La spada e l’alloro

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

La guerra in Ucraina dura ormai da oltre un anno. Il tempo stesso sta segnando la sconfitta dei Russi invasori, illusisi di poter spezzare le reni all’esercito di Kiev in tempi brevi. Così non è accaduto e il leader che regna al Cremlino si è visto costretto a rinunciare al sogno egemone di ristabilire i diritti territoriali e la veste di potenza mondiale della Mosca dei soviet, rinverdendo i tempi in cui era ancora, geograficamente e politicamente, presente l’Urss. Calcoli rivelatisi erronei e approssimativi da parte di Putin, sia per la ferma e coraggiosa resistenza del popolo ucraino che stoicamente ha affrontato il nemico, sia per la reazione opposta dal mondo occidentale e dalla Nato immediatamente schieratisi al fianco di Kiev. A proposito degli ucraini, bisogna ricordare il martirio da loro vissuto durante il regime staliniano, con la fame indotta dal satrapo russo il quale, facendo incetta del grano ucraino, provocò l’Holodomor, la grande carestia che tra il 1932 ed il 1933, provocò diversi milioni di morti. Ma al di là dei fatti storici pregressi che hanno fortemente indotto risentimento e odio in questo lembo di Europa dell’Est nei confronti della Russia, occorre allargare la sfera delle riflessioni su quello che questa guerra sta insegnando. Il sostegno militare, per quanto circoscritto e limitato, offerto dai paesi europei e dagli Usa, ha creato una sorta di paradigma tra la concezione della democrazia e dei diritti umani che è tipica degli Stati sovrani d’Occidente e quella che invece domina in Oriente. In effetti, allargando gli orizzonti del ragionamento, siamo allo scontro tra due diverse concezioni della cosa pubblica, della libertà e della democrazia. Da un lato troviamo governi e popoli dell’Ovest per i quali ogni arbitrio è un atto lesivo della dignità del potere. Dall’altra, quelli orientali per i quali l’arbitrio, all’opposto, considerato un diritto di chi governa: una manifestazione stessa del potere esercitato. In pratica, in Ucraina si sta rinnovando più che mai la lotta planetaria tra l’Occidente globale liberaldemocratico e l’Oriente del totalitarismo. In soldoni: l’antitesi venuta a crearsi nel dopoguerra, con il patto di Yalta che vide i principali protagonisti della vittoria sul Nazismo (America, Inghilterra e Russia sovietica), dividersi l’Europa, continua a emergere come un fiume carsico. Ancorché fosse stata decretata la fine della guerra fredda con la dissoluzione dell’Urss e la caduta del muro di Berlino, le due scuole geo politiche e militari si stanno nuovamente scontrando. Nel bel libro dei due filosofi Ernst Jünger e Carl Schmitt “Il nodo di Gordio”, scritto nei lontani anni Cinquanta, riproposto da Franco Cardini in questi giorni, emerge che Oriente e Occidente rappresentano, ciascuna, una polarità elementare, un archetipo simbolico, che contrassegna in modo costante l’intera umanità. Un’umanità che ha maturato nei secoli storie profondamente diverse, culture e mentalità difformi sfociate, poi, in una sostanziale divergenza di opinioni e di vedute sul modello di Stato e di società. Un contrasto sulle tipologie sociali e il rapporto tra persone e potere, sul valore assoluto delle libertà e dei diritti degli individui negati nei regimi totalitari e nelle satrapie monarchiche (oppure militari) di cui è pieno l’Oriente. Insomma un nodo spesso inestricabile, quello dei rapporti tra Ovest ed Est, che occupa una posizione di primo piano fra gli avvenimenti mondiali, e che fornisce il filo conduttore della Storia per come si è sviluppata nell’ultimo secolo. Un incontro, tuttavia, che si è spesso trasformato in scontro dove a rifulgere non sono state le divergenze ideali quanto il fulgore delle armi. Insomma quel che accade tra Ucraina e Russia è un nuovo e purtroppo cruento conflitto tra due civiltà: una liberale e l’altra dispotica, riprese nelle loro intime strutture di rappresentanze ed esercizio del potere costituito. E’ questo aspetto, oltre alle altre contingenze umanitarie, che autorizza le democrazie occidentali a solidarizzare con gli aggrediti per difendere la loro concezione della vita democratica e della sovranità stessa degli Stati. Certo nei paesi del blocco occidentale non tutti hanno – nel loro pregresso agire – una coerenza estrema, una linearità di posizione. Tuttavia quelle eccezioni confermano la regola. Secondo la tradizione, Alessandro Magno, innanzi al nodo con il quale Gordio aveva stretto il giogo al timone del carro consacrato a Zeus, usò la spada per reciderlo. Quindi preferì far brillare le armi per decidere il da farsi, senza curarsi d’altro. Tuttavia non sempre la forza è la soluzione migliore e dà buoni frutti. Molto meglio il serto di Alloro che sospendeva oppure risolveva le guerre in atto, conferito ai campioni di Olimpia. Meglio la ragione, insomma, ed i valori democratici dell’Occidente che la potenza militare di Putin.
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