Appalti e politica, in 28 sotto inchiesta

Appalti e politica, in 28 sotto inchiesta
Appalti e politica, in 28 sotto inchiesta

CASERTA – Gli anni già trascorsi in carcere per la vicinanza al clan dei Casalesi e l’aver dovuto dire addio a buona parte dei suoi beni non l’hanno fermato, anzi. Nicola Ferraro, alias Fucone, imprenditore ed ex consigliere regionale dell’Udeur, avrebbe continuato a delinquere in nome della mafia: a sostenerlo sono i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta. Nel tenere accesi i riflettori sui rapporti tra politici, imprenditori e personaggi legati al clan, i militari dell’Arma sono riusciti a delineare i contorni di un sistema affaristico che ruoterebbe proprio intorno a Ferraro. Il businessman (già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) avrebbe infiltrato in Comuni e aziende sanitarie alcune società a lui riconducibili attive nei settori dell’igiene urbana e della sanificazione di ambienti ospedalieri. Insomma, sfruttando la sua fitta trama di relazioni, fatta da politici e funzionari, costruita anche grazie al proprio peso mafioso (e ai collegamenti con cosche partenopee), sarebbe stato in grado di far ottenere a ditte a lui collegate o ad aziende amiche numerosi appalti pubblici. E parte dei soldi guadagnati sarebbero stati destinati, affermano i carabinieri, proprio al clan dei Casalesi. Nelle scorse ore, per trovare nuovi elementi che vadano a puntellare questa ipotesi investigativa (tutta ancora da dimostrare), i carabinieri, su delega del pubblico ministero Maurizio Giordano, hanno perquisito abitazioni private e uffici di alcuni dei personaggi coinvolti in questa inchiesta. E non sono pochi.

Nicola Ferraro nella complicata impresa di tenere in piedi questo sistema criminale sarebbe stato aiutato dal fratello Luigi: quest’ultimo avrebbe partecipato a diversi incontri con quelli che gli investigatori ritengono essere gli uomini di fiducia di Fucone. Ci riferiamo a Domenico Romano e a suo zio Vincenzo Agizza che, stando a quanto accertato dai militari, sarebbero stati in passato imprenditori di riferimento del clan Nuvoletta. E da questi businessman i Ferraro avrebbero ricevuto mazzette: soldi che arrivavano ai Ferraro, questa è la tesi a cui stanno lavorando i carabinieri, per ripagarli dell’impegno profuso nel fare inserire loro o altre imprese nel giro di appalti pubblici.

Nell’elenco delle persone sottoposte ad indagini ci sono pure Paolo Onofrio, che avrebbe partecipato a diversi incontri avuti da Fucone con imprenditori e politici, e Antonio Moraca, agente di commercio di prodotti per la sanificazione e procacciatore d’affari. Per gli inquirenti si tratta dell’alter ego di Nicola Ferraro: sarebbe stato lui ad avere i contatti con i manager.

La Dda ha acceso i riflettori pure su Luigi Bosco, ex consigliere regionale della Campania, in odore di candidatura  alle elezioni europee con Azione: per i militari il politico è un interlocutore frequente dei fratelli Giuseppe e Luigi Rea, imprenditori attivi nel settore della sanificazione sanitaria. E’ stato documentato un suo incontro con Domenico Romano e Luigi Rea, il quale, subito dopo la chiacchierata con il politico, si recava da Fucone.

Fari puntati pure su Crescenzo Castiello, che per i carabinieri probabilmente ha fatto da tramite tra Romano e Umberto Frattini, ritenuto connesso al clan Mariano di Napoli (cosca dei quartieri Spagnoli).

Bosco non è il solo politico tirato in ballo nell’inchiesta: c’è pure Angelo Ciampi, primo cittadino di San Giorgio del Sannio, che di recente ha affidato l’appalto per il servizio di igiene urbana alla Czeta, società riconducibile a Ilario Aniello.

