Capua. I giudici: “Antropoli in rapporti con imprenditori collegati alla criminalità organizzata”

Le parole della Corte che lo ha assolto dal concorso esterno: “Provato l’accordo per il voto con Zagaria, ma non ha favorito il clan”

CAPUA – Che tra Carmine Antropoli, stimato chirurgo del Cardarelli ed ex sindaco, e Francesco Zagaria, detto Ciccio ‘e Brezza, collaboratore di giustizia dal 2019, ci sia stato “un accordo strettamente legato alle elezioni comunali del 2016” (quando Antropoli, conclusi i due mandati consecutivi da primo cittadino, ha votato e fatto votare Giuseppe Chillemi), per la Corte d’assise di S. Maria Capua Vetere “è provato”. Che tale intesa, però, abbia portato “favori” al clan dei Casalesi, di cui Zagaria ha fatto parte (prima in veste di specchiettista, in almeno due omicidi, e poi di imprenditore) non è dimostrato. Ed è per tale ragione che Antropoli, lo scorso 11 maggio, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno al clan dei Casalesi che gli contestava la Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Concetto espresso nelle motivazioni della sentenza, firmata dal presidente Roberto Donatiello e dal giudice estensore Alessandro De Santis, depositate in cancelleria la scorsa settimana.
La Corte, nell’argomentare il perché del verdetto di primo grado, nonostante l’assoluzione decretata, ha usato toni duri nei confronti di Antropoli. L’indagine, hanno sostenuto i togati, ha fatto emergere che il politico, “nel periodo oggetto di contestazione (cioè fino alla primavere del 2016, ndr), era solito mantenere rapporti con imprenditori collegati alla criminalità organizzati, quali Pagano (Domenico, ndr) e i cugini (Francesco e Giuseppe, ndr) Verazzo” (i tre stanno affrontando, con l’accusa di camorra, l’udienza preliminare dinanzi al Tribunale di Napoli insieme proprio ad Antropoli, che in questo filone, invece, risponde di turbativa d’asta e corruzione in relazione a ipotizzate condotte da lui avute durante l’attività amministrativa).
I giudici hanno rimarcato anche che il chirurgo “non disdegnava di beneficiare, per sé o per altri appartenenti al suo schieramento, del sostegno elettorale di Francesco Zagaria, persona della cui affiliazione al clan dei Casalesi era ben consapevole”. Per la Corte, inoltre, Antropoli “è una persona che non aveva timore di strumentalizzare il proprio peso politico, onde indirizzare il conferimento di incarchi professionali da parte dei competenti dipendenti dell’amministrazione o anche per il conseguimento di scopi economici personali”. E a sostegno di questa considerazione è stato ricordato l’interessamento dell’ex sindaco alla “realizzazione di una residenza sanitaria assistenziale sul territorio capuano (nel palazzo delle ‘Cento persone’). Per i giudici si tratta “di condotte complessivamente distoniche rispetto alla sua posizione di amministratore pubblico ed al suo profilo etico e professionale di medico, particolarmente brillante, e senz’altro impedisce la formulazione di un giudizio positivo circa la sua personalità, contaminata dalla disinvolta frequentazione di ambienti tutt’altro che cristallini”.
Tornando alle Comunali 2016, per il presidente Donatiello e il giudice De Santis, “non vi è dubbio che Antropoli si sia accordato con Zagaria per ottenere dallo stesso supporto elettorale, facendogli poi convogliare voti sui componenti della lista guidata da Guido Taglialatela. Così come – hanno aggiunto – non vi è dubbio che anche lo Zagaria dovesse ottenere un proprio tornaconto dalla vicenda, posto che, in caso contrario, non avrebbe assunto un impegno di siffatto tipologia”. Ed infatti è stato proprio Ciccio ‘e Brezza a chiarire durante il processo, “e sotto tale profilo non vi è motivo di dubitare delle sue dichiarazioni – ha precisato la Corte -, che era interessato ad ottenere l’affidamento ad imprese, a lui riconducibili, di appalti da eseguire sul territorio capuano ed in particolare di quelli di maggior importo”. Ma tutto questo non è bastato a determinare la condanna. Per quale motivo? Perché le informazioni rese da Zagaria, secondo la Corte, “non possono ritenersi sorrette da solidi riscontri oggettivi in riferimento alla definizione del contenuto dell’accordo e, in particolare, in riferimento alla serietà e specificità delle promesse formulate dall’Antropoli e ipoteticamente rivolte a beneficiare il clan dei Casalesi”. Sintetizzando, non c’è prova che Antropoli si sia “concretamente speso, o abbia promesso di spandersi, per rafforzare il controllo del clan su Capua”. Anche se si volesse ritenere provato che l’ex politico nel 2016 promise gare a Zagaria in cambio di sostegno elettorale, il tutto sarebbe stato “orientato all’arricchimento personale” di Ciccio ‘e Brezza.
Ad incassare l’assoluzione dall’accusa di concorso esterno non è stato solo Antropoli, che ora, rinvigorito proprio da questo verdetto, è tra i papabili candidati di Forza Italia al Parlamento, ma anche Marco Ricci, sottufficiale della guardia di finanza. Assoluzione pure per Guido Taglialatela, che era accusato di scambio elettorale-politico mafioso. Condanna, invece, per Zagaria: il pentito ha incassato 16 anni e 9 mesi per il concorso nell’assassinio di Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, avvenuto nel 2003 a S. Maria Capua Vetere. Antropoli, Ricci e Armando Porciello sono stati ritenuti colpevoli dalla Corte d’assise di violenza privata: i primi due hanno ottenuto un anno e 8 mesi, l’altro un anno, un mese e 10 giorni con pena sospesa.
Adesso, con le motivazioni depositate, la Procura, rappresentata in primo grado dal pm Maurizio Giordano, e la difesa degli imputati, composta dai legali Vincenzo Maiello, Mauro Iodice, Gerardo Marrocco, Lorenzo Caruso, Guglielmo Ventrone e Carmen De Meo, potranno presentare eventuale ricorso in Appello contro la sentenza di primo grado.

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