Gianpiero D’Alessandro, da Napoli agli States con la sua arte

NAPOLI – Gianpiero D’Alessandro, 27 anni, è un artista originario di Sant’Anastasia. Writer, grafico e designer, lui preferisce definirsi genericamente un creativo. È un vero self-made man dei giorni nostri perché, da autodidatta, è riuscito a farsi strada grazie solo al proprio talento e alla propria perseveranza.

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Le collaborazioni

Nel suo curriculum vanta collaborazioni con Snoop Dogg, Justin Bieber e con i marchi Nike e Levi’s. Ma anche con star italiane come Clementino.

Nella redazione di ‘Cronache’ ha spiegato di non credere alle raccomandazioni, ma solo all’impegno e al talento. Accompagnati, ovviamente, sempre da una buona dose di fortuna.

“Gli uomini non hanno radici e questo li imbarazza molto” (“Il piccolo principe”). Ti rivedi in questa frase?

Quando mi sono allontanato da Napoli è stato triste. Questa città mi ha dato stimoli e spunti che mi hanno permesso di realizzare le mie opere. Ma le mie radici me le porto ovunque, questo ha sicuramente attenuato la nostalgia.

Parlando di radici, in alcune tue opere hai rappresentato la pizza, ma con il salame. Vale a dire la “pepperoni pizza”, molto popolare in America. Una sorta di crasi tra Stati Uniti e Napoli?

In realtà è capitato solo una volta. Poi all’anniversario dei cinquanta anni della giacca di jeans Levi’s ho fatto valere il mio spirito napoletano. Ho realizzato una giacca di jeans col disegno di una fetta di margherita doc. La condizione che ho posto per essere presente all’esposizione a Berlino era di rendere protagonista la nostra pizza.

L’influenza della pop art nelle tue creazioni artistiche è evidente. C’è qualche artista in particolare che ti ha ispirato?

Andy Warhol ha rivoluzionato il mondo dell’arte, aprendolo a tutti i creativi. Devo dire, però, che prendo ispirazione non tanto da altri artisti quanto da personalità che hanno lanciato messaggi importanti, come Malcolm X. E’ quello che cerco di fare con la mia arte.

All’inizio della tua carriera disegnavi persone della tua città.

A sedici anni ho realizzato un progetto in cui rappresentavo i miei concittadini, quelli che mi colpivano o che mi facevano sorridere. È stato un successo. Ho capito di aver lasciato un segno positivo. Le star americane e quelle italiane sono arrivate dopo.

Fa pensare alla tradizione napoletana, all’arte del presepe.

Si, pensa che due anni fa a San Gregorio mi hanno anche dedicato una statuetta del presepe ed è stato un momento memorabile.

Ma tra le tue grandi passioni ci sono anche i personaggi dei cartoon.

Anche oggi sono un grande fan dei cartoni animati. Spesso li metto quando sono all’opera. Mi basta guardare le immagini per sentirmi bene.

Quando e in che modo questa passione si è trasformata in un lavoro remunerato?

La prima volta che qualcuno mi ha chiesto qual era la mia parcella è stato per il merchandising che avevo realizzato per Snoop Dogg. E’ una leggenda, non gli avrei mai chiesto soldi. Lui ha apprezzato il gesto e mi ha messo in contatto con una galleria di Miami. Lì ho esposto le mie opere negli scorsi anni. Poi mi sono ritirato.

Perché?

Volevo riflettere. Dopo dieci anni trascorsi a mandare messaggi avevo l’impressione che non venissero compresi davvero. A sciogliermi i dubbi è stato Justin Bieber. Mi ha contattato con un direct message.

I tuoi genitori ti hanno supportato?

Mi hanno sempre lasciato libero di sperimentare, di praticare sport e inseguire le mie passioni, anche quando erano temporanee. Quella del disegno è rimasta e loro mi hanno sempre incitato a continuare.

Hai lavorato anche con Snoop Dogg. Come ti ha contattato?

Una mattina, il giorno dopo Halloween, ho ricevuto una notifica. Snoop Dogg aveva iniziato a seguirmi e mi aveva mandato un messaggio. Mi sono riaddormentato, pensando che stessi sognando. Mi sono svegliato dopo due ore e ho realizzato.

Come hai avuto l’intuizione di utilizzare il social Instagram come strumento per far conoscere la tua arte?

Vivevo in un paese di 30mila abitanti e avevo bisogno di evadere. Instagram è una di quelle finestre sul mondo di cui ormai non possiamo più fare a meno. Oggi viviamo in un mondo più grande, vediamo posti in cui non siamo mai stati. Ho pensato che avrei potuto utilizzare questa finestra per mostrare al mondo quello che faccio.

Che consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane che sogna di vivere della propria arte?

Di concentrarsi sul percorso e non sulla meta. Bisogna lavorare sodo e non pensare alla fama, al denaro e al successo. La chiave è la curiosità.

Le tue opere vanno sempre analizzate per carpirne il significato profondo?

Attraverso l’arte esprimo il mio pensiero. Non bisogna mai fermarsi all’apparenza, c’è sempre un messaggio che voglio trasmettere.

I tuoi prossimi progetti?

Ora sono immerso anima e corpo nel progetto “Drew House” con Justin Bieber. Poi entro un anno aprirò anche uno store, ‘Uno di uno’, negli Stati Uniti. Ogni giorno ci sarà un’opera inedita.

Come è iniziata la collaborazione con Justin Bieber?

Mi ha contattato su Instagram chiedendomi di collaborare al progetto ‘Drew House’. Mi hanno chiesto dieci illustrazioni. Gliene ho proposte 120. Sono rimasti stupiti e mi hanno preso. In pratica sono l’intero reparto grafico. Mi lasciano piena libertà.

Se volessi fare un paragone tra il Gianpiero di oggi e il Gianpiero di dieci anni fa?

La mia essenza è sempre la stessa, anche se penso di aver accresciuto il mio spessore umano. Ho accumulato tante esperienze. E soprattutto ho la fortuna di poter vivere da artista conservando l’anonimato. Sono libero ad esempio  di uscire con i miei amici.

Come e dove ti vedi invece tra altri dieci anni?

Tutto è possibile. Ma immagino la mia vita tra Italia e Stati Uniti. Non potrei lasciare il mio Paese. In realtà non so neanche dove voglio arrivare. Forse è un altro segreto del successo. Io corro, non mi fermo mai.

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