Nel documento redatto dal sostituto procuratore Giordano con cui ha motivato le perquisizioni eseguite ieri, vengono citati anche numerosi imprenditori che direttamente e indirettamente avrebbero avuto contatti con il sistema Ferraro. Tra questi ci sono Carlo Ciummo, amministratore della Super Eco, società che si occupa della raccolta rifiuti, nata dalle ceneri della Eco Ego del papà Vittorio. E la lista prosegue con Dario De Gregorio, Antonio Montanino, Davide Gallo e Vincenzo Solaro, protagonisti di un incontro che ha richiamato l’attenzione dei carabinieri avvenuto l’11 settembre scorso presso la sede della Artemide Global Service, a Pastorano, azienda riconducibile proprio a Antonio Montanino. E nel corso di quel meeting c’è stato un insolito passaggio di una busta da Solaro a Domenico Romano (che ha catturato l’interesse dei militari).

Nicola Ferraro e Luigi Ferraro

La Dda sta dedicando attenzione pure ad Antonio Innocente, amministratore unico della Pam. Le indagini svolte finora hanno fatto emergere che sul conto di questa società sono arrivati 55mila euro da una ditta dei Rea e poco dopo sono stati prelevati in contanti. L’attività investigativa coordinata dall’Antimafia ha coinvolto pure Pietrapolo Ferraiuolo, zio dei fratelli Ferraro, Felice Foresta, il sindaco di Arienzo, Giuseppe Guida, Aniello e Carlo Ilario della Czeta, Eugenia Iemmino, direttrice commerciale della Dussmann Service, di proprietà di una holding tedesca che opera in Italia come multiservizi nel settore delle pulizie, Anna Lanzuolo, moglie di Romano, i già citati Rea, Giuseppe Rubino, direttore della Tineso srl, e Massimo Sibilio, funzionario della Soresa.

Pietropaolo Ferraiuolo

Insomma, uno scenario intricato, che sarebbe condito da un giro di bustarelle, ombre mafiose e imprenditori pronti a spingersi oltre il limite per ottenere appalti. Il tutto con la regia di Nicola Ferraro. Questo è almeno il disegno tracciato dai carabinieri coordinati dal pm Maurizio Giordano della Dda di Napoli. Ma si tratta soltanto di uno schema preliminare: quelle contenute nel decreto che ha autorizzato le perquisizioni sono solo ipotesi investigative che dovranno essere approfondite e, se la Procura di Napoli deciderà di portarle avanti, vagliate da giudici terzi. Non è da escludere che il proseguo dell’investigazione faccia emergere l’estraneità degli attuali indagati (da ritenere tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna) alle condotte illecite tracciate.

La confisca milionaria e i rapporti con i boss

CASERTA (fr.pa.) – L’attenzione della magistratura su Nicola Ferraro e sulla sua capacità di fare ancora affari nonostante le accuse e i processi non è mai calata. Pochi mesi fa le forze dell’ordine hanno confiscato all’ex politico e imprenditore beni, partecipazioni societarie, rapporti finanziari e bancari, indennità e somme derivanti dal vitalizio consiliare, per un valore complessivo di circa 2,5 milioni di euro. La confisca, dopo la condanna della Corte d’Appello per concorso esterno in associazione mafiosa, era stata l’epilogo di una lunga indagine con la quale gli investigatori hanno ricostruito nel dettaglio gli asset patrimoniali e finanziari nella disponibilità diretta ed indiretta di Ferraro, riconosciuto dalla giustizia come imprenditore e politico colluso con i reggenti del clan dei Casalesi – fazioni Schiavone e Bidognetti, già in anni precedenti alla sua elezione al Centro direzionale, sede del consiglio regionale della Campania, avvenuta nel 2015. Un ruolo da intermediario che i magistrati potrebbero contestare a Ferraro, e non solo, anche in occasione dell’inchiesta che ha portato alla nuova perquisizione nei suoi confronti. Secondo gli inquirenti ora avrebbe puntato al grande affare della sanificazione degli ospedali e delle pubbliche amministrazioni Appalti che fanno gola, oggi come ieri, al clan dei Casalesi.

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