La rana e lo scorpione

Fin dalla notte dei tempi, la favola (dal latino “fabula”) è stata usata come sistema di introduzione ai precetti morali ed alle esperienze conosciute nella comunità umana. Quella della “rana e dello scorpione” è, probabilmente tra le più note, attribuita al favolista greco Esopo. La sua morale riguarda l’immutabilità di taluni istinti umani, l’inclinazione incoercibile che emerge ontologicamente in talune circostanze della vita. Poterne rammentare il contenuto a Giorgia Meloni ed a Matteo Salvini non sarebbe un male. L’operazione, infatti, avrebbe una duplice valenza: rinfrescare il bagaglio cognitivo e fungere da monito. L’attualità porta i due esponenti della destra italiana a dover tener presente un fattore determinante dell’agire politico: quello di saper interpretare il segno dei tempi adeguandosi al contesto nel quale si è chiamati ad operare.

E’ ancora fresco il ricordo delle posizioni da loro assunte allorquando si misurarono con il tema dell’immigrazione e con quello dei rapporti tra l’Italia e l’Unione Europea. Prima la leader di FdI e poi il segretario della Lega seppero tessere con la destra antagonista di Marie Le Pen un’intesa forte su quei temi, allargandola, successivamente, anche all’Ungherese Victor Orban e poi all’Austriaco Jörg Haider entrambi, a loro volta, esponenti di spicco delle destre intransigenti, nazionaliste ed anti europee. Mancando ai convenuti una solida comune cultura che andasse altre il disegno di opposizione contingente sui flussi migratori e sulla politica di rigore sollecitata da Bruxelles, l’intesa si rivelò effimera e di breve durata. Ciascuno dei contraenti di quel patto d’azione comune si avviò, infatti, per strade identitarie secondo gli interessi nazionali da coltivare nell’ambito del consesso delle nazioni aderenti alla Ue.

Il tutto con buona pace di quella teoria politica che prese il nome di “sovranismo”. Le politiche contro l’immigrazione furono attuate in maniera difforme con l’Austria e l’Ungheria che sbarrarono le loro frontiere unilateralmente nel mentre Salvini si infilava nel governo gialloverde (insieme col M5S) e la Meloni finiva all’opposizione. A dire il vero, l’esperimento salviniano durò poco più di un anno. Uscendo dall’esecutivo, sbrigativamente in ciabatte e costume dal lido Papeete, il leader leghista riprese il comune impegno con FdI contro il governo giallorosso (Pd, M5S Leu ed IV) con il Conte (bis) che revocava buona parte delle leggi restrittive proposte proprio dal partito di via Bellerio in materia di sicurezza ed immigrazione. E siamo così ai nostri giorni col governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi ed il maxi finanziamento della Ue alla nostra economia col Recovery Found.

L’unica esclusa da quel governo è stata la Meloni che ha iniziato a tesaurizzare il nuovo consenso in quanto unica ad essere rimasta all’opposizione. L’amletico Salvini invece, si sta barcamenando come leader di governo e di opposizione al tempo stesso, costretto ad accettare la politica filo europea e quella dell’immigrazione senza limiti. Tra un invettiva ed un ultimatum, il segretario leghista sostanzialmente ha dovuto ammainare la bandiera dell’oltranzismo, stante anche l’ingresso delle residuali truppe di Berlusconi nell’esecutivo di governo . Un cambio di rotta giustificato dall’ambizione di sedere alla tavola imbandita della mega spesa statale foraggiata dai miliardi europei, che vanifica e sopisce l’antagonismo di un tempo. Tuttavia, incalzato dalla Meloni, eroso da questa nei consensi, anche il leghista ha mostrato la necessità di escogitare una mossa a sorpresa per invertire la tendenza negativa nei sondaggi elettorali . Ecco allora che, in pieno solleone agostano, l’ex ministro dell’Interno ha tirato fuori dal cilindro l’idea di varare una federazione tra i partiti di centrodestra, insieme con l’esangue Forza Italia e Fratelli d’Italia.

Come tutte le idee repentine, necessitate dal bisogno e non dal convincimento politico, tale idea è rimasta nel vago, mancando di un qualsivoglia momento fondativo costruito su di una piattaforma comune di programma e di assonanza nei valori di riferimento. Insomma il rischio è quello di scivolare nell’ennesimo contenitore senza contenuto. Sovviene quindi la morale della fabula della “rana e dello scorpione”. Lo scorpione aveva chiesto alla rana di poter attraversare lo stagno appoggiato sul suo groppone. Perplessa la rana si mostrò preoccupata dal pungiglione dell’ospite, ricevendo però assicurazione che non le sarebbe successo niente dal momento che, in caso di puntura velenosa, sarebbero annegati entrambi.

Tuttavia a metà percorso l’aracnide non seppe resistere all’istinto naturale e punse mortalmente la rana facendola affondare e quindi morendo con lei. È esattamente quello che succederà alla federazione di centrodestra se i valori del liberalismo e della moderazione politica saranno punti mortalmente dal veleno dell’estremismo e dell’intolleranza di una destra anacronistica ed ottusa, alleata delle facinorose destre europee.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome