Il Paese dei dietrologi

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Basta consultare una qualsiasi enciclopedia oppure un buon vocabolario, per apprendere che la “dietrologia” è l’arte di interpretare il passato con la presunzione di poterne ricavare reconditi segreti. Nello specifico la Treccani così scrive: “(…) la parola indica, con intonazione polemica, la tendenza, propria dei cosiddetti dietrologi, ad assegnare ai fatti della vita pubblica cause diverse da quelle dichiarate o apparenti, ipotizzando spesso motivazioni segrete, con la pretesa di conoscere ciò che effettivamente ‘sta dietro’ a ogni singolo evento”. Insomma, una manzoniana vocazione ad attingere dal senno di poi di cui son piene le fosse. Una caratteristica oserei dire quasi ontologica per giornalisti e politici, quella di spremere dagli eventi del passato linfa utile per alimentare polemiche nel presente. Ovviamente saranno sempre chiavi di lettura piegate alle esigenze del dietrologo di turno, per l’attualità, argomentazioni supposte vere per individuare il capro espiatorio, il Cireneo sulle cui spalle addossare la fatica della croce. In verità nelle redazioni di taluni fogli, sopratutto quelli che fanno largo uso di veline e di informazioni riservate, inclini ad alimentare polemiche a seconda di chi sia stato posto al comando della Nazione, spesso compare un’altra figura che è quella del “retroscenista”. Quest’ultimo cerca motivi occulti, intenti celati, obiettivi taciuti tra le righe dei fatti, ovvero di quegli episodi di cronaca che lasciano spazio ad ogni malevola supposizione quasi che non possa esistere una verità semplice ed obiettiva nella narrazione, perlopiù politica. Quindi dopo che il caso viene consegnato alla cronaca e al passato prossimo di questa, ecco che entrano in scena i dietrologi, al primo sospetto che qualcosa non sia andata per il verso giusto nel recente passato. Insomma l’indole levantina e opportunistica degli abitanti del Belpaese, forgiata nei secoli dal servilismo di maniera e dalla necessità di sopravvivere al potente di turno, trova un suo fertile sostrato ed alimenta facilmente scenari fantasiosi e contraddittori. Un esempio di scuola viene da due circostanze contingenti: la prima dalla dietrologica indagine a carico di ex autorità dello Stato nei tempi della pandemia da Covid. I magistrati di Bergamo, tardivamente intervenendo, aprono un’inchiesta sulla ecatombe di morti che si registrò nella provincia di Bergamo agli inizi della pandemia dal febbraio 2020 e fino a maggio di quello stesso anno. Centinaia di decessi, mancanza di cure e terapie adeguate, mancanza di mezzi di protezione dal contagio, rappresentano, oggi, i principali capi d’accusa. In queste ore vengono fuori anche intercettazioni e rivelazioni tra funzionari del Ministero e politici e fanno rumore le dichiarazioni del professore Andrea Crisanti, di recente assurto alla carica di senatore del Pd. Crisanti nel corso dell’epidemia ha cambiato, come Burioni, Galli, Lo Palco e la senatrice a vita Cattaneo, spesso opinione, non fosse altro perché gli studiosi si rimettono alla scienza, che adegua le proprie teorie ai fatti e alla verifica epistemologica dei medesimi. Il buon Crisanti, definito dal presidente dell’Aifa (Agenzia per il Farmaco) l’eminente virologo Giorgio Palù uno “zanzarologo”, si era sempre interessato di lotta alle zanzare con scarsezza di conoscenze in virologia. E tuttavia oggi parla da un pulpito etereo proclamando verità assolute quanto politicamente orientate. I magistrati coinvolgono sindaci, autorità locali e nazionali per capire quanto fu tardivo, o meno, il cordone sanitario steso intorno ai piccoli Comuni bergamaschi nei quali il morbo infuriava procurando vittime e contagio. Tutti sono chiamati ad intercettare realtà postume fuori dal drammatico contesto di quelle ore nelle quali il mondo intero brancolava nel buio. Purtroppo furono anche ignorati e vilipesi personaggi come il virologo emerito professor Giulio Tarro e, modestamente chi scrive, allorquando segnalammo la presenza, in loco, di un virus autoctono (locale) già esistente in quelle sparite comunità come variante genetica del ceppo cinese già isolato dai biologi dello Spallanzani. Segnalammo la coincidenza tra quelle zone ad alto inquinamento ambientale e l’alto grado di diffusività e mortalità. Fummo derisi e ignorati. Sarebbe, peraltro, bastato che si fossero eseguite autopsie sui primi casi di decessi per comprendere la vera eziopatogenesi virale. Tutti tacquero e si arrangiarono come potevano, forse rinchiudendosi nelle casematte del potere delle istituzioni sanitarie, ottusi e impermeabili ai richiami ed al buon senso. Certo sbagliarono ma non possono adesso essere indicati come volgari calcolatori politici o peggio ancora scientemente inoperosi. Allora forse mancò la serenità e la serietà. Che non verrà dagli sciacalli della dietrologia.
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