Gli Zagaria verso San Marcellino. La cosca guidata da Capastorta sta lasciando il suo feudo storico

Lo spostamento rientrerebbe nella strategia del gruppo di insabbiarsi per continuare a beneficiare degli investimenti fatti nei primi

CASAPESENNA – Ha una struttura militare evanescente, se è costretto ad agire con violenza chiede aiuto a gruppi criminali stranieri. La cassa comune è sostanzialmente svanita e per accaparrarsi gli appalti pubblici percorre la strada della corruzione: ciò che resta del clan Casalesi ha queste caratteristiche. L’organizzazione che terrorizzava il casertano spargendo sangue e spillando denaro a commercianti e imprenditori non c’è più. E se qualche affiliato ha provato negli ultimi mesi a rimettere in campo quegli atteggiamenti è stato subito stroncato dagli investigatori.

Cambi territoriali

In questo nuovo scenario, la mafia dell’Agro aversano, oltre a cambiare il proprio approccio gestionale alle attività illecite, sta mutando pure geograficamente. La cosca Zagaria che ha in Casapesenna il suo storico fortino, adesso, gradualmente, si sta spostando verso altri lidi. Dove? Soprattutto verso San Marcellino. E’ qui che il gruppo starebbe concentrando alcuni business ed è qui che i personaggi di spicco della compagine si riunirebbero per decidere come muoversi. Un allontanamento dal feudo originario che rientrerebbe nella strategia di insabbiamento voluta dagli Zagaria: diventare invisibili per poter beneficiare degli investimenti fatti negli anni scorsi da imprenditori collusi, che sono diventati grandi, potenti e con importanti entrature in politica grazie alla loro tutela mafiosa (che adesso deve essere dimenticata).

Modifiche territoriali a parte, il clan dei Casalesi è sicuramente più debole rispetto a quello dei primi anni Duemila. E a renderlo meno solido hanno contribuito i pentimenti. Le famiglie Iovine, Schiavone e Bidognetti al loro interno hanno tutte registrato eccellenti collaborazioni con la giustizia. A parlare con i magistrati dell’Antimafia sono stati personaggi che ricoprivano ruoli di primo piano nell’organizzazione. Da questa ondata di pentimenti, però, la cosca Zagaria è stata quella ne è uscito meno acciaccata. Per quale ragione? Grazie alla struttura familiare che la caratterizza: il suo vertice gestionale è coinciso sempre con il nucleo familiare del capoclan, Michele Zagaria Capastorta. Nessuno dei suoi parenti si è pentito. E le informazioni che contano sono state sempre un affare di famiglia. Un concetto che richiama la ‘ndrangheta calabrese.

Fattore fratelli

A rendere pericoloso socialmente ora più delle altre la cosca di Capastorta c’è anche un altro fattore: in carcere c’è solo lui. I fratelli che nella cricca mafiosa hanno contato tanto, no. Carmine si è stabilito proprio a San Marcellino, Pasquale, invece, è in provincia di Brescia. Libero pure Antonio Zagaria e non è sottoposto a misure cautelari manco Filippo Capaldo, figlio della sorella Beatrice Zagaria (è considerato il delfino di Capastorta). A complicare il quadro ci sono le future ‘uscite’: nei prossimi anni lasceranno i penitenziari i pezzi da novanta della cosca come Michele Fontanana ‘o sceriffo e Salvatore Nobis Scintilla (al netto di eventuali nuove condanne). Se il clan dei Casalesi così come è stato tracciato nelle storiche sentenze è svanito, adesso c’è una nuova creatura mafiosa, meno violenta ma più penetrante nel tessuto sociale. E la più pericolosa sua rappresentazione si chiama clan Zagaria.

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