Iran, la scrittrice Nafisi: “La riforma finta non basterà”

Le parole dell'autrice di 'Leggere Lolita a Teheran'

Proteste in Iran (AP Photo/Middle East Images)

MILANO – Quello che sta succedendo alla ‘polizia morale’ in Iran “non è ancora chiaro. Non c’è un potere in Iran che possa dirsi responsabile per la polizia della morale. Chiedono ad un alto funzionario della magistratura e lui dice che non è stato il sistema giudiziario a istituirla e che bisogna domandare a chi l’ha creata. Questo mostra quanto controllo abbia perso il regime: non può prendere una decisione sulla sua stessa polizia della morale. Ogni funzionario è responsabile per quello che succede in quel governo, non possono semplicemente dire: ‘Non siamo responsabili'”. A dirlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è la scrittrice Azar Nafisi, autrice di ‘Leggere Lolita a Teheran’.

La ‘polizia della morale’, sottolinea Nafisi, “non è parte della magistratura, non è parte della polizia… Nessuno vuole prendersi la responsabilità: e questo mostra quanto sia debole il regime. Non può decidere su uno dei suoi stessi organi. È una delle cose più folli che abbia mai sentito. Khamenei dovrebbe avere l’ultima parola e, in molti casi, va all’estremo usando ogni mezzo possibile per cementare il regime, ma c’è un disaccordo interno che è fonte di debolezza. Nel regime vedo due tendenze estreme nel modo di reagire a queste proteste degli ultimi due mesi: uno consiste nel negare la propria responsabilità o anche atteggiarsi a opposizione, l’altro di adottare la linea della repressione più dura come se i manifestanti fossero corpi estranei all’Iran. Queste contraddizioni indeboliscono il regime. In teoria Khamenei ha il potere, ma nell’azione concreta non sappiamo chi ce l’abbia e, in rami diversi, le persone agiscono in modo diverso”.

In ogni caso, spiega, “è troppo tardi per fingere che ci sarà qualche tipo di riforma all’interno del sistema. E il governo ha fatto dell’hijab il suo problema centrale. Lo hanno fatto loro. Sono loro che hanno sostenuto che, se le donne girano per strada vestite come vogliono, significa che il regime è finito. E adesso è ciò di cui hanno paura. Non possono fare le riforme. Come faranno? Se domani dicessero ‘niente più hijab’ e ‘niente più polizia della morale’ significherebbe niente più Repubblica Islamica”.

“È vero – conclude la scrittrice – che se viene abolita è una sorta di vittoria, ma non è quello che i manifestanti stanno chiedendo. Non dicono di abolirla o di essere più flessibili sull’hijab. Dicono: ‘Non vi vogliamo’. Lo scontro con il regime è legato al fatto che i manifestanti non vedono alcun futuro per se stessi nel sistema. Hanno bisogno di un nuovo sistema nel quale poter creare il proprio futuro”.

(LaPresse)

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