CASAL DI PRINCIPE – Rischiano di deludere: i pentimenti dei mafiosi di vertice, a volte, almeno mediaticamente, sembrano non riuscire mai a soddisfare le aspettative che avevano creato nei cittadini. Ci si attende che le dichiarazioni rese da un capocosca ai magistrati debbano innescare, in tempi brevi, retate imponenti, svelare subito i suggestivi intrecci tra mafia e politica e consegnare allo Stato i loro tesori illegalmente accumulati. E invece gli effetti di una collaborazione con la giustizia emergono nel lungo periodo: serve pazienza, sono necessari sacrifici e (soprattutto) volontà investigativa, perché per consentire a quelle informazioni di determinare delle conseguenze giudiziarie sono essenziali sacrosanti riscontri (a tutela di tutti). E a volte arrivano dopo anni (e spesso anche in modo casuale).
Il contributo di Sandokan jr
Nicola Schiavone, primogenito di Francesco Sandokan, fondatore del clan dei Casalesi, sta collaborando con la giustizia dall’estate 2018: come è accaduto per il sanciprianese Antonio Iovine ‘o ninno, che parla con i magistrati dal 2014, anche intorno al suo pentimento si avverte, ormai, una sensazione di delusione e diversi, infatti, sono i cittadini con cui ci siamo confrontati che gli imputano l’aver fatto trovare solo qualche orologio di lusso: circostanza non propriamente vera.
Al netto degli arresti e delle condanne che ha contribuito a innescare, al netto dei sequestri di beni che ha già fatto scattare, è molto probabile che abbia detto ai magistrati anche molto altro che però, almeno per ora, non è ancora emerso, perché tutt’ora oggetto di approfondimenti investigativi. E uno dei temi che sicuramente resta al centro dell’attenzione degli investigatori riguarda i personaggi che hanno custodito e custodiscono i guadagni della cosca Schiavone, magari investiti in attività commerciali o immobili.
‘o Palumm
In una recente indagine della Dia, tesa a tracciare le attività imprenditoriali, in odore di mafia, di cui si sarebbe reso protagonista Nicola Schiavone ‘o russ (classe 1978, nipote di Sandokan), è saltata fuori la figura di Maurizio Schiavone ‘o palumm.
Viene tirato in ballo nel corso di una conversazione avuta da ‘o russ, nella primavera di tre anni fa, con i suoi genitori e con i fratelli: durante quella chiacchierata, riassume la Dia in una nota, sostengono che Maurizio Schiavone era stato il principale detentore del denaro riconducibile proprio al figlio di Sandokan e che ancora oggi lui e la sua famiglia sarebbero stati intestatari di immobili in realtà sempre di proprietà dell’ex reggente del clan dei Casalesi. E Luigi Schiavone, papà di ‘o russ, intervenne nella discussione domestica aggiungendo che non era plausibile che Maurizio e i suoi fratelli, senza il presunto apporto del boss, avessero potuto fare gli ingenti investimenti di cui si erano resi protagonisti.
Non è la prima volta, in realtà, che ‘o palumm finisce in qualche atto dell’Antimafia. Di lui, ha ricostruito la Dia, avevano riferito già vari collaboratori di giustizia, e tra questi c’è Francesco Della Corte. In un suo interrogatorio, reso nell’estate del 2010, lo identificò come “un imprenditore che era sempre molto vicino a Paolo Corvino. Il suo finanziatore – proseguì – era Nicola Schiavone, come confermatomi dallo stesso Nicola. In particolare negli ultimi anni – aggiunse – ne ho parlato con Nicola il quale mi confermò che Maurizio riciclava i suoi soldi”.
È evidente che quanto avevano raccolto gli investigatori almeno fino al 2010 su ‘o palumm non era stato ritenuto sufficiente (magari anche tracciato come non vero) per procedere con eventuali azioni giudiziarie nei suoi confronti.
Aspettando Sandokan
Ma Nicola Schiavone, pentito dal 2018, ha parlato alla Dda di ‘o palumm addebitandogli, come sostengono ‘o russ e familiari, il presunto ruolo di custode delle sue fortune? Forse no. Forse sì. Forse lo ha fatto ma le informazioni date sono state ritenute non sufficienti per avviare un eventuale procedimento penale. E se dovesse essere giusta questa terza ipotesi, allora un apporto decisivo alla vicenda (per chiarirla definitivamente) potrebbe darlo Francesco Sandokan Schiavonoe. Perché a collaborare con la giustizia, da marzo, è direttamente il fondatore del clan dei Casalesi. E Sandokan saprà (dovrebbe essere il minimo) chi ha gestito i guadagni ottenuti con le attività mafiose del clan (almeno quelli della sua cosca). Ma per aver risposte del genere, come detto prima, bisogna aspettare, attendere che il suo percorso da ‘pentito’ venga considerato genuino e solido e poi che siano effettuati i dovuti riscontri.
Tornando a ‘o palumm, la Dia nell’analizzare la sua figura ha evidenziato che è il genero di Luigi Caterino, oggi 74enne, ritenuto affiliato al clan Schiavone. Maurizio Schiavone venne pure controllato in diverse occasioni insieme al primogenito di Sandokan. E due suoi fratelli, Salvatore e Pasquale, erano soci della Co.Bit Sud, impresa, ricordano gli investigatori dell’Antimafia, nata e finanziata dai capi del clan dei Casalesi.
Un altro fratello di ‘o palumm, Francesco, ha avuto alle spalle una parentesi politica che lo ha portato a ricoprire il ruolo di vicesindaco, con delega alla Pubblica istruzione, nel 2007, dopo essersi candidato nelle liste Udc.
Per quanto ci risulta, Maurizio Schiavone non risulta indagato ed è da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile (e non si può escludere che la conversazione intercettata tra ‘o russ e i parenti sia stata basata su informazioni false).
L’indagine della Dia in cui è emerso il suo nome (rispetto alla quale, chiariamolo, è estraneo) ha invece prima portato in carcere e poi fatto condannare lo scorso marzo per associazione mafiosa l’imprenditore Nicola Schiavone ‘o russ. E in relazione a quel verdetto ora i legali dell’imprenditore attendono le motivazioni per presentare ricorso in Appello.
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