Addio Giorgio Napolitano, gigante della Repubblica

NAPOLI – Non ha mai amato la ribalta, nonostante l’impegno politico lo abbia portato a ricoprire le più importanti cariche istituzionali. Se n’è andato dopo anni di silenzio, lontano dai riflettori, trascorsi dopo essere sceso dal Colle più alto il 14 gennaio 2015. E’ morto alla clinica Salvator Mundi al Gianicolo di Roma Giorgio Napolitano, 98 anni compiuti il 29 gennaio scorso, Presidente emerito della Repubblica, primo a essere rieletto al Quirinale, senatore a vita, dirigente di punta, per una vita, del Partito comunista italiano. La sua giovinezza in via Monte di Dio, luogo dell’anima che non ha mai abbandonato, il liceo classico tra i banchi dell’Umberto, sezione C, e la laurea in Giurisprudenza immediatamente dopo la fine definitiva del fascismo prima e della monarchia poi. Eletto alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1953 e ne ha fatto parte – tranne che nella IV legislatura – fino al 1996, riconfermato sempre nella circoscrizione di Napoli. Solido il rapporto con praticamente tutti i protagonisti della vita sociale partenopea, a cominciare dall’amico Maurizio Valenzi, che fu sindaco comunista a Palazzo San Giacomo. La politica l’ha vissuta, ne ha guidato i processi, si è battuto contro la Democrazia Cristiana, ma soprattutto non ha mai smesso di studiarla, di provare a costruire ponti e alimentare una visione europeista, in tempi in cui il mondo vedeva soltanto due strade, quella verso Washington e quella verso Mosca. Monogamo radicale, come amava definirsi, nel 1959 sposò in Campidoglio Clio Maria Bittoni, con la quale ha avuto due figli, Giovanni e Giulio, che gli è stata accanto fino all’ultimo respiro. Nel 1975 ha pubblicato il libro “Intervista sul PCI” con Eric Hobsbawm, tradotto in oltre 10 paesi. Del 1979 è il libro “In mezzo al guado” riferito al periodo della solidarietà democratica (1976-79), durante il quale fu portavoce del PCI – e lo rappresentò nei rapporti con il governo Andreotti – sui temi dell’economia e del sindacato. Di pari passo gli incarichi politici e parlamentari. Ha fatto pare della commissione Bilancio e Partecipazioni Statali, concentrandosi sui problemi dello sviluppo del Mezzogiorno e sui temi della politica economica nazionale. Nel partito, invece, era dall’altra parte della barricata rispetto al segretario Enrico Berlinguer, sempre, però, con quel garbo nella dialettica che nella politica è praticamente scomparso. Nella VIII (dal 1981) e nella IX Legislatura (fino al 1986) è stato capogruppo del Partito comunista a Montecitorio. E negli stessi anni il comunista che sapeva guardare all’America, si è impegnato sui problemi della politica internazionale ed europea, sia nella Commissione Affari Esteri della Camera, sia come membro (1984-92 e 1994-96) della delegazione italiana all’Assemblea dell’Atlantico del Nord.

Il ‘migliorismo’

E’ stato il leader del ‘migliorismo’, la corrente comunista che accettava il capitalismo e provava a costruire un dialogo più intenso con il mondo socialista. Dal 1989 al 1992 è stato anche membro del Parlamento europeo. Le luci della ribalta si sono accese su Napolitano sempre in momenti di crisi profondissima. E’ stato sullo scranno più alto di Montecitorio dal 3 giugno 1992 all’aprile del 1994, mentre la Prima Repubblica crollava sotto i colpi di scandali, tangenti, manette, monetine, referendum e bombe della mafia. Dopo la bufera e l’uscita dal Parlamento entra per la prima volta in un governo, quello guidato da Romano Prodi, come Ministro dell’interno e per il coordinamento della protezione civile fino all’ottobre del 1998. Poi il ritorno a Bruxelles diversi incarichi legati anche a un riconoscimento che gli è stato attribuito di uomo di dialogo, di comunista aperto al mondo moderato e atlantista. Al punto che il 23 settembre 2005 viene nominato senatore a vita dall’allora Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi.

Presidente della Repubblica

Pochi mesi dopo, però, il centrosinistra, uscito vincitore di misura dalle precedenti Politiche, gli affida, il 10 maggio 2006, il Quirinale con 543 voti. Critici, e molto, i suoi anni da Presidente. Il tracollo economico, la fine del berlusconismo, le accuse incrociate di essere fin troppo dialogante con il leader di Forza Italia, l’ondata di antipolitica, l’ascesa del Pd dell’allora rottamatore Matteo Renzi. Il 20 aprile 2013 viene rieletto, primo della storia italiana a essere riconfermato al Quirinale. Il Parlamento è nello stallo più totale dopo il fallito tentativo di eleggere Franco Marini. Napolitano pone le condizioni: accetta a tempo e si dimette, come promesso, il 15 gennaio 2015, aprendo la strada all’elezione di Sergio Mattarella, che otto anni dopo è ancora sul Colle. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati più che altro dalle cattive condizioni di salute e dalle polemiche per il caso delle intercettazioni non penalmente rilevanti raccolte dalla procura mentre parlava al telefono con l’ex ministro Nicola Mancino, sulle quali ci sono stati interventi per farle distruggere e per i rapporti con Berlusconi prima e con Renzi poi. E poi l’accusa di essere troppo interventista, tanto da ‘meritarsi’ il soprannome di ‘Re Giorgio’ e poco super partes nell’esercizio del ruolo di garanzia peculiare del Capo dello Stato. Aspetti che hanno innescato l’ondata di vile odio social che ha avvelenato anche le ultime ore. L’Italia è un Paese che dimentica in fretta, troppo in fretta. La Storia, però, smussa gli spigoli e cristallizza l’essenziale. E non potrà non raccontare alle generazioni che verranno di un ragazzo di via Monte di Dio arrivato sul Colle più alto. Un gigante.

