ROMA (Maria Bertone) – Sono ore febbrili, queste, per l’Italia: ore in cui si cerca di trovare una soluzione che ci tolga dall’impasse che va avanti dal 4 marzo, causata da una legge elettorale appositamente studiata per arrivare a questo punto. O forse no, l’arroganza e la sicumera di un risultato che poi non è arrivato aveva fatto credere, a Matteo Renzi e Silvio Berlusconi in primis, che i loro piani sarebbero andati a buon fine. E invece la valanga grillina ha spazzato via ogni accordo pre-elettorale, lasciando i vecchi due poli con un palmo di naso e gli italiani senza un governo. In attesa che, a breve, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella comunichi la sua decisione, alla fine dell’odierno giro di consultazioni, sono due gli interrogativi che tengono impegnati gli elettori. Uno politico, l’altro pratico.
Cambiare tutto per non cambiare niente
Che senso ha tornare a votare a luglio, come è emerso qualche ora fa, con la stessa dannata legge elettorale? Il rischio che si venga a creare, a così breve distanza dal 4 marzo, una nuova situazione di ingovernabilità, con tre blocchi che non hanno i numeri per ottenere la leadership né l’intenzione di dialogare, è reale. Per quanto i sondaggisti giurino che le cose cambieranno – che il Movimento 5 Stelle perderà consenso a favore del centrosinistra, o che la Lega aumenterà le sue preferenze rispetto a Forza Italia – è difficile immaginare che si tornerà al bipolarismo sul quale si è retto per sessant’anni il Paese. E’ un salto nel vuoto, a meno che Salvini, Renzi e Di Maio non si doteranno di provvidenziali paracadute prima di tornare alle urne.
Il peso sulle casse dello Stato
Passiamo all’altra questione, che più della prima fa rabbia agli italiani. Tornare al voto costa. Ogni tornata elettorale ha costi notevoli per poter essere organizzata. Vengono coinvolti diversi Ministeri, il personale della pubblica amministrazione a diversi livelli, le forze dell’ordine. Si stima che per le scorse Politiche siano stati spesi 400 milioni di euro di soldi pubblici. Nostri. Con gli altri 400 milioni che serviranno per il voto ‘balneare’ si arriva a 800 milioni in pochi mesi. Un peso che l’Italia, anzi, gli italiani, preferirebbero non sostenere.
E allora che si fa? Intanto che i partiti dialogano, arroccati come sono ognuno sulle loro posizioni ma ugualmente desiderosi di non mollare la poltrona, non resta che aspettare: attendiamo l’annuncio di Mattarella, e nessuno sarà choccato. Bere o affogare, gli italiani sono già abituati.