obiettivo del 51% previsto dal PNRR e confermando il phase-out del carbone entro il 2025, senza ricorrere a nuove centrali a gas. L’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65%, soprattutto grazie al contributo delle rinnovabili, ma deve velocizzare sia gli interminabili iter di autorizzazione dei grandi impianti industriali alimentati dalle fonti pulite sia quelli delle comunità energetiche, causati soprattutto dai conflitti tra ministero dell’ambiente e della cultura e dalle inadempienze delle regioni”.

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