L’università, il caffè e il mondo politico: “Ha difeso lo Stato”

L’Italia intera è in lutto per la morte del Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano. Anche davanti a una carriera politica da assoluto gigante della Repubblica, però, è più intimo e intenso il ricordo che arriva dalle radici di una storia. E per il due volte Capo dello Stato, quelle radici sono a Napoli e in Campania. All’ombra del Vesuvio in tanti hanno condiviso i loro ricordi e, prima di tutto, il loro ringraziamento per l’impegno di un’intera vita al servizio del Paese. “Ci ha lasciato Giorgio Napolitano, l’ultimo in ordine temporale dei tre presidenti della Repubblica che si sono formati presso il nostro Ateneo. Era molto legato alla sua Università, presso la quale già da giovane studente di giurisprudenza si è distinto come rappresentante eletto anche in seno agli organi studenteschi nazionali. È stato un uomo politico che ha gestito momenti delicatissimi della nostra Repubblica, e che ha fatto scelte difficili e necessarie. Lo ricordiamo con ammirazione ed affetto, faremo in modo che la sua figura di uomo delle istituzioni e di grande statista, che ci piace pensare essersi formata anche tra i banchi delle nostre aule, sia ricordata adeguatamente nell’Ateneo federiciano, soprattutto a beneficio dei nostri giovani”, ha spiegato il rettore dell’Università Federico II, Matteo Lorito. A due passi da via Monte di Dio, dove è nato è cresciuto, c’è il Caffè Gambrinus, dove Napolitano era di casa: “Veniva spesso, ogni volta che poteva, da Presidente della Repubblica. Si fermava qui per poco, magari prima di una riunione in prefettura oppure quando veniva in visita privata. E ogni volta per lui era un bagno di folla, c’era sempre gente che lo applaudiva”, ricorda a Lapresse Arturo Sergio, uno dei titolari dello storico bar di piazza Trieste e Trento. E poi c’è l’emozione e la riconoscenza della politica e della società civile. “Con Napolitano scompare una delle figure più eminenti della vita politica del nostro Paese, un esponente tra i più autorevoli della classe dirigente meridionale, espressione da sempre di una cultura riformista e meridionalista. E’ stato una figura lontana da ogni demagogia.

Il cordoglio

Da Presidente è stato esempio di correttezza, di imparzialità e senso dello Stato”, ha detto il presidente della Regione, Vincenzo De Luca. Il Comune di Napoli ha deciso immediatamente dopo la notizia della morte del Presidente emerito, di esporre la bandiera a mezz’asta. “Ha sempre difeso i principi fondamentali della Costituzione ed ha rappresentato Napoli ai massimi livelli con uno straordinario senso delle istituzioni”, ha dichiarato il sindaco Gaetano Manfredi. Chi a Napolitano è stato molto più vicino, però, è uno dei predecessori dell’ex rettore, Antonio Bassolino: “Grande è la tristezza e profondo è il mio dolore per la scomparsa di Napolitano. E’ stato un protagonista assoluto della vita politica e istituzionale ed una personalità di primo piano anche nel panorama internazionale”, ha commentato l’ex governatore della Campania. Il presidente del Calcio Napoli campione d’Italia, Aurelio De Laurentiis, ha ricordato così Napolitano: “Ci lascia un personaggio che da Presidente della Repubblica ha dominato la scena politica italiana per nove anni. Ho avuto la possibilità di incontrarlo più volte e abbiamo sempre avuto dialoghi di grande spessore”. “Il suo impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno e la convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie sono un’eredità che ci servirà per il nostro futuro e per le future generazioni. Se na va un gigante della politica e delle istituzioni”, ha dichiarato il Péresidente di Anci Campania, Carlo Marino e sindaco di Caserta, Carlo Marino. Non è mancato il pensiero del mondo sindacale e di esponenti politici campani di ogni partito, da Marco Sarracino a Mara Carfagna. E quello della fondazione intitolata a chi è stato certamente un suo amico, l’ex sindaco Maurizio Valenzi: “Il suo impegno e il suo amore per Napoli sono stati uno dei fili conduttori del suo percorso personale e politico”, il pensiero degli attuali vertici della Fondazione. E’ il tempo dell’emozione. E della gratitudine.
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