Afghanistan, 531 i profughi ospitati ad Avezzano, in arrivo altri 300

Foto Ufficio Stampa Ministero Difesa/LaPresse14 giugno 2021 Roma, ItaliaPolitica Atterrati questa mattina in Italia all'aeroporto di Fiumicino i primi interpreti afgani e le loro famiglie. Primo aereo con a bordo 82 tra collaboratori civili afgani e relative famiglie che hanno supportato nel tempo il contingente italiano in AfghanistanDISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE

L’AQUILA – Sono 531 i profughi afghani ospitati da ieri sera all’interporto di Avezzano, in provincia dell’Aquila. Entro oggi ne arriveranno altri 300. Nei primi 7 pullman entrati nel centro, poche ore fa, per la maggior parte c’erano donne, bambini e anziani. Dopo una decina di ore all’aeroporto di Fiumicino per i test antigenici anti covid e altri accertamenti, in nottata 300 persone sono state accompagnate nella struttura marsicana. Nella cittadella del Fucino, tra le più grandi attrezzate in Italia per l’accoglienza a chi è in fuga da Kabul, sono state montate oltre una cinquantina di tende bianche con moduli provvisori e altre strutture: servizi igienici, mense e aree attrezzate. Le famiglie vengono ospitate nelle tensostrutture riscaldate e accoglienti. I nuclei familiari non vengono divisi. Diversamente abili e persone che hanno bisogno di cure vengono subito prese in carico dal personale Asl.

Questa mattina 15 operatori della Asl, con l’aiuto di alcuni cooperatori, hanno cominciato le vaccinazioni anti covid19 a tutti gli ospiti.

I comitati della provincia dell’Aquila della Croce Rossa, impegnata nel campo con una cinquantina di volontari provenienti anche da altre regioni, stanno raccogliendo prodotti per l’igiene della persona, capi di abbigliamento e maglieria intima. L’area è presidiata dalle forze dell’ordine e sorvolata anche da droni per garantire massima sicurezza.

Dopo un periodo di isolamento, limitato a 7 giorni se i tamponi per covid risultano negativi, le famiglie saranno accompagnate in altri luoghi di destinazione per vivere in strutture adatte ai nuclei familiari ed entrare così nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) garantito dal ministero dell’Interno.

(LaPresse)

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