Energia e profitti, la Cgil tuona: “A2A e Acea paghino il 100%”

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

NAPOLI – Monta il caso delle aziende che hanno realizzato ingenti introiti grazie all’aumento del costo del gas e non vogliono pagare la tassa sugli extraprofitti. In questi giorni, a ridosso della scadenza del termine per il pagamento della prima tranche, diverse grandi società si sono rivolte al giudice amministrativo contro la mossa del governo, finalizzata a frenare l’aumento generalizzato dei prezzi. Una situazione diventata insostenibile per tantissime famiglie, che non riescono più a pagare le bollette e per le realtà imprenditoriali medio-piccole, spesso costrette a licenziare o a chiudere. Aumentare la tassa sugli extraprofitti può salvare molte imprese dalla chiusura, tanti lavoratori dalla cassa​ integrazione o dal licenziamento e impedire che le famiglie e i cittadini, già in difficoltà per il caro bollette e l’aumento dei beni di prima necessità, si riducano alla fame. Tempi duri per tutti? No. Le società energetiche come Eni e Acea, secondo il candidato alle Politiche per l’alleanza Europa Verde-Sinistra Angelo Bonelli, hanno realizzato utili per un importo complessivo di 50 miliardi di euro. Sono 50 milioni solo quelli chiesti alla multiutility A2A, che in Campania gestisce il termovalorizzatore di Acerra e che solo qualche mese fa ha proposto alla Regione di realizzare una quarta linea. Il 25 per cento è una quota irrisoria rispetto agli introiti. Anche la politica se ne sta accorgendo con i partiti che, chi più chi meno, stanno proponendo di aumentare la tassa sugli extraprofitti. Proprio come i sindacati, in primis la Cgil che con Maurizio Landini ha proposto nell’ultimo incontro col premier Mario Draghi di portare la tassazione al 100 per 100. Proposta rilanciata dalle colonne di Cronache dal segretario regionale della Cgil Nicola Ricci che auspica che l’aumento percentuale possa essere approvato il prossimo 15 settembre col decreto aiuti.

Segretario, qual è la sua posizione sugli extraprofitti e sul fatto che società energetiche e multiutility come A2A facciano cassa mentre piccole imprese e cittadini faticano a restare a galla tra caro bollette e difficoltà occupazionali?
Il governo si aspettava 10 miliardi di euro dalla tassa sugli extraprofitti, ma ne è arrivato solo uno. Finora la maggioranza delle imprese infatti non ha pagato nonostante in Italia la percentuale sia del solo 25 per cento. Un problema enorme considerato che l’introito legato alla tassazione potrebbe alleggerire la situazione di molte aziende, famiglie e cittadini.

Una percentuale bassa che non viene pagata. Dal suo punto di vista andrebbe aumentata di quanto?
Del 100 per 100. Questa è la proposta che Landini lanciò durante l’ultimo incontro col premier Draghi e condivisa anche da Cisl e Uil perché è chiaro che lasciarla al 25 per cento non basta. Grandi gruppi energetici e farmaceutici hanno accumulato ricchezze, ma sia chiaro, noi non proponiamo di tassare i profitti o incidere sulla libertà di impresa, ma sugli extraproffitti. Se la situazione si aggrava, e l’autunno non promette bene, i lavoratori andranno in cassa integrazione, ci saranno diminuzioni salariali e i lavoratori subiranno la doppia tagliola dei prezzi che aumentano e nessun intervento concreto.

Qualcuno sostiene che una proposta del genere sarebbe antidemocratica…
Non è antidemocratica, tutti i profitti extra dovrebbero tassati. La nostra proposta è del 100 per cento limitata nel tempo perché pensiamo si debba uscire da questa congiuntura negativa. Una tassazione temporalizzata e contestualizzata alla fase eccezionale. Dopo verrebbe meno.


C’è possibilità che tale proposta si concretizzi nonostante il governo sia agli sgoccioli?
C’è una possibilità perché c’è l’obbligo di approvare il 15 settembre il decreto aiuti. Tale tassazione inserita in questo decreto rappresenterebbe una prima risposta concreta. La crisi non si risolverà in tre mesi e in autunno avremo problemi con le ritorsioni di Mosca, con l’Italia che non è riuscita a rendersi meno dipendente dall’estero. L’unica vera occasione è il decreto aiuti. E’ dove ci sono i maggiori profitti che bisogna intervenire.


Se così non fosse, quali prospettive per gli italiani alle prese col caro bollette e con l’aumento dei prezzi sui beni primari?
Per molte famiglie c’è il rischio della cassa integrazione con il conseguenziale abbassamento dei redditi e quindi del potere di acquisti. Un problema nel problema che richiede un’iniezione di finanze. Serve una prima soluzione temporanea per poi procedere con soluzioni strutturali.


Quanto sta incidendo e inciderà sulla campagna elettorale il tema degli extraprofitti?
Io credo che questa campagna elettorale sia molto difficile e che si debba stare attenti alle strumentalizzazioni. Una parte della politica fa terrorismo su una situazione critica, ma è evidente che i partiti dovrebbero dire al popolo cosa intendonwo fare. Si punta ai titoli, ma non si parla di provvedimenti e soluzioni. Soluzioni immediate e anche sul lungo tempo per ripensare al Paese con la transizione energetica, ambientale e il reindirizzamento delle industrie. La politica deve al di là dei proclami provvedere con proposte serie prima dare risposte immediate e poi occuparsi della trasformazione del Paese.


Autunno caldo per il Paese. E la Campania?
Il problema della Campania è che con sei milioni di cittadini persistono grandi contraddizioni. Napoli ha problemi di legalità, Caserta vive una grave crisi industriale, le aree interne sono sempre più a rischio desertificazione e Salerno si difende col turismo che però si sviluppa in cicli poiché non è ancora strutturato e non è un elemento produttivo costante. Abbiamo un milione di pensionati con un reddito intorno ai 700 euro mensili e il reddito di cittadinanza ha aiutato contro la crisi e la povertà. La Campania ha grandi problematiche, ma anche grandi potenzialità.

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