Atene chiama Roma?

Tutto come previsto. Le nuove elezioni anticipate in Grecia, convocate appena un mese dopo quelle dello scorso mese di maggio, hanno decretato la vittoria del centrodestra del premier Kyriakos Mitsotakis. Nuova Democrazia, il suo partito, ha ricevuto circa il 40% dei voti, ma a differenza delle trascorse consultazioni finite praticamente in parità, sul piatto, questa volta, c’era anche il  premio di maggioranza previsto dalla nuova legge elettorale. Risultato: il partito di Mitsotakis si è visto assegnare 158 seggi sui 300 che costituiscono il “Voulì ton Ellìnon” il parlamento monocamerale ellenico. Un messaggio che arriva chiaro e forte dalla patria dell’antica cultura e della democrazia: solo un sistema maggioritario con tanto di premio di maggioranza è in grado di scongiurare la paralisi di formare una maggioranza omogenea, stabile e coesa così da realizzare un governo che sia realmente degno di questo nome. Se, infatti, fosse rimasto il vecchio sistema proporzionale della precedente tornata, si sarebbe ripetuta la condizione di ingovernabilità. Questo con buona pace di quello che continuano a propugnare alcuni stolti italici i quali, dopo aver optato per il semi-proporzionale, si affannano a chiedere un meccanismo interamente proporzionale!! Nel nostro Paese, grazie al dietrofront di Forza Italia, del Pd e del M5S, si è compiuto, con il “Rosatellum”, un delitto politico elettorale che ci ha consegnato ben tre esecutivi in una legislatura, dei quali due di segno politico diametralmente opposto (uno con la Lega, l’altro con i Dem) con a capo il…medesimo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte!! Se abbiamo un governo che non sia un pastrocchio creato contro il volere degli elettori, come accaduto con il sedicente “Avvocato del popolo”, lo dobbiamo al successo riscosso da Fratelli d’Italia ed alle alleanze strette sui collegi uninominali all’interno del centrodestra. Sarebbe pertanto auspicabile tornare al maggioritario puro con collegi anche plurinominali (liste di tre candidati per partito) per uscire definitivamente dall’empasse. In tal modo, infatti, si eserciterebbe la scelta del candidato e la vittoria nel collegio assegnata al partito oppure alle coalizione risultata più gradita agli elettori. Un siffatto sistema creerebbe esecutivi stabili e duraturi, meglio ancora se il cittadino potesse scegliere direttamente il premier individuato come il capo della coalizione o dello schieramento più votato al quale poi accordare il premio di maggioranza, con una congrua soglia percentuale da determinare. I Greci confermando Kyriakos Mītsotakīs, hanno ribadito che la stella di Alexīs Tsipras e del suo partito di Sinistra (Syriza), sembra definitivamente tramontata e con essa l’originale piattaforma politica di ribellione alla Ue ed alle banche che avevano prestato soldi al disastrato ma munifico – dal punto di vista assistenziale – bilancio ellenico. Sono ancora fresche nella memoria collettiva le intemerate del ministro dell’Economia di Tsipras, l’economista Gianīs Varoufakīs, il quale predicava la nazionalizzazione delle banche e l’avvio di forti politiche sociali immemore del fatto che a piazza Sintagma ad Atene, sede del governo, fossero da tempo in braghe di tela. Insomma, quella sbandierata ai quattro venti era una politica radicale ed anti capitalistica oltre che irreale dovendosi ancora ripagare i prestiti concessi dagli istituti di credito esteri. Un piglio rivoluzionario, quello dei due nuovi dioscuri, che accese non poco i cuori della sinistra italiana antagonista, trasferitasi in Grecia in massa la notte della vittoria di Tsipras, per inneggiare alla nuova icona del socialismo e dell’assistenzialismo in una nazione, quella Ellenica, che pure può vantare una mezza dozzina tra partiti socialisti e comunisti ancora in servizio permanente effettivo. Tuttavia le leggi europee ed i vincoli della finanzia internazionale portarono lentamente a più miti consigli i governanti di Atene costringento Tsipras a tornare sui suoi passi avventati. Abbiamo ereditato dalla Grecia già nei secoli antecedenti la nascita di Cristo, moltissime cose: la lingua, la filosofia, la storia, la matematica e le scienze. Discipline che furono la base della cultura dell’antica Roma. Ma ancor di più abbiamo ereditato da quel Paese il concetto del potere dato al popolo riassunto nel celebre termine “Democrazia”. Ancorché questa fosse priva dell’odierno suffragio universale e dunque si trattasse di una “democrazia” limitata per genere, casta e censo, i Greci ebbero in ogni caso una notevole influenza sulla pratica politica e sul governo dello Stato, anticipando anche i fenomeni di devianza e di corruzione connaturati con la libertà di decidere dal basso. Per capirci: ai tempi del massimo sviluppo di Atene, Pericle statista e stratega di grande valore, uomo di cultura immensa, aveva magnanimamente fatto costruire, a proprie cure e spese, molte opere pubbliche. Tuttavia il demos (il popolo) mal sopportava che quelle opere portassero l’iscrizione “Fatta da Pericle”. Il politico ateniese decise allora di farle edificare a spese della Città, evitando, in tal modo, di apporvi il proprio nome. Ebbene, in questo caso la storia ci insegna che la mediocrità, l’invidia ed il rancore verso la ricchezza sono presenti in mezzo al popolo. Allora come oggi. A quei tempi così come tristemente accade in pieno terzo millennio in Italia. Che dire? Atene chiama sempre Roma nella grandezza ma anche e soprattutto nelle umane miserie…

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