Brexit, terzo voto improbabile: May deve trovare una soluzione entro metà aprile

La premier ammette: "Segnali contrastanti dal Parlamento"

Foto LaPresse / AFP in foto Theresa May

LONDRA – L’accordo sulla Brexit non ha il “sostegno sufficiente” al Parlamento britannico per essere sottoposto una terza volta al voto dei deputati. A dichiararlo è stata la premier Theresa May, che ha negoziato quell’intesa con Bruxelles, mentre l’adozione dell’intesa è la condizione posta dall’Unione europea per un’uscita ordinata del Regno Unito dal blocco, con data rinviata al 22 maggio. Il Paese avrebbe dovuto teoricamente lasciare l’Ue il 29 marzo a mezzanotte, poco meno di tre anni dopo il referendum del giugno 2016. Ma May non è riuscita a raccogliere il consenso dei parlamentari e quindi è stata costretta a chiedere ai leader europei un rinvio. I 27 hanno offerto una scelta: se l’accordo verrà votato il Paese potrà uscire dall’Ue in modo ordinato, con un breve rinvio al 22 maggio, se invece sarà respinto Londra avrà tempo fino al 12 aprile per decidere se tenere le elezioni europee, cosa che permetterebbe di chiedere una nuova proroga. Altrimenti, la strada è quella di un’uscita senza accordo, quel no deal che May sta disperatamente cercando di evitare.

“Continuo a discutere con i colleghi della Camera per trovare il sostegno, in modo che si possa organizzare un voto in settimana”, ha detto May a Westminster, poche ore prima che i deputati si esprimessero sull’emendamento pensato per passare il controllo della situazione al Parlamento. In gioco c’è la possibilità per i deputati di aver voce in capitolo sulla futura relazione con l’Ue, sul mercato unico, su un nuovo referendum, o sulla revoca del divorzio. L’approvazione costituirebbe una nuova umiliazione per May, dopo le due bocciature dell’intesa. “Continuo a credere che sarebbe un precedente indesiderabile, che come risultato ribalterebbe l’equilibrio delle nostre istituzioni democratiche”, ha detto May, sottolineando che il governo è contrario all’emendamento.

Intanto, nell’incertezza generale, la Commissione europea ha previsto che una Brexit senz’accordo è “sempre più probabile”. Avvertendo, in una nota in cui ha dichiarato di aver concluso i preparativi per lo scenario no deal, che ciò “creerà disagi significativi ai cittadini e agli ambienti imprenditoriali”. Lunedì mattina May ha discusso della situazione con i suoi ministri e in seguito il portavoce ha soltanto dichiarato che “c’è una vera determinazione a trovare un mezzo che permetta al Regno Unito di lasciare con un accordo e di rispettare il risultato del referendum al più presto”. Già domenica la leader conservatrice aveva riunito vari membri del governo e influenti brexiters, nella sua residenza di campagna di Chequers, tra cui l’ex titolare degli Esteri Boris Johnson e il presidente del gruppo dei ‘falchi’ pro-Brexit European Research Group, Jacob Rees-Mogg. Il suo scopo era convincerli ad appoggiare l’intesa. Ed è in questa occasione che, secondo alcuni commentatori politici, alcuni esponenti politici avrebbero tentato di scambiare il proprio appoggio con la promessa di dimissioni di May. Nel frattempo, continua a raccogliere firme la petizione lanciata online la scorsa settimana per chiedere al governo di rinunciare alla Brexit, arrivata lunedì a 5,5 milioni di sottoscrizioni.

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