La scomparsa dei cattolici

Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna
Foto Roberto Monaldo / LaPresse Nella foto Vincenzo D'Anna

Sono trascorsi ormai trent’anni dallo scioglimento della Democrazia Cristiana, il partito che Alcide De Gasperi fondò raccogliendo il retaggio di valori (e lo scopo politico) del partito popolare italiano, movimento nato nel 1919 con l’appello agli uomini “liberi e forti” di don Luigi Sturzo e del suo manipolo di collaboratori. Ebbene: non saprei dire quanti siano coloro che, in questo lasso di tempo, si sono accorti della scomparsa dei cattolici dal panorama politico italiano. Scandali a parte, che lo scudocrociato potesse aver esaurito, dopo mezzo secolo, la sua missione e la sua funzione era da poter mettere nel conto degli eventi storici possibili. Con la caduta del muro di Berlino ed il dissolvimento dell’URSS, infatti, anche il principale antagonista della Dc, il comunismo, si era dissolto. L’altro grande avversario storico dei cattolici, il fascismo, era stato spazzato via con la caduta di Mussolini e la liberazione dell’Italia da parte degli Alleati, al fianco dei quali avevano combattuto, dopo l’armistizio firmato da re Vittorio Emanuele III l’8 settembre del 1943, le brigate partigiane ed i reparti del regio esercito. La diaspora democristiana, negli anni successivi allo scioglimento della “Balena Bianca”, non ha più avuto punti di coagulo e di riorganizzazione, continuando, senza soluzione di continuità, a frammentarsi in piccole formazioni partitiche che, sostanzialmente, hanno svolto il ruolo di comprimarie nel panorama politico nazionale. Tuttavia quel che non era prevedibile né auspicabile, è stato il dissolvimento di tutto il movimento cattolico, dispersosi nel più vasto ambito culturale, sociale e politico del Paese. Tutti in libera uscita, i maggiorenti di un tempo hanno vagato alla ricerca di una loro ricollocazione per poter coltivare, anche nella cosiddetta Seconda Repubblica, il sogno di un proprio spazio di visibilità e di esercizio di potere. Sciolte, già in fase pre agonica della Dc, le cinghie di trasmissione ed i collegamenti ideali con il sindacalismo cattolico (leggi CISL), le organizzazioni come Coltivatori Diretti, Acli ed i movimenti a sfondo ecclesiale, si sono dissipati anche i valori condivisi in campo politico ed economico, in uno con le idee ed i precetti della dottrina sociale della chiesa. Quest’ultima ha traversato anch’essa un travaglio interno e non ha saputo né voluto interessarsi d’essere, nel tempo della burrasca del cattolicesimo politico, un faro in grado di orientare nuovamente l’impegno dei cattolici in politica. Dopo il profondo cambiamento dottrinale e pastorale del Concilio, in Vaticano hanno tirato i remi in barca ed i Papi, in prima persona, hanno cominciato a girare il mondo per svolgere, su basi di modernità, la missione ecumenica, di evangelizzazione e promozione della fede. L’elezione di Pontefici stranieri e l’allargamento del collegio cardinalizio a prelati provenienti da ogni angolo della Terra, ha giovato certamente alla chiesa per tenersi al passo con i tempi, ma ha proiettato, in secondo piano, l’interesse, l’attenzione e l’ascolto verso l’impegno dei cattolici italiani. E’ certo vero che fin dal suo sorgere, il partito popolare italiano prima e la Dc poi, pur ispirati dalle encicliche sociali e “politiche” dei Papi italiani, succedutisi al soglio di Pietro nel secolo scorso, hanno sempre rimarcato la loro natura laica ed aconfessionale. Non a caso la Dc fu definita non il partito dei cattolici ma un partito di cattolici, per separare la superiore, mondiale missione della chiesa da quella ben più angusta e circoscritta di un partito politico che, in quanto tale, non poteva che essere di parte. E tuttavia il bagaglio dei valori e degli insegnamenti che venivano dalla encicliche papali avevano irrorato e reso fertile il partito nella particolare visione di una società ispirata ai valori del cattolicesimo. Ispirazione condivisa sia dal partito popolare e liberale di don Sturzo e De Gasperi, sia quello dei cattolici democratici, appostati sulla sponda della sinistra sociale, che ebbe in Giuseppe Dossetti il fondatore nel primo dopoguerra. Comunque sia, nel dibattito politico, nella visione della struttura sociale, nella tutela delle libertà individuali che non dovevano soccombere innanzi al potere statale, la posizione dei cattolici italiani non è mai venuta meno ed anzi si è sempre distinta. Almeno fino ai giorni nostri quando, improvvisamente, si è liquefatta. Solidarietà ed individualismo, sussidiarietà e libertà politica, moralità dei costumi e progresso sostenibile, senza le ansie del capitalismo esasperato, sono stati i capisaldi di una società costruita intorno all’Uomo e non intorno al primato del Leviatano statale. Nessuno ha raccolto l’eredità di questi valori, spesso divenuti bandiera della sinistra che ad essi si era sempre opposta. Se oggi il sacco della politica e’ vuoto lo si deve all’oblio anche di quei valori. Cattolico deriva dal greco e significa tutto insieme, tutto con gli altri. C’è ancora qualcuno che vuole o riesce a testimoniarlo?

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