Gorbacev, la fine di un’illusione

Vincenzo D'Anna, ex parlamentare

In Italia non ci facciamo mancare niente per quanto riguarda la politica di bassa lega. Finanche quando si parla di ex comunisti, a noi tocca il peggio. La morte di  Michail Gorbačëv l’ultimo segretario del Pcus, ce ne fornisce un’evidente conferma. La morte dell’ultimo leader massimo dei Soviet è stata, infatti, commentata dall’ultimo dei leader minimi del comunismo italiano, quel Marco Rizzo segretario di un sedicente Partito dei comunisti italiani, un movimento tanto piccolo che non ha neanche la forza di poter presentare proprie liste nei vari appuntamenti elettorali. Quest’ultimo ha commentato la scomparsa di Gorbačëv con un post nel quale, addirittura, si festeggia l’evento, con tanto di bottiglia di champagne tenuta in serbo per l’occasione. Evidentemente l’aveva conservata nella polverosa cantina ideologica, di cui Rizzo dispone, dal 1991 data che corrisponde allo scioglimento dell’URSS ed alla scomparsa del partito comunista sovietico. Fu appunto proprio in quell’anno che in Russia crollò  il cosiddetto “impero del male” e gli Stati sovietici poterono divenire repubbliche autonome e libere. Fu così anche nei paesi satelliti dell’Est europeo tenuti sotto scacco dai carri armati russi e dalla presenza dei partiti comunisti locali strettamente dipendenti dal Cremlino. Insomma un evento storico quale fu la caduta di un sistema tirannico ed oppressivo con la relativa nascita delle democrazie parlamentari ed il riconoscimento dei diritti fondamentali degli uomini liberi, è stato ritenuto dal presuntuoso Rizzo un fatto sciagurato. Risultato: la morte di colui che favorì quella stagione di libertà si è trasformata in un’occasione da festeggiare!! Potremmo liquidare la questione esacrando l’accaduto, deplorando l’atteggiamento del leader minimo dei comunisti italiani come espressione di un becero comportamento. Tuttavia la vicenda si presta a ben altre considerazioni e riflessioni. Per quanto infame ed inopportuno sia stato il festeggiamento di Rizzo, esso è rivolto non all’uomo Gorbačëv, ma alla politica che questi mise in atto, ovvero la definitiva liquidazione di un sistema, quello comunista, che in ottanta anni di storia aveva cosparso il proprio cammino di morti e di privazione della libertà per milioni di persone. Insomma la fine di un incubo e di un sistema tirannico e liberticida. Ma c’è in giro chi ancora resta affezionato a quelle idee, a quella visione dell’organizzazione sociale basata sulla massificazione forzata degli individui e sulla supremazia assoluta dello Stato sui cittadini in nome di un principio di uguaglianza malamente inteso come espressione di giustizia sociale. Rizzo è l’espressione di questi residuati bellici che ancora attendono che dalle ceneri di “falce e martello” possano risorgere, come l’araba fenice, le future e progressive sorti dell’umanità. La grande menzogna del marxismo, quella di ritenere gli uomini uguali rendendoli tali attraverso un regime totalitario, mantiene ancora il proprio fascino di utopia nonostante gli esempi che la Storia del mondo ci ha consegnato. Aveva perfettamente ragione Karl Popper, il filosofo ed epistemologo austriaco, quando asseriva che nelle società aperte e liberali sono tollerabili tutte le idee tranne che quelle degli intolleranti. Ed è intollerabile che si possa festeggiare la morte di un uomo per contestare la sua politica, peggio ancora se questa fu necessitata dalla presa d’atto che, caduto il muro di Berlino, gli aneliti di libertà di centinaia di milioni di persone avevano preso il sopravvento sul regime e sull’ortodossia comunista. Innanzi ad un gigante della politica mondiale, ad un uomo che seppe leggere il segno dei tempi ed avviare una profonda revisione culturale  in un area geo politica di così vaste dimensioni, composta da decine di diverse etnie, con storia tradizioni e cultura diversa, la figura di chi ne festeggia la morte appare ben più che miserabile. Lo è ancor di più, sul piano della politica stessa, il ritardo culturale ed ideologico di coloro che, immemori, continuano a perseguire quelle finalità e quei modelli di organizzazione dello Stato e della società, rivendicandone il doversi perpetrare nel tempo. Rizzo insomma innanzi ad un uomo che ha fatto i conti con la realtà e con la storia dell’umanità, mostra livore e rancore che vanno oltre ogni comprensione. D’altronde chi crede di poter ridurre gli esseri umani nella disponibilità del Leviatano Statale che essendo padrone di tutti i poteri determina tutti fini e  le sorti degli  esseri umani stessi, non ha tempo per la tolleranza ed il rispetto degli altri. Chi insegue imperativi categorici e crede che un partito ed uno Stato possano tiranneggiare impunemente in nome di un presunto progresso sociale, non possiede gli strumenti morali e culturali per accorgersi e fermarsi neanche al cospetto di un defunto e la fine di un’illusione.  

*già parlamentare

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