Clan Zagaria, Diana a processo

CASAPESENNA Giuseppe Diana, genero di Elvira Zagaria, sorella del capoclan Michele Capastorta, finisce a processo con l’accusa di associazione mafiosa. La Procura distrettuale di Napoli ha chiesto ed ottenuto per lui il giudizio immediato: le prove raccolte a suo carico e la conferma del Riesame dell’ordinanza cautelare emessa dal gip hanno convinto il Tribunale di Napoli a non ritenere necessaria l’udienza preliminare. Sarebbe dovuto essere, quindi, subito dibattimento. Ma Diana, alias Peppe ‘o biondo, ha scelto che le accuse che gli contesta l’Antimafia siano valutate con rito abbreviato (la data del via all’iter non è ancora stata stabilita), strategia che, in caso di condanna, gli garantirà lo sconto di un terzo dell’eventuale pena inflitta. Stando alla tesi degli inquirenti, Diana ha fatto parte della cosca diretta da Michele Zagaria dal 2009 al 2020,  curando la latitanza proprio del capoclan fino al 2011, raccogliendo i proventi del business delle slot e investendo in attività edilizie in Toscana e in Emilia Romagna. Una tesi che lo scorso novembre è sfociata nel suo arresto. Già a gennaio 2021, però, era finito in prigione (poi ai domiciliari) perché coinvolto in un’altra inchiesta della Dda di Firenze secondo la quale con il fratello Raffaele e con il socio Antonio Esposito ‘o surcillo avrebbe messo in piedi una rete di imprese attiva tra la Toscana e l’Emilia Romagna per commettere reati di riciclaggio, frodi, attraverso l’emissione di fatture false, e intestazioni fittizie di beni: in relazione a questa attività, realizzata dai finanzieri del Gico di Firenze, è già a processo (anche in questo caso con rito abbreviato). Tornando all’inchiesta napoletana condotta dai carabinieri, a puntellarla sono state diverse dichiarazioni rese da collaboratore di giustizia: “Michele Zagaria – ha raccontato il pentito Attilio Pellegrinolo fece allontanare perché lavorasse fuori regione così da non destare sospetti ed essere accostato al clan nella azione di imprenditore. Ripuliva il denaro del clan attraverso le attività edilizie. Su indicazione del boss, Peppe ‘o biondo veniva finanziato con i soldi delle casse della cosca che gli venivano dati a sua richiesta quando tornava al paese”. Peppe ‘o biondo al momento è ancora cautelarmente in carcere. I suoi difensori, gli avvocati Guido Diana e Sabato Graziano hanno presentato ricorso in Cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento restrittivo.

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