Caccia all’impero immobiliare del clan Zagaria

Il collaboratore di giustizia Generoso Restina ha indicato alla Dda le abitazioni riconducibili al capoclan ma intestate a insosepttabili

Dall'alto in senso orario, Luigi Diana, Carmine, Antonio, Pasquale e Michele Zagaria e Raffaele Capaldo

Non solo aziende, appalti e gioco d’azzardo; negli anni il clan Zagaria ha investito anche nel mattone. Ville e appartamenti, formalmente intestati ad insospettabili, ma che in realtà sarebbero riconducibili a Capastorta. Ad indicarle alla Dda è stato Generoso Restina, ex vivandiere del boss: “So per certo che le case di via Colombo erano formalmente intestate a Pasquale Salzillo, ha raccontato il collaboratore di giustizia. E per quella dove aveva ospitato il capoclan “vi era un contratto di locazione simulato per effetto del quale pagavamo su espressa indicazione di Zagaria 250 o 350 euro mensili con bonifico, che spesso eseguiva Anna (la moglie, ndr,). Il soldi poi venivano restituiti in contanti da Salzillo a Michele Zagaria.

L’affitto simulato

Il sistema avrebbe interessato anche altri immobili che il pentito ha indicato alla Dda. Ma le coordinate sono ancora omissate. Indagini in corso. “Il contratto di affitto simulato era finalizzato ad impedire il sequestro della casa”, ha chiarito Restina.

A parlare degli affari immobiliari di Zagaria sono stati pure Antonio Iovine e Massimiliano Caterino: i due hanno coinvolto nei vari business personaggi estranei alla famiglia di Capastorta. E tra questi figura Luigi Diana. “So che aveva rapporti economici con Michele Zagaria – ha affermato ‘o Ninno. Ogni periodo natalizio Diana veniva incaricato dal boss di organizzare una bisca clandestina insieme al cognato, Raffaele Capaldo. Con questa operazione la famiglia Zagaria guadagnava, a dire di Michele, circa 300 milioni prima del 2001 e poi 300 mila euro”.

La bisca

A comunicare al sanciprianese l’organizzazione della bisca sarebbe stato Pasquale Pagano: “Voleva cimentarsi in un’attività analoga a Villa di Briano. Michele Zagaria – ha continuato il pentito – alla mia richiesta di convogliare i guadagni della bisca nella cassa comune del clan mi oppose che si trattava di una promessa fatta alla sorella Beatrice”.

Gli introiti legati a quel business rappresentavano una sorta “di ristoro di tutti i problemi che stava attraversando a causa delle inchieste giudiziarie. La bisca per quanto ne so è andata avanti fino al mio arresto e si è tenuta o presso la casa del padre di Raffaele Capaldo o presso gli immobili di Luigi Diana”.

Le dichiarazioni di Caterino

Massimiliano Caterino, invece, ha descritto a magistrati l’abitazione di Antonio Zagaria: “E’ una villa che si trova dove stava una volta il cinema. Antonio mi disse che era di un parente di Luigi Diana, detto ‘il diavolo’ e fu pagata da lui 300mila euro, ma ovviamente valeva molto di più, almeno 7-800mila euro, essendo l’immobile ben rifinito. Si tratta di un’abitazione su due livelli, con un gazebo esterno ed un bel giardino, Mi sembra che entrando nell’immobile sulla destra ci stava una piccola costruzione, forse un garage. Non era intestato a ad Antonio Zagaria, perché fu quest’ultimo a dirmelo – ha aggiunto Caterino –, ma non ricordo il formale intestatario”.

Le dichiarazioni dei pentiti sono state inserite nel provvedimento cautelare che ha portato al sequestro di due ville ed un negozio riconducibili, secondo la Dda, ai fratelli e alle cognate di Michele Zagaria. A realizzare l’inchiesta, coordinata dal pm Maurizio Giordano, gli uomini della Dia di Napoli guidati dal maggiore Fabio Gargiulo. L’operazione, lo scorso 12 marzo, ha messo sotto chiave beni dal valore complessivo di 3 milioni di euro.

Le case sequestrate

Una delle ville si trova in via San Marco e, stando alla tesi della Procura, è di proprietà di di Antonio Zagaria, 56enne, e della moglie Patrizia Martino, 55enne. L’altra affaccia su via Don Diana e via Falcone e risulta nella disponibilità di Pasquale Zagaria, 59enne, e della consorte Francesca Linetti, 43enne. Il negozio, invece, si trova a San Marcellino nato da un presunto investimento di Carmine Zagaria, 50enne, e formalmente intestato alla coniuge, Tiziana Piccolo, 42enne.

Contestualmente al decreto di sequestro venne notificato ai tre fratelli del boss, alle rispettive consorti e ad altre due persone l’avviso della conclusione delle indagini preliminari. A Martino, Luigi Diana, detto ‘o riavul, 56enne di San Marcellino, Piccolo, Linetti, Pasquale, Antonio e Carmine Zagaria la Procura ha contestato il trasferimento fraudolento di valori.

Pasquale e Antonio Zagaria e Luigi Diana rispondono anche di estorsione. Marcella Maccariello di favoreggiamento. I reati, affermano gli inquirenti, sono aggravati dall’aver agevolato il clan dei Casalesi.

Nel collegio difensivo gli avvocati Angelo Raucci, Andrea Imperato e Antonio Garofalo.

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