Diciassette Comuni raggirati, tre arresti e 12 sotto inchiesta

Tribunale di Santa Maria Capua Vetere

CASERTA – Tre arresti, 12 indagati a piede libero e 17 Comuni raggirati: sono i numeri dell’indagine, condotta dalla fiamme gialle, che, secondo la Procura di S. Maria Capua Vetere, è riuscita a smantellare un’organizzazione criminale in grado di intascarsi, in tre anni, senza averne diritto, circa un milione e mezzo di euro. A finire ai domiciliari sono stati Oreste De Luca, 47enne, il fratello Valerio, 32enne, e Salvatore Infante, 43enne, tutti di San Cipriano d’Aversa. Coinvolti nell’inchiesta senza essere raggiunti da misure cautelari, invece, Clemente De Luca, 47enne di Villa Literno, Angelo Bifulco, 40enne di Casal di Principe, Vincenzo Natale, 47enne di Casapesenna, i sammaritani Emanuele Corda, 26enne, Gabriele Junior Consolazio, 27enne, e Vittoria Mingione, 47enne, Giuseppe Pirozzi, 33enne di Giugliano in Campania, Bernardetta Buonaurio, 50enne di Villaricca, Cosimo Barone, 52enne di Napoli, Antonio Sorbetti, 27enne, Giuseppe Ciccarelli, 34enne entrambi di Villaricca, Michelangelo Di Carluccio, 35enne di Gavirate, Angelo Iacuaniello, 33enne di Pozzuoli, Maria Addolarata Barbato, 33enne di Capua, Antonio Gordon, 52enne di Casaluce, e Antonio Verazzo, 54enne di Casal di Principe. Rispondono a vario titolo di associazione a delinquere, truffa ai danno dello Stato, falso ideologico, auto-riciclaggio e ricettazione. Nel collegio difensivo i legali Domenico Della Gatta, Gaetano D’Orso, Pasquale Diana e Luigi Marrandino. A firmare l’ordinanza di arresto è stato il giudice Orazio Rossi del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, che ha disposto anche il sequestro preventivo ‘per equivalente’ di beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie, in Italia e all’estero, riconducibili ai presunti componenti della gang criminale che avrebbe architettato le truffe ai danni dei Municipi.

L’operazione, realizzata dalla guardia di finanza di Capua, ha avuto origine dalla segnalazione di un’operazione sospetta di giroconto, verso conti correnti esteri, di 198mila euro, a seguito dell’accredito di pari importo da parte del Comune di Capua sul conto di uno degli indagati per il rimborso di un tributo Tasi rivelatosi, di fatto, inesistente.

Le attività tese a ricostruire l’episodio, per il quale venne disposto il sequestro preventivo della somma provento della condotta truffaldina, furono successivamente estese al fine di verificare se, nel medesimo arco temporale e nell’ambito della stessa area, erano state indirizzate ad altri Comuni richieste di rimborso fraudolente con le medesime modalità riscontrate a Capua, ovvero la compilazione di modelli F24 con compensazioni tra crediti erariali e debiti relativi a tributi locali entrambi non reali.

L’attività investigativa ha permesso alla Procura di ricostruire ventuno episodi di frode, che hanno coinvolto diciassette Comuni, e di identificare, nel complesso, 23 persone coinvolte a vario titolo.

Lo schema del meccanismo fraudolento messo in atto dall’ipotizzata compagine criminale funzionava così: i sodali, avvalendosi della collaborazione di altri soggetti di volta in volta individuati, dopo aver attivato, mediante la trasmissione in via telematica di F24 online, compensazioni tarocche tra crediti erariali inesistenti e debiti inerenti a tributi locali, anch’essi inesistenti, presentavano al competente ufficio del Comune scelto come “bersaglio” una richiesta di rimborso del debito per tributi locali, sostenendo di averlo erroneamente pagato, esibendo la documentazione attestante l’avvenuta compensazione del debito con un proprio credito erariale, entrambi, come detto, inesistenti.

Parallelamente la procedura di compensazione, “generava” in via automatica un flusso finanziario che si concludeva con l’accreditamento delle somme sui conti correnti dei Comuni poi destinatari della richiesta di rimborso. Dopo aver appurato l’effettiva presenza, in bilancio, di tali somme, il responsabile dei servizi finanziari comunali, destinatario della richiesta di rimborso fraudolenta, procedeva all’emissione di un mandato di pagamento (o ad un atto ad esso equiparabile) con il quale faceva luogo alla restituzione delle somme al richiedente su di un conto corrente a lui intestato, dal quale il denaro veniva immediatamente spostato altrove attraverso bonifici, talora su conti esteri, ed operazioni similari.

Per alcuni degli episodi criminosi per i quali sono emersi gravi indizi di colpevolezza le condotte truffaldine non si sono consumate con l’accredito delle somme da parte dei Comuni, atteso che i funzionari destinatari di tali condotte decettive, che avrebbero determinato un ulteriore profitto illecito di 1,7 milioni di euro, in seguito a controlli o ad attività istruttorie interne, non hanno proceduto ai bonifici delle somme oggetto delle richieste fraudolente.

La tesi della Procura: i fratelli De Luca al vertice dell’organizzazione criminale

Sono Oreste e Valerio De Luca, secondo la Procura, i capi dell’ipotizzata associazione a delinquere specializzata nel truffare gli enti comunali attraverso richieste di rimborso di somme in realtà mai versate. I due sanciprianesi avrebbero avuto il compito di “ideare e pianificare le condotte truffaldine – sostiene l’accusa – di attivare o indicare in conti correnti dove confluivano le somme provento” dei raggiri, “di fornire dati e di intrattenere rapporti con gli altri sodali incaricati di reclutare i soggetti che materialmente procedevano alle fittizie compensazioni e alle richieste di rimborso”. A far parte del gruppo, stando alla tesi degli inquirenti, anche Clemente De Luca, Salvatore Infante e Armando Sgalia: i tre avrebbero avuto il compito di reclutare gli autori materiali delle truffe e di guidarli nella gestione delle pratiche di rimborso. A completare la struttura dell’associazione, ritiene la Procura, Vincenzo Natale, Angelo Iacuaniello e Giuseppe Pirozzi: avrebbero agito negli episodi criminosi ai danni dei Comuni di San Cipriano d’Aversa, Vairano Patenora, Vitulazio, Presenzano, Casalnuovo, Falciano del Massico e Boscotrecase. Parte dei soldi guadagnati dalla cricca, ritiene la guardia di finanza della Compagnia di Capua, sarebbe confluita su conti ungherisi.
A dare il via all’indagine fu la richiesta di rimborso avanzata al Comune di Capua da Emanuele Corda per aver pagato Tasi non dovuta attraverso una compensazione tra crediti erariali e debiti riguardanti tributi risultata poi tarocca. Il meccanismo fece arrivare circa 198mila euro su due conti ungheresi. Un flusso dilazionato in 14 versamenti. Se Capua dispose la restituzione della cifra imponente al sammaritano era perché il 15 novembre del 2018 aveva ricevuto una comunicazione, attraverso una pec, con la quale l’allora 23enne sosteneva “di aver erroneamente effettuato” in favore dell’Ente, “mediante un F24, un pagamento per il tributo Tasi per 198mila e 31 euro”. Spiegato lo sbaglio, con quella mail il giovane chiedeva la restituzione del denaro, allegando la carta di identità e, scrive la guardia di finanza, “una quietanza di versamento dell’Agenzia delle Entrate” della somma erroneamente versata. Il Comune, il 3 dicembre dello stesso anno, inviò una raccomandata a Corda invitandolo a presentarsi in ufficio, ma la missiva non andò a buon fine: il destinatario risultò ‘sconosciuto’. Due giorni dopo, ricostruiscono gli investigatori, il ragazzo si fece sotto chiedendo il rimborso con un documento autografo. Verificato che non aveva “posizione fiscale aperta” con l’Ente di piazza Giudici, il 7 febbraio fu disposto il pagamento. Approfondendo la vicenda, però, emerse che la quietanza di versamento prodotta da Corda, stando all’esame dell’Agenzia delle Entrate, era inesistente.
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